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sabato 9 novembre 2013

Sul riso

Oryza sativa, il riso, è originario di una regione estesa fra l’India e la Cina. Nell’Olocene cresceva una specie selvatica. Gradualmente gli uomini passarono dalla raccolta dei semi alla coltivazione. E’ comprovato da ricerche e studi che già 15000 anni fa il riso selvatico costituiva un importante alimento soprattutto in Vietnam, Cina, Corea e Thailandia. Le prime tracce di riso coltivato in Cina risalgono a 5000 anni fa.
Fu Alessandro Magno a far conoscere il riso in Europa ed in Italia. Nel mondo romano non veniva considerato alimento, piuttosto prodotto medico che , decotto, veniva somministrato ai clienti particolarmente ricchi. La coltivazione si estese in Egitto, da lì alla Spagna, quindi in Italia e ne resto d’Europa. In particolare nella pianura Padana, ricca di umidità ed acqua, in altre zone come Emilia, Toscana, Sicilia e Sardegna la produzione è decisamente minore. Oggi, nel solo vercellese, sono altre 3.000 gli ettari occupati nella produzione del riso.
L’Italia produce oltre 40 milioni di quintali di riso ed è il primo produttore europeo.
Nonostante questo dato siamo i consumatori meno costanti: . L’Italia è tra oi paesi europei con il consumo medio pro-capite più basso: 5,6 chili contro i 14,6 del Portogallo, i 6,3 della Spagna, i 5,7 dell’Austria. E nel 2009 i consumi interni di riso sono ulteriormente diminuiti di un -2,7%. La pasta è decisamente la regina della tavola italiana, vuoi per la facilità di cottura, vuoi per la sua duttilità. In particolare in meridione si consuma decisamente meno riso che a nord, cosa che per la pasta non succede in quanto il consumo è assolutamente omogeneo nella penisola.
Sulle tipologie si parla di oltre tremila varietà, qualcuno si spinge a contarne oltre 120.000, in Italia se ne coltivano circa 150.   Interessantissimo e molto italiano è la tipologia “acquerello” un carnaroli che viene trattato e conservato in modo da trattenere tutte le proprietà del riso integrale con l’agilità di cottura del riso bianco.
Nel mondo il riso costituisce l’alimento principale per oltre tre miliardi di persone.

Per sintetizzare, le specie di riso più diffuse da noi sono le seguenti:

Classificazione del riso

La normativa europea classifica il riso in tre gruppi sulla base della lunghezza del chicco e del rapporto tra lunghezza e larghezza:
a chicco tondo (riso comune)
a chicco medio (riso semifino e fino)
a chicco lungo (riso superfino) di tipo A e di tipo B.

In etichetta deve essere riportata la varietà del riso. Una buona conoscenza delle caratteristiche qualitative delle diverse varietà consente al consumatore e al cuoco di un ristorante una scelta ai fini di un impiego ottimale in cucina. Le più diffuse varietà sono le seguenti:


Originario, riso a chicco tondo, in grado di assorbire molta acqua in cottura, è indicato per minestre, dolci, arancini, crocchette, ecc.;

Padano, riso a chicco medio, colloso, indicato per minestre e timballi;

Vialone nano, riso a chicco medio pregiato, diffuso nelle province di Verona e Mantova, indicato per la preparazione di risotti;

Sant'Andrea, riso a chicco medio, adatto o numerose preparazioni;

Ribe, riso a chicco medio, caratterizzato da una buona consistenza dei chicchi indicato per ripieni, insalata di riso, contorni;

Roma, riso o chicco lungo di tipo A, dai chicchi ricchi di amilosio, ottimo per risotti, risi gratinati;

Baldo, riso a chicco lungo di tipo A, dai chicchi lunghi e grossi, dalla struttura compatto, adatto allo preparazione di risotti, timballi, insalate di riso;

Arborio, riso a chicco lungo di tipo 4, dai chicchi molto grandi e ricchi d'amido, permette uno buona mantecatura e si presta pertanto alla preparazione di risotti;

Carnaroli, riso a chicco lungo di tipo A di ottima qualità, ricchissimo di amilosio e molto consistente, tiene ottimamente la cottura ed è ideale per i risotti più raffinati;

Thaibonnet, riso a chicco lungo di tipo B, dai chicchi molto lunghi e grandi.

