Ci sono giornalisti che riescono a far detestare la stampa
tutta. C’è giustissima e sacrosanta indignazione verso il brunovespismo dei
plastici e di Cogne, verso il sallustismo insultante e becero. Ma questi sono
vecchi arnesi che hanno un padrone politico a cui rendere conto, peggio, molto
peggio è la pedofilia mediatica. Succede a Roma, un pazzo spara davanti ai palazzi
della politica, e succede che l’individuo venga immediatamente fermato. A
questo punto la stampa deve (dovrebbe) fare il suo mestiere che non è (non
dovrebbe essere) quello di sfrugugliare nella vita privata delle ultime tre generazioni
dell’attentatore, né farci sapere se portava gli slip o i boxer. La stampa e la TV dovrebbero aiutare a comprendere,
interpretare, la cronaca dovrebbe essere essenziale, soprattutto mai invasiva
della vita privata e delle dignità di ognuno, compresa quella dei colpevoli.
Invece a volte assistiamo a sciacallaggi (come altro chiamarli?) in nome e per
conto dello scoop, della notorietà e in ultima analisi della pubblicità. Più
forte è il clamore che suscita una testata, più le industrie vogliono comparirci
sopra con i loro prodotti, forse è una chiave di lettura della vicenda degli
slip e del boxer, pubblicità occulta. Tuttavia ci sono limiti che la civiltà
dovrebbe rendere invalicabili. Dovrebbe, anche qui il condizionale è d’obbligo.
E’ successo che una giovane giornalista di AKYtg24 si sia appostata per ore a
P. (piccolo paesino dell’alessandrino dove vive) davanti alla casa dell’ex
moglie di Preiti, succede che abbia atteso e fatto un agguato a un bimbo di 11
anni, il figlio di Preiti per chiedergli di suo padre. Per pulirsi la coscienza
il direttore della testata ha mandato oscurato il volto del bimbo. Criminale
scelta, chi vive in un paese di un migliaio di abitanti è conosciuto da ognuno
del mille compaesani per nome, cognome, per come veste e parla e giocaa nascondino per le vie del paese. Insomma la (sedicente) giornalista manda il pezzo in redazione e qualcuno decide di mandarla in onda.
Vuoi mica perdere un’occasione così? Attentatori dell’informazione che parlano
di altri attentatori, direttori (ir)responsabili che pagano ogni prezzo all’audience.
Il Presidente dell’Ordine richiama (all’ordine, appunto) e molti giornali
scrivono articoli sulla vicenda, indignandosi ovviamente. E per mostrare quanto
forte fosse la loro indignazione, la accompagnano con tutta intera l’intervista
al bimbo e la fotografia di qualche fotogramma del TG incriminato. Bella storia
eh? Per farti vedere quanto male fa un ceffone te lo rifilo in faccia e poi mi
indigno.
Il pensiero va a tutti quei ragazzi pagati cinque euro al
pezzo (un pezzo al giorno, compresi i festivi) fa la bella cifra di 150 euro
mensili, per guadagnarsi il diritto di appartenere ad uno degli ordini
professionali più assurdi che esistano. A che serve l’iscrizione all’Ordine se
non esiste etica professionale e se un direttore non viene almeno sospeso
quando scavalca le norme elementari di decenza e civiltà? A che serve l'iscrizione all'Ordine se poi editori banditi possono permettersi di non pagare o fare la carità ai giornalisti che tentano di fare un lavoro nobile e portano in alto altri scribacchini che fanno gossip?
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