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mercoledì 20 novembre 2013

Lecce Capitale di cultura?


C’è stato dibattito sulla candidatura di Lecce a capitale della cultura 2019. Detrattori, sostenitori, indifferenti e via dicendo. In tutto questo parlare la città ha superato il primo step, nel 2014 ci sarà la sentenza definitiva. Forse è prematuro parlarne, tuttavia non è tempo perso, potremmo sintetizzare la discussione sul comprendere se la scelta è da rigettare tout court perchè arriva dalla maggioranza al governo della città, oppure se pensare al tutto come un’opportunità. Partiamo dalla considerazione che Lecce, al di là e oltre il suo valore aggiunto che richiama turisti nonostante scelte urbanistiche e politiche che sembrano volerla penalizzare, (cito le colate di plastica bianca in Piazza Sant’Oronzo, la mancanza di piste ciclabili, la mancata pedonalizzazione, una viabilità indecorosa per una città d’arte, parcheggi ovunque fin quasi sotto la colonna del Santo, marciapiedi in circonvallazione dove un passeggino non passa perchè sono troppo stretti, allagamenti nelle strade ad ogni temporale, ad esempio via Oberdan, provate a passarci a piedi durante un temporale, arriverete a casa bagnati fradici), e via dicendo. Troppe cose non funzionano nella città che è fra le più belle d’Europa. Questo detto rimangono i numeri citati nell’articolo di Quotidiano di Puglia (http://www.quotidianodipuglia.it/lecce/capitale_della_cultura_per_lecce_progetti_da_210_milioni_e_4700_posti_di_lavoro/notizie/360607.shtml). Son di un’importanza immensa per una città ed una provincia che soffrono una crisi epocale, cascate di quattrini da investire e di possibili posti di lavoro. Non è poco veramente!  Inutile dire che il ruolo della politica è assolutamente essenziale ed inevitabile, e quello dell’amministrazione imprescindibile, allora come ci si pone criticamente verso questa opportunità? Se le cose funzionassero come democrazia prevede e come intelligenza chiederebbe, ci si siederebbe attorno ad un tavolo, maggioranza, opposizione, associazioni culturali e del territorio, univesrsità ecc. e si farebbe il punto della situazione, si discuterebbe sul come fare una commissione  senza maggioranze precostituite, ma per competenze, una sorta di giunta esecutiva ed un consiglio “di amministrazione” che controlli nella più ampia trasparenza gli appalti, le scelte, le nomine, le assunzioni. Il tutto facendo sì che non si possa dire che tizio è stato assunto perchè cugino di caio e con un pacchettino di voti per sempronio.
Soprattutto, visto che si tratta di fare opere imponenti ed importanti, la commissione deve controllare che ogni mattone, ogni albero piantato, ogni piccolissima opera, dovrà avere una ricaduta futura per la città tutta. Magari recuperare invece di costruire, magari valorizzare anzichè abbattere. Mi torna in mente la svavillante Torino di Italia ’61, nel centenario dell’unità il capoluogo piemontese fece opere faraoniche, da palazzo Vela alla monorotaia e via dicendo. Un intero quartiere trasformato per quell’anno di festeggiamenti, miliardi spesi. Dopo il ’61 e per vent’anni tutto iniziò a decadere, inutilizzato, salvo poi utilizzarlo in buona parte per altri scopi. Questo non si deve ripetere assolutamente. La programmazione e la progettazione debbono essere al servizio della città e della provincia negli anni a venire. Questo e altri saranno i termini della discussione, e da qui occorre partire per comprendere se lasciar fare tutto quanto ad una parte sola osservando da fuori e criticando, oppure rendendosi protagonisti del combiamento (perchè di questo si tratta). Una bella scommessa ed un modo di lanciare non una sfida, piuttosto l’opportunità di cambiare il modo di concepire la politica stessa, l’amministrazione. Vediamo chi dirà no. Penso che lasciar fare dicendo che sono cose che non ci riguardano potrebbe essere un boomerang  se quesi quattrini verranno spesi male, dati in mano ai soliti noti, senza controlli sulla legalità e sulle spese, sono però pubblici, di tutti. In sostanza, Lecce è in ballo, se vincerà l’ultimo giro di danza si può avere l’opportunità di chiedere e pretendere una giusta collaborazione paritaria, o lasciar fare, offrendo ad altri la possibilità di progettare il futuro di tutti. Chi rinuncia a questa opportunità o la respinge, si assumerà tutte le responsabilità del caso.

Chissà forse sono sono pensieri in libertà, utopia, però ci si può pensare. 

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