Così è passata anche la serata del 14 novembre al Koreja.
Salvemini in forma smagliante, un centinaio di persone ad ascoltare e
intervenire. Potrebbe essere una vera e propria forza d’urto composta da molti
senza partito, senza tessera, ma con la voglia di partecipare (o riprendere la
partecipazione). Non tutti ovviamente, c’era SEL, per esempio, l’unico partito
organizzato, allo stato delle cose, a sostenere Salvemini. C’erano però le
persone che a Milano hanno portato Pisapia a vincere primarie e secondarie. La
voglia di esserci era evidente, nessun partito organizzato, in questa fase di
smarrimento della politica, ha la credibilità per organizzare una riunione
simile con una partecipazione spontanea così alta. Già le voci si rincorrono,
qualcuno liquida quelle persone come “sinistra radicale” tout court, altri
parlano di radical chic. In verità ho visto persone, qualcuna, è vero, vestita
di nero, senza passamontagna tuttavia.
Il problema ora è comprendere come utilizzare questa forza.
Di questo si parlava, in fondo, della necessità di far uscire fuori dal Koreja
e dalle Cantelmo il messaggio, del come proporsi a chi dovrà votare per far passare
a Carlo il primo scoglio, quello delle primarie.
Come diceva Salvemini stesso, ci si trova di fronte alla
scelta fra un candidato senza tessera, senza apparato, aiutato dal solo
volontariato, e la Capone, vice presidente della Regione, appoggiata dagli
apparati del PD con strutture armate (si legge “attrezzate”) per affrontare
confronti elettorali. Siamo in una prima fase, tuttavia mancano solo due mesi alla
consultazione, per cui esiste la concreta necessità di capire le reali
differenze programmatiche fra i candidati. Per quanto ho saputo le cosiddette
bizzarre “primarie delle idee” sono nel pantano perché le riunioni sono state
stoppate dagli stessi che le vogliono ad ogni costo. Si tratta, è vero, di
cespuglietti, però la melina imposta prima dal PD che ha temporeggiato mesi
interi senza saper bene dove andare, ora da partiti minori che probabilmente
non sanno bene cosa proporre e cosa hanno imposto come centro di discussione, è
inquietante veramente.
Quindi ci si dovrebbe concentrare su una candidatura e
portare avanti proposte. Se il cso di farlo agire a testa bassa, lasciando
perdere il bon ton ad ogni costo e parlare linguaggi chiari. Intanto capire le
vere differenze di programma fra i due candidati che saranno probabilmente i
soli, comunque non verranno certo disturbati da terzi incomodi. In secondo
luogo fare chiarezza sulle alleanze. In ultimo passare dal privato delle
riunioni, sia pur allargate, alle strade e ai quartieri. Esiste una fede molto
forte nella rete, ci sono tuttavia intere fasce di persone che la rete non la
conoscono proprio, le elezioni sono fatte con schede di carta e matite
copiative, non sono solo il clic su un’icona. La rete è uno strumento essenziale
oggi, non è tuttavia il solo per riuscire a vincere. Puntarci troppo potrebbe
significare, appunto, essere “chic”. Penso
ai moltissimi che hanno necessità di conoscere e guardare dritti in faccia i
concorrenti alle primarie per poterli poi riconoscere alle secondarie.
La battaglia contro un apparato può essere vinta,
insegnamenti che arrivano da altre città lo dimostrano, occorre però costruire
la vittoria sul campo, se l’apparato conta su dieci voti, la guerra si vince sparigliando
le carte e portando 20 persone a votare. Questa è una parte, non secondaria,
della scommessa da fare per riuscire ad avere esiti virtuosi e senza ricadere
nei giochi di veti incrociati e nell’olezzo di antiche spartizioni.
Parole chiare sulle vicende filobus, Via Brenta,
parole chiarissime sulle alleanze. Si sgombri infine il campo. Qualcuno ammicca
alla Regione Salento? Si faccia avanti, non sarà appoggiato da chi vede in quel
movimento una neo lega nord separatista e populista. Altri ammiccano all’UDC?
Dica l’UDC se sta con il centro destra o centro sinistra, se impone diktat ed è
perfettamente interscambiabile fra le coalizioni, qualcosa non funziona, perché
due contendenti alle secondarie dovranno necessariamente avere programmi
alternativi, altrimenti a che servirebbe votare? Altrimenti presenti un proprio
candidato e veda di nascosto l’effetto che fa. Senza aspettarsi tappeti rossi
al ballottaggio però, in quella fase i programmi son ostati scelti dagli
elettori e le carte in tavolo non si cambiano più. Penso che una delle
caratteristiche che hanno consentito la vittoria di Milano e a Napoli di
candidati visti come onesti e puliti sia stata proprio la chiarezza, contro la
nebulosità dei giochi sotto banco. Gli elettori non sono poi così sprovveduti
da credere ancora che arriveranno i bolscevichi ad occupare Piazza Sant’Oronzo
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