Oryza sativa, il riso, è originario di una regione estesa
fra l’India e la Cina. Nell’Olocene cresceva una specie selvatica. Gradualmente
gli uomini passarono dalla raccolta dei semi alla coltivazione. E’ comprovato
da ricerche e studi che già 15000 anni fa il riso selvatico costituiva un
importante alimento soprattutto in Vietnam, Cina, Corea e Thailandia. Le prime
tracce di riso coltivato in Cina risalgono a 5000 anni fa.
Fu Alessandro Magno a far conoscere il riso in Europa ed in
Italia. Nel mondo romano non veniva considerato alimento, piuttosto prodotto
medico che , decotto, veniva somministrato ai clienti particolarmente ricchi.
La coltivazione si estese in Egitto, da lì alla Spagna, quindi in Italia e ne
resto d’Europa. In particolare nella pianura Padana, ricca di umidità ed acqua,
in altre zone come Emilia, Toscana, Sicilia e Sardegna la produzione è
decisamente minore. Oggi, nel solo vercellese, sono altre 3.000 gli ettari
occupati nella produzione del riso.
L’Italia produce oltre 40 milioni di quintali di riso ed è
il primo produttore europeo.
Nonostante
questo dato siamo i consumatori meno costanti: . L’Italia è tra oi paesi europei con il consumo medio
pro-capite più basso: 5,6 chili contro i 14,6 del Portogallo, i 6,3 della
Spagna, i 5,7 dell’Austria. E nel 2009 i consumi interni di riso sono
ulteriormente diminuiti di un -2,7%. La pasta è decisamente la regina della
tavola italiana, vuoi per la facilità di cottura, vuoi per la sua duttilità. In
particolare in meridione si consuma decisamente meno riso che a nord, cosa che
per la pasta non succede in quanto il consumo è assolutamente omogeneo nella
penisola.
Sulle tipologie si parla di oltre tremila varietà, qualcuno si spinge a contarne oltre 120.000, in Italia
se ne coltivano circa 150. Interessantissimo e molto italiano è la tipologia “acquerello”
un carnaroli che viene trattato e conservato in modo da trattenere tutte le
proprietà del riso integrale con l’agilità di cottura del riso bianco.
Nel mondo il riso costituisce l’alimento principale per
oltre tre miliardi di persone.
Per sintetizzare, le specie di riso più diffuse da noi sono
le seguenti:
Classificazione del riso
La normativa europea
classifica il riso in tre gruppi sulla base della lunghezza del chicco e del
rapporto tra lunghezza e larghezza:
a chicco tondo (riso comune)
a chicco medio (riso semifino e fino)
a chicco lungo (riso superfino) di tipo A e di tipo B.
In etichetta deve essere riportata la varietà del riso. Una buona conoscenza
delle caratteristiche qualitative delle diverse varietà consente al consumatore
e al cuoco di un ristorante una scelta ai fini di un impiego ottimale in
cucina. Le più diffuse varietà sono le seguenti:
Originario, riso a chicco tondo, in grado di assorbire
molta acqua in cottura, è indicato per minestre, dolci, arancini, crocchette,
ecc.;
Padano, riso a chicco medio, colloso, indicato per
minestre e timballi;
Vialone nano, riso a chicco medio pregiato, diffuso nelle
province di Verona e Mantova, indicato per la preparazione di risotti;
Sant'Andrea, riso a chicco medio, adatto o numerose
preparazioni;
Ribe, riso a chicco medio, caratterizzato da una
buona consistenza dei chicchi indicato per ripieni, insalata di riso, contorni;
Roma, riso o chicco lungo di tipo A, dai chicchi
ricchi di amilosio, ottimo per risotti, risi gratinati;
Baldo, riso a chicco lungo di tipo A, dai chicchi
lunghi e grossi, dalla struttura compatto, adatto allo preparazione di risotti,
timballi, insalate di riso;
Arborio, riso a chicco lungo di tipo 4, dai chicchi
molto grandi e ricchi d'amido, permette uno buona mantecatura e si presta
pertanto alla preparazione di risotti;
Carnaroli, riso a chicco lungo di tipo A di ottima
qualità, ricchissimo di amilosio e molto consistente, tiene ottimamente la
cottura ed è ideale per i risotti più raffinati;
Thaibonnet, riso a chicco lungo di tipo B, dai chicchi
molto lunghi e grandi.
