Silenzio, parla Renzi. Giovane, giacca sbottonata, mano sinistra rigorosamente in tasca come al bar sport, sorrisino ironico, parla
un’ora e mezza esordendo con il dire «Cari senatori, sono qui a chiedervi la fiducia per mandarvi tutti a casa», più o meno come dire che li ritiene inutili al punto da essere lì per puro dovere. Proprio come un tempo si andava a dare la maturità con i jeans per significare ai professori che si era superiori alla loro figura istituzionale. Ogni tanto un rimbalzo con i cinque stellati, una battutina a Calderoli che non potevamo ascoltare da casa e via a dire le cose che farà: riparerà tutte le scuole del regno, taglierà il cuneo fiscale di due cifre (del 96%?), pagherà tutti (tutti!!!!) i debiti della Pubblica Amministrazione, discuterà di cittadinanza e di diritti civili. Per questi ultimi però occorre mediare con Alfano, non ha fatto il nome però l’ha fatto intendere. Poi le riforme in blocco: elettorale, costituzionale e istituzionale. Opperbacco, però non una parola su dove diamine troverà i quattrini per pagare i debiti e abbattere il cuneo fiscale. O Letta era un emerito incapace a tutto, oppure qualcosa non torna. Più che un programma di governo è sembrato un comizietto nella piazza davanti al Bar Sport, appunto, più che un atteggiamento da statista è sembrato quello di un sindaco di provincia. Il Sindaco d’Italia ha iniziato a lavorare. Peccato però non tenga conto di alcune variabili, il Senato non è il comune di Roccacannuccia e lui i conti deve farli con l’Europa, non il Dopolavoro ferroviario. Come prevedibile, non ha convinto. E se riuscirà a fare il 10% delle cose enunciate potrà avere un futuro. Magari lo voterò un giorno.
ph: www.corriere.it |
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