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domenica 10 gennaio 2016

Di Fondo Verri, pasta al forno e arrosto

Via Santa Maria del Paradiso 8/a Lecce fondoverri@tiscali.it tel 0832304522

Strana la vita a volte. Successe, erano i primi anni '80, soldi in tasca neppure molti, l'auto era una 126, lei era bella, "andiamo verso Genova?" l'abbiamo fatto, senza prendere autostrade però. Da Alessandria a Genova siamo andati verso il passo dei Giovi. Strada semimontana, tornanti e curve, il paesaggio è incredibile, si costeggiano torrenti, e si vede una quasi montagna, rocce, luoghi di funghi porcini e di Partigiani nei tempi passati. Però ci si impiega molto tempo a percorrerla, a Genova non arrivammo, erano le 13 circa, l'insegna un pò vecchia diceva: Bar Ristorante. 
Avevamo fame, il luogo sembrava una trattoria, entrammo, un bar un pò buio, quattro anziani parlavano ad alta voce bevendo vino rosso in caraffa. Di tavoli da ristorante neppure l'ombra. "Forse abbiamo sbagliato" ci dicevamo mentre la corpulente signora si avvicinava con un sorriso aperto e, ammetto, stupito. 

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Mauro Marino
"Cercavamo una trattoria, però forse non è qui". "Ma no, se volete mangiare qualcosa c'è, seguitemi". Ci accompagnò al piano superiore, prese di tasca delle chiavi e ci aprì la porta, era praticamente una sala da pranzo vecchio stile, molto anni '60, ci assegnò uno dei tre tavoli (eravamo soli) dicendo "oggi il menu prevede pasta al forno e arrosto" . Il Menu, scoprimmo poi, era quello di casa loro. alternative zero. Ci portò vino in caraffa: "questo è nostro" , acqua ed uscì non senza dire "che buon profumo la signora". La qualità delle uniche portate era eccezionale, come eccezionale era il clima, non succede spesso di avere una sala da pranzo tutta per noi. Situazione surreale ma piacevolissima. Per inciso il conto fu esageratamente basso. 

Cosa c'entra quella trattoria surreale con il Fondo Verri? Apparentemente nulla, però... però... 

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Piero Rapanà
Quando ci entrai la prima volta già conoscevo Mauro Marino, confesso che guardai stupito: una sala, tutto sommato, piccola, pareti nere che ben si prestano per alcune operazioni culturali ma che possono incutere reverenziale timore, libri accatastati, qualche quadro alle pareti. Però quando si sale al "piano superiore" , anche se non esiste, si scopre un mondo immenso. Cultura (scritto maiuscolo), arte, musica, letture, progetti, editoria, teatro. Due vulcani quei "ragazzi"  attenti agli accadimenti, al quotidiano,  hanno fatto    diventare quel luogo un centro vitale in una Lecce che appare culturalmente asfittica. Osano osare! Non è piaggeria, è banale riconoscimento di un lavoro costante e spesso non riconosciuto.  Ci si sente a proprio agio là dentro, quasi  a casa propria, quasi come in una trattoria senza altri clienti. 

Entrano amici, quattro parole e via durante il giorno, luogo di passaggio, di silenzi e di pensieri... E serate dense e intense, animate. Di musica, libri, teatro. 
Pasta al forno e arrosto... Verri e cultura... Pensieri che scorrono, ricordi che fanno volare, saudade, in fondo.
E lui, Antonio Verri che aleggia e che (ora) proprio lì è a casa con i suoi versi.:

"Cominciate, poeti, a spedire fogli di poesia
ai politici, gabellieri d'allegria,
a chi ha perso l'aria di studente spaesato
a chi ha svenduto lo stupore di un tempo
le ribalte del non previsto,
ai sindacalisti, ai capitani d'industria
ai capitani di qualcosa,
usate la loro stessa lingua
non pensate, promettete
..."disarmateli" se potete!

(al diavolo le eccedenze, poeti
le care eccedenze, le assenze anche,
i passeri di tristezza, i rapimenti
i pendoli fermi, i voli mozzi, i sigilli
le care figure accostate al silenzio
gli addentellati, i germogli, gli abbagli ...
al diavolo, al diavolo ...)

Disprezzate i nuovi eroi, poeti
cacciateli nelle secche del mio gazebo oblungo
(ricco di umori malandrini, così ben fatto!)
fatevi anche voi un gazebo oblungo
chiudeteci le loro parole di merda
i loro umori, i loro figli, il denaro
il broncio delle loro donne, le loro albe livide.

Spedite fogli di poesia, poeti
dateli in cambio di poche lire
insultate il damerino, l'accademico borioso
la distinzione delle sue idee
la sua lunga morte,
fatevi poi dare un teatro, un qualcosa
raccontateci le cose più idiote
svestitevi, ubriacatevi, pisciate all'angolo del locale
combinate poi anche voi un manifesto
cannibale nell'oscurità
riparlate di morte, dite delle baracche
schiacciate dal cielo torvo, delle parole di Picabia
delle rose del Sud, della Lucerna di Jacca
della marza per l'innesto
della tramontana greca che viene dalla Russia
del gallipolino piovoso (angolo di Sternatia)
dell’osteria di De Candia (consacratela a qualcosa!).

Osteggiate i Capitoli Metropolitani, poeti
i vizi del culto, le dame in veletta, "i venditori di tappeti"
i direttori che si stupiscono, i direttori di qualcosa,
i burocrati, i falsi meridionalisti
(e un po' anche i veri) i surrogati
le menzogne vendute in codici, l'urgenza dei giorni sfatti,
non alzatevi in piedi per nessuno, poeti
...se mai adorate la madre e il miglio stompato
le rabbie solitarie, le pratiche di rivolta, il pane.
Ecco. Fate solo quel che v'incanta!
Fate fogli di poesia, poeti
vendeteli e poi ricominciate.

Fatevi disprezzare, dissentite quanto potete
fatevi un gazebo oblungo, amate
gli sciocchi artisti beoni, i buffoni
le loro rivolte senza senso
le tenerezze di morte, i cieli di prugna
le assolutezze, i desideri da violare, le risorse del corpo
i misteri di donna Catena.
Fate fogli di poesia, poeti
vendeteli per poche lire!"
 

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