Per quanto riguarda le varietà esotiche, le più diffuse in Italia sono tre:
Basmati, originario dell'India e del Pakistan, ha un
chicco lungo e affusolato, profumo di sandalo e sapore delicato. Predilige la
cottura a vapore ed è ideale come contorno a secondi di carne e pesce;
Venere, originario della Cina, è famoso per il colore
nero. Ricco di fibre e minerali (fosforo, calcio, ferro, zinco, selenio),
cuocendo emana un aroma di sandalo e di pane. Ideale come contorno di carne e
pesce;
Patna, originario della Thailandia, è il riso
orientale per eccellenza, soprattutto nella versione parboiled, che dopo la
cottura assume un aspetto soffice e ben sgranato. è ideale per la cottura in
forno, le insalate, ripieni e sformati.
La legge prevede che varietà diverse non possono essere miscelate. L'impiego
del riso in cucina dipende soprattutto dalla durezza del chicco. Il chicco si
presenta lucido e quasi vitreo, con una macchietta bianca. Più grande è la
macchia, più tenero è il riso e adatto per minestre e
risotti. Più piccola è la macchia, più duro è il riso e più adotto per insalate
e piatti al forno.
Altro discorso merita il riso parlboiled, ultimamente,
ahinoi, molto diffuso. Di facile cottura, mantiene la consistenza nonostante lo
si dimentichi sul fuoco. Si ottiene con un procedimento di messa in sottovuoto
dei chicchi, quindi della loro immersione in acqua tiepida, infine in una
precottura a vapore. Mantiene le qualità nutritive ma assume, a parer mio, una
consistenza innaturale, per dirla in italiano, mi sembra di mangiare del
polistirolo.
Integrale o bianco? Solitamente utilizziamo il riso
bianco, di cottura più facile, occorre tuttavia tenere presente che durante il processo di lavorazione il riso perde quasi tutte le
vitamine e con la sbiancatura "diminuisce" il suo apporto
proteico mentre rimane intatto il contenuto di sali minerali. Sarebbe
meglio consumare il riso integrale, "non brillato" (cioè non
sbiancato), poiché mantiene maggiormente intatte le sue proprietà nutrizionali
ed il suo contenuto di fibra. Le proprietà nutritive variano di poco tra una
qualità e l'altra di riso, mentre variano moltissimo il sapore e i tempi di
cottura.
E non si può parlare
di riso senza dire del lavoro nei campi delle mondine. Le mondariso facevano un
lavoro infame, faticosissimo, sempre con i piedi nell'acqua e con la schiena
curva per mondare il riso dalle erbacce infestanti, pagato la metà circa del
lavoro degli uomini, tuttavia moltissime donne erano costrette, in Emilia,
Veneto, Piemonte, Liguria, Toscana, a fare le stagioni. L’abbigliamento base era
costituito da: calze in filanca, cappello a larga tesa, fazzoletto sul viso per
ripararsi dalle zanzare e da altri fastidiosi insetti.
Queste situazioni
hanno fatto si che le mondine si rendessero protagoniste di lotte epocali già
dai primi anni del ‘900, famosissima è la lotta per le otto ore lavorative “se
otto ore vi sembran poche, provate voi a lavorar...”
Lo sciopero delle mondine 17 maggio 1944
Dalla
metà del maggio, nelle risaie locali, iniziano agitazioni che giungono a
numerosi scioperi.
In aprile erano già stati costituiti i primi comitati di squadra
e di gruppo delle mondine a Medicina, Molinella, Baricella, Malalbergo, San
Pietro in Casale e Galliera. Intanto venivano stampati migliaia di manifestini
che erano distribuiti nelle risaie della provincia; essi incitavano le mondine
alla lotta per l’affermazione dei loro diritti contro gli schiavisti agrari
protetti dai nazifascisti.
« Mondariso della pianura
Bolognese! Esigete dai padroni profittatori l’immediata soddisfazione delle
vostre assolute esigenze: Due coperture per bicicletta. Aumento dei salari fino
a L. 6 d’ora più L. 10 di indennità di presenza. Corresponsione di Kg. 4 di
riso per ogni giornata di lavoro. Colazione al mattino e minestra a mezzogiorno
a carico dei padroni. Se non otterrete soddisfazione Scioperate. Il Comitato
delle Mondariso».
La
scintilla scocca a Medicina. Il lunedì 15 maggio iniziano lo sciopero
cinquecento mondine, che si astengono dal lavoro anche nei giorni successivi.
Nei giorni 19 e 20 maggio, il numero delle scioperanti diventa milleduecento
coinvolgendo le piane di risaia da mondare. I proprietari di risaie, sotto la
pressione, contrattano e concordano nuove condizioni.
Le
conquiste realizzate dalle mondine medicinesi non sono quelle rivendicate ma,
nel loro complesso, ottengono: duecentocinquanta grammi di pane in più della
normale razione, due chilogrammi di riso in natura per giornata di lavoro, una
minestra a mezzogiorno, quaranta grammi giornalieri di marmellata, la
distribuzione di circa seicento coperture per bicicletta e impegno per nuove
distribuzioni di coperture nonché un taglio di vestito.