Per quanto riguarda le varietà esotiche, le più diffuse in Italia sono tre:


Basmati, originario dell'India e del Pakistan, ha un chicco lungo e affusolato, profumo di sandalo e sapore delicato. Predilige la cottura a vapore ed è ideale come contorno a secondi di carne e pesce;

Venere, originario della Cina, è famoso per il colore nero. Ricco di fibre e minerali (fosforo, calcio, ferro, zinco, selenio), cuocendo emana un aroma di sandalo e di pane. Ideale come contorno di carne e pesce;

Patna, originario della Thailandia, è il riso orientale per eccellenza, soprattutto nella versione parboiled, che dopo la cottura assume un aspetto soffice e ben sgranato. è ideale per la cottura in forno, le insalate, ripieni e sformati.

La legge prevede che varietà diverse non possono essere miscelate. L'impiego del riso in cucina dipende soprattutto dalla durezza del chicco. Il chicco si presenta lucido e quasi vitreo, con una macchietta bianca. Più grande è la macchia, più tenero è il riso e adatto per minestre e risotti. Più piccola è la macchia, più duro è il riso e più adotto per insalate e piatti al forno.


Altro discorso merita il riso parlboiled, ultimamente, ahinoi, molto diffuso. Di facile cottura, mantiene la consistenza nonostante lo si dimentichi sul fuoco. Si ottiene con un procedimento di messa in sottovuoto dei chicchi, quindi della loro immersione in acqua tiepida, infine in una precottura a vapore. Mantiene le qualità nutritive ma assume, a parer mio, una consistenza innaturale, per dirla in italiano, mi sembra di mangiare del polistirolo.

Integrale o bianco? Solitamente utilizziamo il riso bianco, di cottura più facile, occorre tuttavia tenere presente che durante il processo di lavorazione il riso perde quasi tutte le vitamine e con la sbiancatura "diminuisce" il suo apporto  proteico mentre rimane intatto il contenuto di sali minerali. Sarebbe meglio consumare il riso integrale, "non brillato" (cioè non sbiancato), poiché mantiene maggiormente intatte le sue proprietà nutrizionali ed il suo contenuto di fibra. Le proprietà nutritive variano di poco tra una qualità e l'altra di riso, mentre variano moltissimo il sapore e i tempi di cottura.

E non si può parlare di riso senza dire del lavoro nei campi delle mondine. Le mondariso facevano un lavoro infame, faticosissimo, sempre con i piedi nell'acqua e con la schiena curva per mondare il riso dalle erbacce infestanti, pagato la metà circa del lavoro degli uomini, tuttavia moltissime donne erano costrette, in Emilia, Veneto, Piemonte, Liguria, Toscana, a fare le stagioni. L’abbigliamento base era costituito da: calze in filanca, cappello a larga tesa, fazzoletto sul viso per ripararsi dalle zanzare e da altri fastidiosi insetti.
Queste situazioni hanno fatto si che le mondine si rendessero protagoniste di lotte epocali già dai primi anni del ‘900, famosissima è la lotta per le otto ore lavorative “se otto ore vi sembran poche, provate voi a lavorar...”

