Commenti

Non pubblicheremo commenti anonimi.

sabato 4 maggio 2013

L'identità divisa. L'ultimo libro di Egidio Zacheo




“L’identità divisa - l’Italia e il nostro debole spirito pubblico” (Manni Editore, €18,00), è l’ultimo lavoro del Professor Egidio Zacheo, docente di Scienze Politiche presso l’Università del Salento e uomo dentro le cose della politica da sempre.
Una copertina affascinante, eterea e leggera, bella davvero che apre pagine che leggere e “velate” proprio non sono. La storia d’Italia dall'unità in avanti come percorso mai compiuto veramente in quanto, per dirla con lo stesso autore nella refazione “Rimaniamo ancora un popolo senza sentimento nazionale, dall'identità divisa in mille particolarismi e in mille contrapposizioni: fra nord e sud, tra dirigenti e diretti, tra governanti e governati, tra società civile e società politica, tra cultura e politica, tra famiglia e interesse generale”.
Le cause di queste contrapposizione fra le Italie, Zacheo le propone con capitoli che sono piccoli “saggi”. Si parte dall'assunto che l’unità d’Italia come avvenuta 150 anni fa era l’unica possibile nel quadro politico ed economico del tempo, e che l’egemonia del Piemonte non fu improvvisata, ma costruita nel tempo, pur con i limiti di casa Savoia. Infatti a questo processo, di cui il meridione fu parte essenziale, indispensabile e collaborativa, i Savoia non seppero dare un volto nuovo, non fecero iniziare la storia dell’Italia unita, ma proseguirono la loro piccola storia, quella sabauda. Vittorio Emanuele non fu il primo re d’Italia, ma proseguì con la sua numerazione, la stessa legislatura del nuovo Stato non fu la prima, ma l’ottava, in prosecuzione. Anche la Costituzione fu solo un’estensione al territorio nazionale degli Statuti Albertini. Questa nascita non dal basso, da movimenti di massa che avrebbero dovuto vedere parti politiche diverse in campo, piuttosto da una élite  è un vero vulnus della partenza di un nuovo Stato che nei fatti non riuscì a coinvolgere il popolo.  
Il ruolo del meridione in questi processi è stato pressantissimo Intellettuali come Pagano, Giannone, Cuoco, Genovesi, Settembrini, De Sanctis ecc. furono “protagonisti del dibattito culturale, ma il sud è stato altrettanto decisivo sul piano dell’azione politica concreta”. Nei fatti, sostiene Zacheo, la questione meridionale nasce molto prima dell’Unità d’Italia in quanto il divario era preesistente. L’Unità, semplicemente  non ha saputo risolverlo, anzi. Il problema quindi non è la questione meridionale in sé, ma la questione nazionale. “Occorre collegare la questione meridionale col vistoso residuato storico di cui portiamo ancora il peso… della nostra mancata tempestiva e moderna unificazione nazionale…”. Importantissimo in tutto il processo anche il ruolo della chiesa che ha nei fatti portato a congelare e garantire sistemi post e neo feudali.
Il saggio arriva fino ai giorni nostri, citando il nefasto federalismo di stampo leghista che nei fatti è simmetrico a certe spinte neo borboniche che sembrano rifiorire di tanto in tanto. In particolare la proposta leghista è smaccatamente e spudoratamente secessionista. Il federalismo proposto è un’opera senza alcuna visione ampia ed aperta della società e della nazione. E probabilmente questa pochezza istituzionale ha radici proprio nella debole visione unitaria italiana.
Zacheo si sofferma anche sull'europeismo italiano che ha radici antichissime, si parte da Dante per arrivare al Manifesto di Ventotene nel quale si auspicava un’Europa politica, unita e federata.  Un’Europa, mi viene da annotare, ancora da costruire in quanto, allo stato attuale, il peso delle economie forti è eccessivo, non solidale, soprattutto non federale.
 Un ampio capitolo è dedicato alla “scienza sociale, la Democrazia, l’Italia nella riflessione di Umberto Cerroni”, dove crudamente si snocciola e conferma quanto scritto precedentemente e termina con la determinazione che “non ci sono scorciatoie nel processo di crescita di una comunità e che l’uscita dalla crisi attuale del Paese dipende dalla capacità di sciogliere i nodi più intricati e lontani della nostra storia”.
In particolare un passaggio sferzante e triste nella parte dedicata a Cerroni dice: “…Perché il nostro è un paese sempre eccitato, sempre in bilico: un paese infelice…”
Un libro che lascia l’amaro in bocca, che non offre ricette per uscire dall'imbuto nero delle crisi stessa della Democrazia che siamo vivendo da vent'anni  ma che è un contributo alla riflessione ed alla comprensione per provare a ripartire, o forse a rinascere.     

Nessun commento:

Posta un commento