Il 19 maggio
i braccianti del comune di Ravenna e di Conselice iniziano un’agitazione per
avere nuovi salari per la falciatura dei fieni. Di fronte alla minaccia dei
lavoratori di scendere in sciopero qualora non siano accolte le richieste, gli
agrari cedono.
A Ravenna
accettano di corrispondere duecento lire giornaliere per la falciatura e
centocinquanta lire per il pagliaio. A Conselice i braccianti strappano
quindici lire orarie per i lavori ordinari e trenta lire all’ora per la
falciatura, nonché centocinquanta lire giornaliere per il pagliaio. Gli agrari
si oppongono invece alle richieste delle braccianti ravennati di avere quindici
lire orarie.
Le
lavoratrici, allora, iniziano immediatamente uno sciopero che si protrae per
tre giorni, il 19 ed anche il 20 e il 22, finché non ottengono quanto
richiesto. Visti i successi raggiunti, il comitato segreto d’agitazione dei
braccianti, in accordo con il comitato di liberazione nazionale, lancia un
apposito volantino per la effettuazione di scioperi onde ottenere « la concessione
di gomme per biciclette e per l’aumento delle razioni di grassi e di carne ».
Lo
sciopero si effettua con una buona partecipazione nei giorni dal 23 al 25
compresi. A Mezzano di Ravenna i braccianti vi partecipano in massa il 24.
Nello stesso giorno a Santerno di Ravenna, un gruppo di fabbri e di meccanici
si astiene dal lavoro. Il 25 maggio nelle frazioni di Ravenna, San Pietro in
Vincoli, Santo Stefano, Mezzano, Carraie, Sant’Alberto e Savarna, tutti i
braccianti non intraprendono il lavoro.
La forte
agitazione, tuttavia, non consegue tutti i risultati possibili perché — afferma
una relazione critica — non è continuata oltre i tre giorni fino a piegare « i
padroni, i dirigenti delle cooperative, i nazi-fascisti … se volevano che il
fieno si salvasse ».
Come la
stampa clandestina diede la notizia dello sciopero.
Fronte operaio
LO
SCIOPERO DELLE MONDINE
Le
mondine della Bassa Bolognese si sono messe in isciopero. Le lavoratricidi
Molinella, di Medicina, della Selva, di Malalbergo, di Altedo hanno abbandonato
i campi per nove giorni e non sono valsi i soprusi, le violenze, gli arresti a
farle recedere dalla lotta, che è continuata serrata, decisa, con una
compattezza ammirevole, fino alla vittoria assoluta.Le mondine hanno vinto!
Non ci
sono state transazioni e nonostante che gli agrari fascisti, ancora per
un’ultima volta, siano ricorsi ai vecchi arnesi costituenti le forze che hanno
sempre espresso il terrorismo che brutalmente ha imperversato in questi lunghi
anni di oppressione, nonostante si sia ricorso ancora alla violenza, ai
tentativi di ricatto, a minaccie di soppressione, lo sciopero è continuato e ha
rivelato una espressione così alta di solidarietà di classe, quale da molti
anni non ci era dato più di vedere.
Perché,
quando le mondine di Medicina avendo avute riconosciute dagli agrari tutte le
rivendicazioni per le quali erano scese in isciopero, ritornando nei campi,
venivano a sapere che una quindicina delle loro compagne di Molinella erano
state arrestate durante l’agitazione, abbandonavano nuovamente compatte il
lavoro, dichiarando che non lo avrebbero ripreso se non quando le loro compagne
fossero state rilasciate. E le donne di Molinella vennero rimesse in libertà,
se si volle che le valorose mondine di Medicina riprendessero il lavoro.
E vanno
ricordate anche le brave lavoratrici del ferrarese che, chiamate e trascinate
dagli agrari e dagli squadristi di quella zona — che sono tra le più canaglie e
i peggiori delinquenti che il fascismo agrario abbia potuto esprimere — per
sostituire nel lavoro le masse scioperanti, decisamente vi si rifiutarono, e
ritornarono ai loro paesi attraversando Molinella cantando e manifestando tutta
la loro solidarietà colle compagne in lotta.
Lo
sciopero, deciso dalle mondine e sostenuto da un Comitato di unità sindacale, è
stato organizzato e si è svolto, trascurando i sindacati fascisti, che le
lavoratrici della Bassa hanno voluto completamente ignorare, in quanto le
esperienze di questi lunghi anni avevano loro dimostrato come tali organismi
fascisti abbiano sempre servito gli agrari, opponendosi od ostacolando
sistematicamente qualsiasi umana ed economica rivendicazione dai lavoratori
affacciate. E gli agrari della zona, hanno dovuto subire la volontà delle masse
scioperanti, sanzionando, con la loro accettazione, l’esclusione dei Sindacati
fascisti da tutte le trattazioni svoltesi.
