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lunedì 30 gennaio 2012

Dalla parte del torto


 Quelle che seguono sono parole che pubblicai nel 2008 su un sito amico. Accidenti, non è cambiato nulla.... 
Dato che gli altri posti erano occupati ci siamo seduti dalla parte del torto…”   (Bertolt Brecht) 
E’ scomodo e inquietante non comprendere. Noi che dovremmo insegnare ai più giovani le cose del mondo. Noi che siamo passati attraverso foreste di speranze, rigogliose e fitte, che abbiamo navigato gli oceani delle certezze inossidabili. Noi che abbiamo voluto mutare lo stato delle cose, proprio perché incomprensibili.Oggi noi ci troviamo a dibattere sui massimi sistemi o sulle quotidiane incombenze, senza avere più la speranza, a volte senza la forza di proseguire. “Perché il mondo è questo, perché non puoi cambiarlo, perché così vanno le cose, perché chi ha il potere sta troppo in alto…” e via dicendo.
E ci si accorge di avere veramente torto sempre. Di essere seduti sulla seggiola sbagliata al pranzo di gala del mondo. Ci si accorge che il vicino di posto sorride senza motivo. Perché lui ha capito che il mondo è questo e accetta ogni portata del pranzo con la voglia di essere fra i più. Di essere maggioranza. E a chi sta seduto “dalla parte del torto” non rimane che accettare.
Un tempo lontano anni luce avrei detto che non possiamo arrenderci. Però oggi la Mafalda dei fumetti mi torna in mente: “Fermate il mondo, voglio scendere”. Lo so, eccome se lo so, il mondo non si ferma per me. Procede senza sosta. Ma la comprensione è un dovere per reggere le tensioni.
Si accavallano nella mente considerazioni lette sulla crisi economica, si intrecciano con le guerre sparse qua e là per il mondo, irrompono nel pensiero i cortei degli studenti e la polizia chiamata a fare qualche scempio di democrazia. E occhi di bimbi rom che magari rubano qualcosa a qualcuno, ma che hanno la profondità e lo splendore che solo gli occhi dei bimbi sanno avere. E ancora, Gino Strada che merita un sms per quel che fa. Perché, anche se solo una goccia nel mare, la sua è opera non solo dignitosa. E’ un sasso lanciato in un mare di palta per vedere se sotto c’è ancora acqua, o se il lordume l’ha inghiottita tutta. E’, o forse meglio, sarebbe il tempo di deporre le armi dei distinguo, fra chi sta seduto “dalla parte del torto” sempre.
Ma forse neppure questo è nelle intenzioni di troppi. E più ci penso e meno comprendo. Il PIL è roba per dotti uomini dei numeri, però non tiene conto delle persone, loro sono troppo occupati per dire di umanità e vita vera. Qualche anno fa parlavo con un signore, che lavora in banca e si occupa di investimenti, gli chiedevo di spiegarmi la borsa. Mi ha detto, papale papale, “La borsa è un mercato perfetto”. Non ho potuto che pensare a come mai, se il presidente americano viene ricoverato per emorroidi, Wall Street sussulta. Mercato perfetto? Non comprendo.
Come mi costa fatica capire le interminabili file di speranzosi giocatori d’azzardo ai botteghini del superenalotto, nella speranza di vincere 100 milioni di euro più o meno. E sapere che molti sono, per questo gioco, nelle mani degli strozzini. Perché non hanno più nulla da spendere. E perché si aggrappano alla speranza. E lo Stato biscazziere guadagna il 48% dei proventi delle giocate. Il cerchio si chiude. Lo Stato foraggia gli strozzini. Lo so che qualcuno mi spiegherà che così non è. Ma io ho torto sempre, quindi mi permetto di pensarlo. E’ etico che uno Stato si possa permettere tutto questo?  E quelle file sono un vero e proprio (si può dire senza incorrere in scomuniche?) oppio dei popoli. E qui le responsabilità sono veramente trasversali alla destra e alla sinistra, che governano, o che l’hanno fatto. Perché lo Stato tace su quei proventi, quasi si trattasse di vergognose vicende. Oggi le isole dei famosi e i grandi fratelli ottundono e annientano molte capacità di pensare e ragionare. Saviano vuole andarsene dall’Italia. Chiediamogli di rimanere. Ma perché dovrebbe, se fra un mese il silenzio ricoprirà le sue vicende? Perché le mafie sono invincibili? Perché detengono pacchetti di voti utili a molti? Non comprendo.
Su Repubblica di ieri c’era un servizio sui “cuccioli d’uomo” e sulla loro capacità di sorridere. L’inizio dell’articolo era “[…] tutto ciò di cui il piccolo ha bisogno alla nascita è un ambiente accogliente”. Ai neonati diciamo pure “benvenuto”. Non scordiamoci però che l’ambiente fuori dalle mura di casa è tutt’altro che accogliente. Forse stiamo generando degli infelici. Un cantante di cui mi sfugge il nome ha rifatto una canzone di Claudio Lolli del 76, “ ho visto anche degli zingari felici”. Erano altri tempi. Iniziava il riflusso con una grande festa di piazza. Bologna aveva accolto gli zingari “Ma ho visto anche degli zingari felici corrersi dietro, far l'amore e rotolarsi per terra.” A pensarci oggi era un vero e proprio addio alle speranze di cambiamento della società. Una generazione intera ne usciva sconfitta. Lacerata. Stanca. Qualcuno ha cambiato posto e divano, si è accomodato da altre parti. Altri hanno continuato a restare seduti sulla scomoda seggiola dalla “parte del torto”.
Scrivo queste righe in un momento in cui proseguire a tentare di dare un senso alle cose costa una incredibile fatica. Troppe informazioni arrivano da ogni parte. Troppo di tutto frana e precipita attorno. Ottimismo e pessimismo si rincorrono. Porsi il problema del che fare è impresa titanica. E lo è il sapere di non avere ricette in tasca. Non per la sinistra, che non vuole ri/nascere, non per gli incolpevoli sciagurati, in fila davanti ai botteghini del lotto a foraggiare uno Stato biscazziere con una tassa occulta. E forse neppure per il mio navigare a vista nelle agitate acque del presente che incombe. In queste ore dell’alba che arriva, sono in attesa del primo giornale radio. E mi accorgo di sapere già quel che dirà. La sostanza non è cambiata da ieri. Forse solo la forma di qualche dichiarazione.  
E’ scomoda la vita “dalla parte del torto”. Ma è possibile cambiare posizione senza più guardare quel che accade attorno?

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