Critical mass (massa
critica), è il momento in cui la massa sociale è tale assicurare una vera e propria rivoluzione dei
costumi, del pensiero, dei comportamenti. La prima volta che tale termine venne
utilizzato fu il 25 settembre 1992, quando un gruppo nutrito di ciclisti si
riunì a San Francisco e iniziò a pedalare fra il traffico automobilistico
creando “caos”. Per dimostrare che muoversi in bicicletta è possibile anche in
città. Da allora le manifestazioni di “critical mass” si sono moltiplicate nel
mondo. Partono per passaparola, non hanno capi e capetti, non hanno percorsi
preordinati, chi sta avanti improvvisa. L’unica forma organizzativa è l’appuntamento.
In Italia, dal 2002, critical mass ci sono state a Roma, Milano, Torino, Bologna.
Pensavo alla critical mass tornando da un incontro, il primo a cui ho assistito,
con comitati NO TAP al fondo Verri. Hanno spiegato i motivi del loro no che non
è affatto pregiudiziale, ma mediato da ragionamenti sul territorio, sull’utilizzo
che se ne vuole fare, sulla vocazione che ha. Turistica? Agricola? Pannellosolare?
“Prima c’erano le Specchie antiche nelle nostra campagne, oggi ci sono gli
specchi”. A chi giova la TAP se, dicono i ragazzi del movimento, se entro il
2050 si dovranno cercare e trovare fonti alternative, come recitano i trattati internazionali? Perché livellare
il fondo marino di fronte a San Foca con bitume e cemento per far passare un
tubo, andando ad influenzare l’equilibrio naturale? Perché utilizzare 12 ettari
di terreno agricolo per fare stoccaggio? Soprattutto sapere che a margine della
TAP ci sono personaggi contigui a politici di alto e basso lignaggio, con e
senza baffi, inquieta i Notav. La “critical mass” no tap sta riflettendo su
tutto questo e più pensa più diventa “mass”, perché manca informazione, e manca
la politica. Ieri sera l’unica eccezione è stata la presenza di Carlo Salvemini,
non si sono fatti vedere esponenti di nessun altro partito. Questo è forse il
valore aggiunto delle deriva della politica stessa negli ultimi vent’anni fatti
di nominate i che non sentono il dovere e l’onere di cercarsi voti, di essere
presenti, di dialogare. Non sentono, per dirla brutalmente, la necessità di
essere eletti per rappresentare i territori, fatte ovviamente le debite eccezioni.
I sindaci dei paesi
interessati dalla TAP sono compatti nel dire no, ancora non sono note le
posizioni dei rappresentanti provinciali e regionali, questa è una discrepanza
vera e propria. Si stanno creando i presupposti, qualora il progetto passasse
il vaglio della Regione, per un movimento (critical mass?) tipo NOTAV. Sappiamo
la piega che ha preso, sappiamo che la ragion di stato evocata da ogni partito
non abbia prevalso nei valligiani del nord, e sappiamo di attentati che, per
dirla tutta, hanno l’aspetto di forme di protesta della mafia appaltatrice,
piuttosto che quella del terrorismo tanto evocato e tanto decantato dagli
organi di informazione. E’ pur vero che TAP in Salento ha evocato Libera, proponendo
di far gestire dall’associazione di Don Ciotti i fondi che verranno versati al
territorio per risarcimento dei disagi subiti, altrettanto vero è che l’associazione
non si è espressa in alcun modo, al momento. Questo però non è sufficiente per
dire che questa opera faraonica sarà esente da infiltrazioni, non ne è
garanzia, abbiamo recenti esempi nel fotovoltaico incontrollato. Personalmente
sono sempre titubante sui NO pregiudiziali, tuttavia ritengo che l’informazione
sia essenziale per non farlo dire, e ritengo che gli esponenti politici debbano
metterci la faccia e tutto il loro sapere per spiegare ed essere presenti. Dai
partiti di maggioranza a quelli che cercano un segretario con le primarie a
quelli che stanno alla guida della Regione. Il rischio di perdere altri voti,
di allontanare altre persone è esageratamente alto.
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