“Una volta, quando
facevo il ganzetto, mi piaceva moltissimo l’espressione di uno che faceva il
filosofo di mestiere, che diceva “né ridere, né piangere, ma capire” quando gli
uomini interpretano le cose. Più tardi ho avuto la sensazione netta che si trattasse
della più grande stronzata che avessi mai sentito nella mia vita e che il
problema era esattamente d ridere, piangere e capire” (Adriano Sofri al
congresso di Lotta Continua, novembre 1976).
E’ l’incipit del nuovo
libro di Francesca Caminoli “C’erano
anche i cani”, che finisce con un’altra frase che in sostanza riassume
il tutto: “Come erano strani quegli
anni”.
E’ un libro di
emozioni, sensazioni, è la biografia di una “ragazza del ‘68”, probabilmente
una riflessione autobiografica, ed è la fotografia di una generazione che è
passata attraverso gli anni ’70 condividendo una vita che forse è stata sopra
le righe, ma che è stata vissuta con l’intensità della scoperta del nuovo,
della speranza, della delusione e disillusione.
Non è un libro sulla
storia trita e ritrita di quello che si chiama comunemente “il ‘68”. Maria,
Matteo, Luca e Giacomo sono fratelli di una famiglia borghese che passano
attraverso quel periodo con le loro storie. Nascono sette stupendi quadri
ognuno dei quali accompagnato da un cane, Divo
e la fisarmonica, Baldo e il braccio rotto, Paco e Zanna Bianca, Ciclone e la
Grecia, Grigia e la rivoluzione, Bella e i morti di aprile, Pongo e le donne.
Sette capitoli che raccontano noi e la nostra storia. Libro agile, snello,
accattivante, che consente a chi ha vissuto quei periodi di ritrovarsi. Passano
i Rolling Stones, i Beatles, i Pink Floyd. Passa Ivan Della Mea e
l’internazionale cantata guardando un tramonto a Creta: “Ma che c’entra?” rise Giorgio. “Non so, mi
è venuta da sola”. E passano gli hyppies e i rockers, due ragazzi inglesi
vestiti di nero e borchiati che vengono in vacanza in Italia. Passano i primi
amori adolescenziali e i rimproveri della famiglia che non comprende quei
figli. E mi tornano alla mente altri genitori che dicevano ai figli in jeans ed
eskimo “ma cosa volete ancora? Avete tutto, noi abbiamo fatto la guerra e la
rinascita dell’Italia, voi cosa volete più del benessere?” Era difficile,
impossibile forse, spiegare che la vita per loro era stata creare benessere,
per noi era aumentarne la qualità. Il Vietnam lo sentivamo come una ferita, i
movimenti dei ragazzi americani vestiti strani, che praticavano il libero amore
con fiori fra i capelli, Creta e l’Europa che erano meta di statunitensi
renitenti alla leva, che non rispondevano alla chiamata per andare a combattere
guerre non loro, poi l’Italia e l’Europa che si infiammarono e noi che perdemmo
la verginità dopo le stragi e dopo il crescendo della politicizzazione che ha
raggiunto apici estremi. Ne parla Maria quando dice del verboso leaderino che
parla sempre e dà la linea, delle ragazze innamorate dei capi e utilizzate per
il ciclostile. Lei che faceva parte di quella parte che voleva cambiare le
cose, però era sempre in rotta con quelli che sapevano tutto, i leader che mal
sopportava. Era, in fondo, la differenza evidente ed esistente fra orizzontale
e verticale, fra condividere ed eseguire, loro, i leader, che imitavano quelli
più grandi da una parte e gli altri, quelli che banalmente volevano cambiare il
mondo, magari senza violenza dall’altra. Maria non amava gli slogan cruenti che
evocavano teste fracassate. Erano i giorni in cui la politica diventava
totalizzante e si tentò di imitare altre forme partito. In cui neppure i leader
comprendevano che quella generazione aveva altri desideri, altri scopi, aveva
un’altra vita da vivere, non quella degli apparati, piuttosto quella della
fantasia. Ed erano i tempi in cui “essere comunisti” nulla aveva a che vedere
con quel comunismo evocato dalle destre di oggi, era liberazione, era un banale
principio: “da ciascuno per le sue capacità, a ciascuno per i suoi bisogni”. Un
sacerdote mi disse un giorno “cosa c’è di più cristiano?” Peccato per quella
politicizzazione estrema. Francesca Caminoli riesce a far nascere
tutte queste riflessioni in chi ha vissuto quegli anni, ma riesce sicuramente a
suscitare interesse nei più giovani, il romanzo è leggero come una foglia,
piacevole, scorre e si legge tutto d’un fiato, come d'altronde gli altri suoi
romanzi. Anche quando parla dell’arrivo del femminismo, del maschilismo
presente a destra e putroppo anche a sinistra, che fece in molti casi scontrare
uomini e donne, proprio come sanno fare bene le sinistre da sempre, scontri
interni perché ognuno è più puro degli altri, ha la linea più giusta, ha
ragione più dell’altro. O dice della morte per strada di Varalli, di Zibecchi.
Anche quando parla dell’arrivo tetro del terrorismo che Maria, la protagonista,
si è vista passare in casa ed ha immediatamente chiuso le sue porte a quella
pratica nichilista e tutto sommato tanto uguale ad altri terrorismi, quelli,
per capirci, che avevano tolto la gioia ai movimenti.
E’ vero, in fondo
quegli anni erano strani.
Francesca Caminoli -
C’erano anche i cani – Jaca Book editore. € 14,00.
Della stessa autrice
segnaliamo, sempre per i tipi di Jaca Book: Il giorno di Bajram – 1999, La neve
di Hamed – 2003, Viaggio in requiem – 2010, La guerra di Boubakar – 2011.
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