Lo sciopero delle mondine 17 maggio 1944


Dalla metà del maggio, nelle risaie locali, iniziano agitazioni che giungono a numerosi scioperi.
In aprile erano già stati costituiti i primi comitati di squadra e di gruppo delle mondine a Medicina, Molinella, Baricella, Malalbergo, San Pietro in Casale e Galliera. Intanto venivano stampati migliaia di manifestini che erano distribuiti nelle risaie della provincia; essi incitavano le mondine alla lotta per l’affermazione dei loro diritti contro gli schiavisti agrari protetti dai nazifascisti.
« Mondariso della pianura Bolognese! Esigete dai padroni profittatori l’immediata soddisfazione delle vostre assolute esigenze: Due coperture per bicicletta. Aumento dei salari fino a L. 6 d’ora più L. 10 di indennità di presenza. Corresponsione di Kg. 4 di riso per ogni giornata di lavoro. Colazione al mattino e minestra a mezzogiorno a carico dei padroni. Se non otterrete soddisfazione Scioperate. Il Comitato delle Mondariso».
La scintilla scocca a Medicina. Il lunedì 15 maggio iniziano lo sciopero cinquecento mondine, che si astengono dal lavoro anche nei giorni successivi. Nei giorni 19 e 20 maggio, il numero delle scioperanti diventa milleduecento coinvolgendo le piane di risaia da mondare. I proprietari di risaie, sotto la pressione, contrattano e concordano nuove condizioni.
Le conquiste realizzate dalle mondine medicinesi non sono quelle rivendicate ma, nel loro complesso, ottengono: duecentocinquanta grammi di pane in più della normale razione, due chilogrammi di riso in natura per giornata di lavoro, una minestra a mezzogiorno, quaranta grammi giornalieri di marmellata, la distribuzione di circa seicento coperture per bicicletta e impegno per nuove distribuzioni di coperture nonché un taglio di vestito.
Il 19 maggio i braccianti del comune di Ravenna e di Conselice iniziano un’agitazione per avere nuovi salari per la falciatura dei fieni. Di fronte alla minaccia dei lavoratori di scendere in sciopero qualora non siano accolte le richieste, gli agrari cedono.
A Ravenna accettano di corrispondere duecento lire giornaliere per la falciatura e centocinquanta lire per il pagliaio. A Conselice i braccianti strappano quindici lire orarie per i lavori ordinari e trenta lire all’ora per la falciatura, nonché centocinquanta lire giornaliere per il pagliaio. Gli agrari si oppongono invece alle richieste delle braccianti ravennati di avere quindici lire orarie.
Le lavoratrici, allora, iniziano immediatamente uno sciopero che si protrae per tre giorni, il 19 ed anche il 20 e il 22, finché non ottengono quanto richiesto. Visti i successi raggiunti, il comitato segreto d’agitazione dei braccianti, in accordo con il comitato di liberazione nazionale, lancia un apposito volantino per la effettuazione di scioperi onde ottenere « la concessione di gomme per biciclette e per l’aumento delle razioni di grassi e di carne ».
Lo sciopero si effettua con una buona partecipazione nei giorni dal 23 al 25 compresi. A Mezzano di Ravenna i braccianti vi partecipano in massa il 24. Nello stesso giorno a Santerno di Ravenna, un gruppo di fabbri e di meccanici si astiene dal lavoro. Il 25 maggio nelle frazioni di Ravenna, San Pietro in Vincoli, Santo Stefano, Mezzano, Carraie, Sant’Alberto e Savarna, tutti i braccianti non intraprendono il lavoro.
La forte agitazione, tuttavia, non consegue tutti i risultati possibili perché — afferma una relazione critica — non è continuata oltre i tre giorni fino a piegare « i padroni, i dirigenti delle cooperative, i nazi-fascisti … se volevano che il fieno si salvasse ».
Come la stampa clandestina diede la notizia dello sciopero.
Fronte operaio
LO SCIOPERO DELLE MONDINE
Le mondine della Bassa Bolognese si sono messe in isciopero. Le lavoratricidi Molinella, di Medicina, della Selva, di Malalbergo, di Altedo hanno abbandonato i campi per nove giorni e non sono valsi i soprusi, le violenze, gli arresti a farle recedere dalla lotta, che è continuata serrata, decisa, con una compattezza ammirevole, fino alla vittoria assoluta.Le mondine hanno vinto!
Non ci sono state transazioni e nonostante che gli agrari fascisti, ancora per un’ultima volta, siano ricorsi ai vecchi arnesi costituenti le forze che hanno sempre espresso il terrorismo che brutalmente ha imperversato in questi lunghi anni di oppressione, nonostante si sia ricorso ancora alla violenza, ai tentativi di ricatto, a minaccie di soppressione, lo sciopero è continuato e ha rivelato una espressione così alta di solidarietà di classe, quale da molti anni non ci era dato più di vedere.
Perché, quando le mondine di Medicina avendo avute riconosciute dagli agrari tutte le rivendicazioni per le quali erano scese in isciopero, ritornando nei campi, venivano a sapere che una quindicina delle loro compagne di Molinella erano state arrestate durante l’agitazione, abbandonavano nuovamente compatte il lavoro, dichiarando che non lo avrebbero ripreso se non quando le loro compagne fossero state rilasciate. E le donne di Molinella vennero rimesse in libertà, se si volle che le valorose mondine di Medicina riprendessero il lavoro.
