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giovedì 17 novembre 2011

violini, poesie, pil e spread


New York, lui scese dalla metropolitana. Indossava jeans, camicia e un berretto. Si sedette vicino all’ingresso, aprì la custodia del suo violino ed iniziò a suonare. Proseguì imperterrito per 45 minuti nel disinteresse generale. La scena è registrata in un video: passanti passano veloci con cellulari all’orecchio, leggendo il giornale, con il bicchierino del caffè, di corsa. Non ci si ferma, il mondo va avanti, non abbiamo tempo di ascoltare  un violino, noi. Qualcuno guardava di sfuggita lo sciagurato figlio della nuova povertà senza ascoltare le note che uscivano dal suo strumento. Pochi lo guardavano dritto in faccia, nessuno sa che il Washington Post ha organizzato quella performance e la stava filmando.
Lui si chiama Joshua Bell, uno dei più grandi violinisti del mondo, reduce da un concerto alla Simphony Hall di Boston dove le prime file costavano mille dollari. Con il suo Stradivari del 1713 (stimato tre milioni di dollari circa) stava eseguendo brani di musica sacra.
Siamo abituati a considerare le cose, gli avvenimenti, i fatti, solo se contestualizzati. Bell era fuori contesto. Non è la musica che interessa, piuttosto il dove e come viene suonata. Si possono pagare 1000 dollari (chi può farlo) per sedersi in una poltrona di velluto, non ci si degna, non tanto di ascoltare a qualunque costo, neppure di porsi il problema di chi e cosa  stia suonando. Potenza della pubblicità, del mondo dello Spread e del Pil che brucia via emozioni e ci invita a incasellare le cose senza capacità di riflettere? Certo, lo so, la vita è frenetica. Svaghiamoci, dopo il lavoro però, soprattutto fuori dai sotterranei della metropolitana. Certo, la crisi economica, i conti da pagare, le bollette che scadono, la scuola materna, l’auto ferma da qualche parte, la benzina che aumenta. Come fare ad ascoltare uno sciagurato che suona seduto in terra?
Quanta distanza fra la fretta ad ogni costo e l’incapacità di vivere? Vincent vendette un solo quadro in vita, nessuno lo degnava di uno sguardo. Perché siamo arrivati a franare così fragorosamente in basso? Ricordo, erano gli anni 70, si diceva della vita frenetica: sveglia alle sette, poi lavoro, la sera a casa ad addormentarsi davanti alla TV dopo cena, il venerdi pizza e si fa l’amore, il sabato si esce con gli amici e magari ci si ubriaca, domenica le partite in TV. Forse è iniziata allora la standardizzazione della vita e delle emozioni, di pari passo con il boom economico. Al punto di non rendersi conto del mare o del sole, o di un violino che suona. Oggi senti parlare di spread come della pasta con le polpette, c’è chi racconta la fiaba del pil ai bimbi per farli addormentare.  Per fortuna però c’è ancora chi urla forte ed osa sbatterci in faccia qualcosa di inusuale nel mondo che percorre strade misteriose e veloci come la luce: “facciamo in fretta a fare il governo…” “facciamo in fretta a mangiare che si deve uscire… per andar dove?” Dormiamo anche, in fretta però. E facciamo in fretta a fare l’amore. Loro no, i ragazzi di “assalto poesia” ci dicono la bellezza del fermarsi a guardare, leggere, odorare, ascoltare silenzi e rumori.  
Via Templari, sono le nove di mattino, appese gentilmente al muro, con nastro adesivo di carta che non rovina nulla, ci sono poesie. “Fogli stampati formato A4, dice il signore al cellulare che non si ferma che per un rapidissimo sguardo. “Macchè, sono amozioni” penso io fermandomi. Una signora sta leggendole una ad una, leggo anch’io, è una sensazione bella, liberatoria, lo dico alla mia complice di letture rubate che sorride ed annuisce. Leggi, non in fretta per favore, Montale, poi una citazione ripresa da un film di Leone e resa meno truculenta: “quando l’uomo con la pistola incontra l’uomo con la biro, l’uomo con la pistola è un uomo morto. Perché la biro dà l’eternità”. Leggi Ungaretti “ Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie” oppure Benigni che ci racconta delle favole che “non insegnano ai bambini che esistono i draghi, che esistano i draghi lo sanno già da soli, le favole insegnano ai bambini che i draghi possono essere sconfitti”.

“Dal 2003 nasce, nella strada, il concetto di agire poetico che vede come fondatore Ivan (artista che nasce a Milano il 12 maggio 1981). Da quell’anno Ivan non ha mai abbandonato la dimensione pubblica del far poesie fra le vie, dopo la prima scaglia su muro, scritta sul parapetto della darsena di Milano nel Dicembre 2002 , Ivan ha continuato un lungo percorso di sperimentazione poetica che lo ha portato a scrivere versi e parole tra le strade di tutto il mondo. Dal Libano ad Haiti, da Amsterdam a Barcellona fino a Parigi, l’Avana, il Messico e molte altre città e comunità nel mondo. Un lungo verso che lo ha portato ad essere considerato, ad oggi, il riferimento principale per il neonato movimento della “Poesia di Strada” che propone e promuove nuove tecniche e contenuti spezzando il confine elitario della poesia e diffondendosi liberamente in piazza, nelle strade e tra la gente. La “Poesia D’Assalto” è il movimento che nasce a Lecce alla fine del 2010 per mano di Davide e che segue il principio della poesia libera di Ivan  portando nelle strada versi delle poesie dello stesso e versi del fondatore Leccese”
Davide, Mattia, Guido, che dire? Solo un ringraziamento perché voi ci provate, a  farci volare fuori dalle celle in cui siamo chiusi… di fretta però. Chissà mai che una risata e mille poesie seppelliscano un po’ di porcate.  


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