Vittoria,
questa, morale e politica, della cui importanza debbono trarre insegnamento
tutte le altre categorie di lavoratori, che tanta fermezza, talvolta, non hanno
saputo dimostrare. L’agitazione ha viste schierate, colla stessa risolutezza
nella lotta, le vecchie mondine le cui carni logorate dal sole e dal fango
delle marcite, segnano, marcate sulle dure facce, le rughe profonde, quali
distintivi di vecchie battaglie combattute, e le giovani che, dalle tradizioni
gloriose delle anziane, hanno saputo trarre insegnamento per conquistarsi,
colla prova coraggiosamente vinta, il merito e l’orgoglio d’essere le degne
continuatoci di quelle masse lavoratrici per cui la Bassa Bolognese è sempre
risultata essere stata l’avanguardia di tutto il proletariato rurale, nelle
battaglie civili per il riscatto della classe contadina dal servaggio degli
agrari.
E colla
stessa sensibilità politica che queste donne hanno saputo dimostrare nell’imporre
e nel condurre lo sciopero, strappata la vittoria, sono ritornate al lavoro,
conscie della importanza che nel quadro della più grande battaglia, che tutto
il popolo italiano combatte contro i residui del fascismo e contro i tedeschi,
ha la conservazione della produzione agricola per la resistenza e per la più
grande vittoria. Così che il ritorno al lavoro per le mondine rappresenta
la partecipazione diretta alla guerra per la liberazione di tutto il
proletariato italiano.
Quest’oggi
si richiede da loro che i prodotti della terra, che esse lavorano con tanta
fatica, siano preservati per il popolo e per tutti i combattenti della
liberazione. Domani, invece, queste veterane e queste giovani lavoratrici,
orgoglio e vanto di una generazione di classe che si voleva spenta, ma che è
più viva che mai, ove gli avvenimenti lo richiedano — e così sarà certamente —
ridiscenderanno incolonnate e decise per battersi ancora, fianco a fianco, con
tutti i nostri combattenti, fino alla definitiva liberazione, fino al trionfo
di tutto i proletariato, contro le forze della reazione schiavista e del
militarismo hitleriano.
La
pseudo autorità provinciale fascista ha disposto che il grano del prossimo
raccolto in ragione di due quintali per persona, venga distribuito a tutte le
categorie della popolazione. L’agitazione a questo proposito iniziata dal
Partito Socialista di Unità Proletaria con un manifesto al popolo bolognese e
sorretta dalla pubblica opinione ha conseguito una piena vittoria.
Esempio
fulgido degli effetti sicuri che la solidarietà raggiunge contro qualsiasi
opposizione, monito a chi si ostina a respingere la volontà popolare, garanzia
per la lotta di domani contro l’oppressione tedesca e fascista.
CRONACA DELLE MONDINE
A
Medicina le mondine, in numero circa 1200, hanno scioperato per una settimana
intera imponendo una serie di importanti rivendicazioni fra cui: la
distribuzione di 600 coperture per biciclette, la colazione al mattino con 250
gr. di pane e 40 di marmellata, la minestra a mezzogiorno, la costruzione di
rifugi antischegge e impianto di sirene sui luoghi di lavoro. Le mondine
medicinesi continuano compatte e decise la loro lotta. Brave le mondine
medicinesi! continuino con volontà la lotta, avranno soddisfazione.
A
Molinella le mondine hanno imposto ai padroni la distribuzione di un piatto di
minestra a mezzogiorno e 250 gr. di pane a spese dei padroni. Successivamente
hanno scioperato per un giorno intero imponendo ai padroni il pagamento perduto
per l’allarme. Bene mondine molinellesi! come siete riuscite a strappare
dalle mani sporche dei padroni il pagamento delle ore d’allarme, così
riuscirete ad imporre tutte le vostre giuste richieste. Siate unite in un sol
blocco per la rivendicazione dei vostri diritti.
Alcuni canti delle mondine: Se non ci conoscete http://vimeo.com/33711102
Saluteremo il signor padrone
https://www.youtube.com/watch?v=QDF2ZL6lpYg
Se otto ore vi sembran poche: https://www.youtube.com/watch?v=eB4lhem-biU
Se otto ore vi sembran poche: https://www.youtube.com/watch?v=eB4lhem-biU
Fonti:
Nei prossimi giorni cercheremo qualche ricetta per risotti.
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