C’è stato dibattito sulla candidatura di Lecce a capitale
della cultura 2019. Detrattori, sostenitori, indifferenti e via dicendo. In
tutto questo parlare la città ha superato il primo step, nel 2014 ci sarà la
sentenza definitiva. Forse è prematuro parlarne, tuttavia non è tempo perso,
potremmo sintetizzare la discussione sul comprendere se la scelta è da
rigettare tout court perchè arriva dalla maggioranza al governo della città,
oppure se pensare al tutto come un’opportunità. Partiamo dalla considerazione
che Lecce, al di là e oltre il suo valore aggiunto che richiama turisti
nonostante scelte urbanistiche e politiche che sembrano volerla penalizzare, (cito
le colate di plastica bianca in Piazza Sant’Oronzo, la mancanza di piste
ciclabili, la mancata pedonalizzazione, una viabilità indecorosa per una città
d’arte, parcheggi ovunque fin quasi sotto la colonna del Santo, marciapiedi in
circonvallazione dove un passeggino non passa perchè sono troppo stretti,
allagamenti nelle strade ad ogni temporale, ad esempio via Oberdan, provate a
passarci a piedi durante un temporale, arriverete a casa bagnati fradici), e
via dicendo. Troppe cose non funzionano nella città che è fra le più belle
d’Europa. Questo detto rimangono i numeri citati nell’articolo di Quotidiano di
Puglia (http://www.quotidianodipuglia.it/lecce/capitale_della_cultura_per_lecce_progetti_da_210_milioni_e_4700_posti_di_lavoro/notizie/360607.shtml).
Son di un’importanza immensa per una città ed una provincia che soffrono una
crisi epocale, cascate di quattrini da investire e di possibili posti di
lavoro. Non è poco veramente! Inutile
dire che il ruolo della politica è assolutamente essenziale ed inevitabile, e
quello dell’amministrazione imprescindibile, allora come ci si pone
criticamente verso questa opportunità? Se le cose funzionassero come democrazia
prevede e come intelligenza chiederebbe, ci si siederebbe attorno ad un tavolo,
maggioranza, opposizione, associazioni culturali e del territorio, univesrsità
ecc. e si farebbe il punto della situazione, si discuterebbe sul come fare una
commissione senza maggioranze
precostituite, ma per competenze, una sorta di giunta esecutiva ed un consiglio
“di amministrazione” che controlli nella più ampia trasparenza gli appalti, le
scelte, le nomine, le assunzioni. Il tutto facendo sì che non si possa dire che
tizio è stato assunto perchè cugino di caio e con un pacchettino di voti per
sempronio.
Soprattutto, visto che si tratta di fare opere imponenti ed
importanti, la commissione deve controllare che ogni mattone, ogni albero
piantato, ogni piccolissima opera, dovrà avere una ricaduta futura per la città
tutta. Magari recuperare invece di costruire, magari valorizzare anzichè
abbattere. Mi torna in mente la svavillante Torino di Italia ’61, nel centenario
dell’unità il capoluogo piemontese fece opere faraoniche, da palazzo Vela alla
monorotaia e via dicendo. Un intero quartiere trasformato per quell’anno di
festeggiamenti, miliardi spesi. Dopo il ’61 e per vent’anni tutto iniziò a
decadere, inutilizzato, salvo poi utilizzarlo in buona parte per altri scopi. Questo
non si deve ripetere assolutamente. La programmazione e la progettazione
debbono essere al servizio della città e della provincia negli anni a venire.
Questo e altri saranno i termini della discussione, e da qui occorre partire
per comprendere se lasciar fare tutto quanto ad una parte sola osservando da
fuori e criticando, oppure rendendosi protagonisti del combiamento (perchè di
questo si tratta). Una bella scommessa ed un modo di lanciare non una sfida,
piuttosto l’opportunità di cambiare il modo di concepire la politica stessa,
l’amministrazione. Vediamo chi dirà no. Penso che lasciar fare dicendo che sono
cose che non ci riguardano potrebbe essere un boomerang se quesi quattrini verranno spesi male, dati
in mano ai soliti noti, senza controlli sulla legalità e sulle spese, sono però
pubblici, di tutti. In sostanza, Lecce è in ballo, se vincerà l’ultimo giro di
danza si può avere l’opportunità di chiedere e pretendere una giusta
collaborazione paritaria, o lasciar fare, offrendo ad altri la possibilità di
progettare il futuro di tutti. Chi rinuncia a questa opportunità o la respinge,
si assumerà tutte le responsabilità del caso.
Chissà forse sono sono pensieri in libertà, utopia, però ci
si può pensare.
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