E vanno ricordate anche le brave lavoratrici del ferrarese che, chiamate e trascinate dagli agrari e dagli squadristi di quella zona — che sono tra le più canaglie e i peggiori delinquenti che il fascismo agrario abbia potuto esprimere — per sostituire nel lavoro le masse scioperanti, decisamente vi si rifiutarono, e ritornarono ai loro paesi attraversando Molinella cantando e manifestando tutta la loro solidarietà colle compagne in lotta.
Lo sciopero, deciso dalle mondine e sostenuto da un Comitato di unità sindacale, è stato organizzato e si è svolto, trascurando i sindacati fascisti, che le lavoratrici  della Bassa hanno voluto completamente ignorare, in quanto le esperienze di questi lunghi anni avevano loro dimostrato come tali organismi fascisti abbiano sempre servito gli agrari, opponendosi od ostacolando sistematicamente qualsiasi umana ed economica rivendicazione dai lavoratori affacciate. E gli agrari della zona, hanno dovuto subire la volontà delle masse scioperanti, sanzionando, con la loro accettazione, l’esclusione dei Sindacati fascisti da tutte le trattazioni svoltesi.
Vittoria, questa, morale e politica, della cui importanza debbono trarre insegnamento tutte le altre categorie di lavoratori, che tanta fermezza, talvolta, non hanno saputo dimostrare. L’agitazione ha viste schierate, colla stessa risolutezza nella lotta, le vecchie mondine le cui carni logorate dal sole e dal fango delle marcite, segnano, marcate sulle dure facce, le rughe profonde, quali distintivi di vecchie battaglie combattute, e le giovani che, dalle tradizioni gloriose delle anziane, hanno saputo trarre insegnamento per conquistarsi, colla prova coraggiosamente vinta, il merito e l’orgoglio d’essere le degne continuatoci di quelle masse lavoratrici per cui la Bassa Bolognese è sempre risultata essere stata l’avanguardia di tutto il proletariato rurale, nelle battaglie civili per il riscatto della classe contadina dal servaggio degli agrari.
E colla stessa sensibilità politica che queste donne hanno saputo dimostrare nell’imporre e nel condurre lo sciopero, strappata la vittoria, sono ritornate al lavoro, conscie della importanza che nel quadro della più grande battaglia, che tutto il popolo italiano combatte contro i residui del fascismo e contro i tedeschi, ha la conservazione della produzione agricola per la resistenza e per la più  grande vittoria. Così che il ritorno al lavoro per le mondine rappresenta la partecipazione diretta alla guerra per la liberazione di tutto il proletariato italiano.
Quest’oggi si richiede da loro che i prodotti della terra, che esse lavorano con tanta fatica, siano preservati per il popolo e per tutti i combattenti della liberazione. Domani, invece, queste veterane e queste giovani lavoratrici, orgoglio e vanto di una generazione di classe che si voleva spenta, ma che è più viva che mai, ove gli avvenimenti lo richiedano — e così sarà certamente — ridiscenderanno incolonnate e decise per battersi ancora, fianco a fianco, con tutti i nostri combattenti, fino alla definitiva liberazione, fino al trionfo di tutto i proletariato, contro le forze della reazione schiavista e del militarismo hitleriano.
La pseudo autorità provinciale fascista ha disposto che il grano del prossimo raccolto in ragione di due quintali per persona, venga distribuito a tutte le categorie della popolazione. L’agitazione a questo proposito iniziata dal Partito Socialista di Unità Proletaria con un manifesto al popolo bolognese e sorretta dalla pubblica opinione ha conseguito una piena vittoria.
Esempio fulgido degli effetti sicuri che la solidarietà raggiunge contro qualsiasi opposizione, monito a chi si ostina a respingere la volontà popolare, garanzia per la lotta di domani contro l’oppressione tedesca e fascista.
CRONACA DELLE MONDINE
A Medicina le mondine, in numero circa 1200, hanno scioperato per una settimana intera imponendo una serie di importanti rivendicazioni fra cui: la distribuzione di 600 coperture per biciclette, la colazione al mattino con 250 gr. di pane e 40 di marmellata, la minestra a mezzogiorno, la costruzione di rifugi antischegge e impianto di sirene sui luoghi di lavoro. Le mondine medicinesi continuano compatte e decise la loro lotta. Brave le mondine medicinesi! continuino con volontà la lotta, avranno soddisfazione.
A Molinella le mondine hanno imposto ai padroni la distribuzione di un piatto di minestra a mezzogiorno e 250 gr. di pane a spese dei padroni. Successivamente hanno scioperato per un giorno intero imponendo ai padroni il pagamento perduto per l’allarme. Bene mondine molinellesi! come siete riuscite a strappare dalle mani sporche dei padroni il pagamento delle ore d’allarme, così riuscirete ad imporre tutte le vostre giuste richieste. Siate unite in un sol blocco per la rivendicazione dei vostri diritti.

Alcuni canti delle mondine: Se non ci conoscete http://vimeo.com/33711102
Saluteremo il signor padrone https://www.youtube.com/watch?v=QDF2ZL6lpYg
Se otto ore vi sembran poche: https://www.youtube.com/watch?v=eB4lhem-biU



Fonti:



Nei prossimi giorni cercheremo qualche ricetta per risotti.

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