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domenica 13 novembre 2011

pil, spread, gratta e vinci a altre sciocchezze


Spalancare finestre al sole d’autunno, lasciar entrare aria fresca, emozioni e i soliti rumori da là sotto, sulla strada dove qualcuno suona il clacson, una moto fa un casino infernale.  Abbiamo festeggiato San Martino, come lassù in Piemonte, a sud di Lugano, non si usa fare. “Bevi questo rosso, fa 15 gradi” quindici gradi? E non è un digestivo accidenti, è un vino “nuovo, non novello” roba da intenditori. Noi poveri mortali non sappiamo. “’U spread a 500” diceva il tassista stamattina in Piazza Sant’Oronzo. L’altro annuiva silenzioso e pensoso. Erano appoggiati ad un taxi, erano due colleghi che aspettavano clienti.  Le parole che si impongono: spread, pil, tasso di sconto. “Voglio un chilo di pane, e un litro di vino, le do in cambio il bambino, che ho in più” cantava Dalla Lucio un tempo. Poi arrivarono i lupi e cantò altro. Intanto una arrembante conduttrice televisiva andava sugli schermi il pomeriggio con una maglietta con su stampato: “Dalla! non è un cantante. È un consiglio”. Roba da seconda Repubblica, roba da spread e da pil detti al bar sport, fra un commento sul gol annullato dall’arbitro “pagato”, sul culo della ragazza che passa, e San Martino con la salsiccia. Tutto normale, tutto sfila via leggero, il Pil, lo spread, il gol. La TV parla di governo, sottogoverno, dimissioni di governo, incarichi di governo. “Altrimenti ‘u spread dove andrà?” Mistero, mistero. Nel baratro, mentre governanti esteri “ridens” se la spassano parlando d’Italia. “Cazzo avete da ridere?” verrebbe da chiedere loro; pensano di star meglio? Forse lo pensano solo, appunto. E noi che credevamo di contare poco. Anche Obama di fronte alla caduta libera delle borse degli USA diceva “ah la crisi italiana…”. Almeno una volta siamo l’ombelico del mondo, tutti ci guardano.  E se invece di essere italiota (o italica), o greca, o spagnola fosse crisi e basta? E se stessero crollando i disvalori di una società malata, come quella occidentale tutta quanta? Abbiamo creato un mostro. La Cina all’arrembaggio con i suoi salari da fame conquista il mondo intero, anche il Brasile. Un antico film titolava “La Cina è vicina”. Ora è arrivata. Con buona pace di chi parla di spread come fosse il vangelo. La Cina se ne impippa dello spread italico e di quello germanico. Sole caldo del sabato mattina che aiuta a pensare. Non aiuta a scrivere, i pensieri sono scomposti e troppo liberi. Non si legano uno all’altro, arriva improvviso lo sguardo del bimbo sul mondo, il caffè preso in piedi al bancone del bar, Antonio che chiede come va, Sant’Oronzo sulla colonna che benedice  e se lo guardi bene sembra che pianga, il tabaccaio che mi dice “i più venduti? Quelli da 20 euro, una novantina al giorno ne vendo.” Parla dei gratta e vinci che occupano scaffali interi mentre arriva la signora, pensionata molto probabilmente, che ne chiede uno da dieci e uno  da cinque. Una volta un’altra signora davanti a me in coda intascò la vincita: venti euro. E la reinvestì tutta con emozione “non ne ho mai comprato uno da venti, ma li ho vinti” disse quasi a giustificare la folle spesa. Lo so che a volte sono curioso e intrigante, però la domanda è uscita da sola, senza contatto fra cervello e bocca “ma quanto ha speso per comprare il biglietto vincente?” “cinque euro” risponde fiera ed orgogliosa di cotanta vincita  “allora ne ha appena persi cinque, non ne ha vinti venti, doveva comprarne uno da quindici per andare in pari”. Mi ha guardato con occhi parlanti, dicevano “una bella padellata di affari tuoi te la vuoi fare? Rompiscatole!”…Te lo leggo negli occhi… tu lo leggi nei miei… Diceva un’ antica canzone del secolo scorso. Il venditore di felicità assisteva divertito al dibattito. Intanto mi conosce, lui sa che sono un rompiscatole.
E la nave va, (citazioni citazioni citazioni). Ma dove diavolo va la nave che va? “In Cina, in Cina, nel paese dei mandarini e della civiltà antica, millenaria. Nel paese che si dice comunista e che gestisce il capitalismo vincente” Ah gli ossimori della storia e della filosofia. Ah l’economicismo vincente e imperante. Qualcuno lo disse, io sottoscrivo “sulla mia lapide scriverete: ha vissuto una vita senza capire cosa stesse succedendo attorno a lui”. È l’unico epitaffio che mi si confà. Tutti a votare per la democrazia, ognuno per la sua, però. Tutti in Chiesa a pregare Dio, ognuno il suo, però. Quello che consente la guerra, quello che impone la pace, quell’altro, quello che si volta dall’altra parte quando guardi lascivo il culo della signora davanti a te, poi quello del pil e dello spread. Quello su cui giuravano i mafiosi nel covo di Riina Totò. Un Olimpo insomma, ogni Dio ha un suo scopo ed un compito da assolvere. E la democrazia, ah quanto costa. C’è quella di chi vuole tutti i politici in galera, quella che ne vuole solo una parte, quell’altra che “Meno male che c’è Napolitano”, quella che “Silvio è stato tradito”, quella che “Bersani non ha polso”, quella del Pil e dello spread. Quella del “dobbiamo fare tutti quanti sacrifici, anche noi che prendiamo una pensione di 10.000 euro”. C’è la democrazia che toglie i treni da Lecce perché costano troppo, quella che costruisce il filobus a Lecce perché costa poco, ma non lo fa partire. C’è la democrazia delle torri costiere che cadono a pezzi come Pompei, e quella del ponte sullo stretto e dei torrenti che allagano città. Quante democrazie…
Chissà se la signora ha poi vinto con quel gratta e vinci, rimarrà per me un mistero insondabile. Ieri era una data che faceva 11/11/11. Palindromo, dovremo aspettare un anno e dieci giorni per leggere  21/11/12 altro palindromo. Poi basta per un po’ di tempo. Ma non importa, non sono superstizioso e non credo ai palindromi e agli oroscopi. Mentre scrivevo un uomo con i capelli finti è andato al Quirinale a dire “vabbè, mi dimetto”.  Quanti comici e produttori di satira si sentiranno disoccupati? Non sarà facile trovare un guitto che sostituisca quello uscente.
Ero partito spalancando una finestra sul sole d’autunno e guarda dove sono arrivato, accidenti. Ma perché mai l’avrò aperta? Boh, ora la richiudo, c’è tramontana e fa freddo. 

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