REGIA: Giovanni Veronesi
SCENEGGIATURA: Giovanni Veronesi, Ugo Chiti, Filippo Bologna, Ernesto Fioretti
ATTORI: Elio Germano, Alessandra Mastronardi, Ricky Memphis, Sergio Rubini, Virginia Raffaele, Alessandro Haber, Francesca Antonelli, Maurizio Battista, Francesca D'Aloja, Luis Molteni, Dalila Di Lazzaro, Ubaldo Pantani, Massimo Wertmüller, Elena Di Cioccio.
Esiste un’Italia normale nelle vicende di Ernesto,
Angela e Giacinto.
Basato sulla vera storia dell’autista del regista, è una vita come tante, fuori dalle luci della ribalta, fuori dalla politica urlata, con la storia degli ultimi quarant'anni che scorre in sottofondo. E’ la dimostrazione filmica che ogni vita, anche la più apparentemente banale, è da rappresentare proprio perchè unica ed irripetibile. Ernesto è un uomo normale che negli anni ’60, bambino, gioca a calcio in campetti di periferia, con il padre, tappezziere, che urla parolacce ai giocatori in campo. Che cresce con il sottofondo, mai enfatizzato nel film, della grande storia, quella che cambia forse la vita dell’Italia ma non i sogni e le illusioni di chi vive del proprio lavoro, si innamora, si sposa, fa un figlio, passa attraverso un sospetto tumore ai polmoni ed invecchia. Si intravede la R4 con il cadavere di Aldo Moro, arriva il craxismo con il suo sottobosco di affaristi loschi e cupi e si arriva al faccione di Berlusconi in ogni cartellone, manifesti che Ernesto guarda con un sorriso stranito e neppure speranzoso, semplicemente quella vita sui manifesti pare essere “altra”, diversa. E mentre lui fa il suo lavoro, cuoco in un asilo poi traslocatore, il suo amico di sempre, Giacinto, cavalca l’onda della "novità" diventando fiancheggiatore di affaristi loschi in area craxiana, finisce in galera come si convenne ai socialisti di allora, uscito diventa forzitaliota perchè “uno che crea aziende farà funzionare l’azienda Italia”. Anche qui cavalcando l’esile confine fra lecito ed illecito. Ernesto si lascia sedurre da un posto fisso e ben remunerato, poi si accorge che tutto sta crollando e torna alla sua vita, quella che gli è più congeniale, torna ai traslochi.
Basato sulla vera storia dell’autista del regista, è una vita come tante, fuori dalle luci della ribalta, fuori dalla politica urlata, con la storia degli ultimi quarant'anni che scorre in sottofondo. E’ la dimostrazione filmica che ogni vita, anche la più apparentemente banale, è da rappresentare proprio perchè unica ed irripetibile. Ernesto è un uomo normale che negli anni ’60, bambino, gioca a calcio in campetti di periferia, con il padre, tappezziere, che urla parolacce ai giocatori in campo. Che cresce con il sottofondo, mai enfatizzato nel film, della grande storia, quella che cambia forse la vita dell’Italia ma non i sogni e le illusioni di chi vive del proprio lavoro, si innamora, si sposa, fa un figlio, passa attraverso un sospetto tumore ai polmoni ed invecchia. Si intravede la R4 con il cadavere di Aldo Moro, arriva il craxismo con il suo sottobosco di affaristi loschi e cupi e si arriva al faccione di Berlusconi in ogni cartellone, manifesti che Ernesto guarda con un sorriso stranito e neppure speranzoso, semplicemente quella vita sui manifesti pare essere “altra”, diversa. E mentre lui fa il suo lavoro, cuoco in un asilo poi traslocatore, il suo amico di sempre, Giacinto, cavalca l’onda della "novità" diventando fiancheggiatore di affaristi loschi in area craxiana, finisce in galera come si convenne ai socialisti di allora, uscito diventa forzitaliota perchè “uno che crea aziende farà funzionare l’azienda Italia”. Anche qui cavalcando l’esile confine fra lecito ed illecito. Ernesto si lascia sedurre da un posto fisso e ben remunerato, poi si accorge che tutto sta crollando e torna alla sua vita, quella che gli è più congeniale, torna ai traslochi.
Storia comune, banale, tratti comici divertenti. Uno
spaccato di come siamo, soprattutto come ci siamo arrivati. La dimostrazione
che l’Italia non era solo quella delle manifestazioni di piazza, ma esisteva una
maggioranza di italiani che viveva vite “comuni” pur nella loro unicità. “Della
mia vita si potrebbe fare un film” ha detto il vero Ernesto al regista. E’
successo!
Un film gradevole, uno strepitoso Alessandro Haber
nelle vesti del pittore d’avanguardia ricco e famoso che prende per i fondelli
i ricchi snob e parla la lingua normale, quella di ogni giorno.
Mi è piaciuto! A volte le storie normali riportano con
i piedi in terra, alla vita vera, quella che vediamo anche fuori dagli schermi
ma che non annoia e forse è da raccontare con più enfasi.
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