Ci sono date che più di altre è bene ricordare, in
particolare quando segnano il momento in cui una nazione diventa più civile, in
cui una Democrazia tenta di riscattare la naturale sua laicità per poter dire
che veramente tutti i cittadini sono uguali di fronte alla Costituzione, senza
steccati altri del rispetto delle leggi. Che gli atei valgono quanto i
credenti, che i mussulmani hanno diritti identici a quelli dei cattolici, che
un capo di stato straniero non deve interferire nelle cose di un’altra nazione
dettando la sua etica e la sua morale, foss’anche un premier vestito di bianco.
Il primo dicembre 1970 viene votata la legge 898 (Disciplina
dei casi di scioglimento del matrimonio) detta Fortuna – Baslini . Loris Fortuna, deputato socialista, già partigiano, poi del
PCI, con i fatti di Ungheria del ’56 uscì dal partito Comunista per iscriversi
al PSI. Antonio Baslini, Partito Liberale Italiano, a cui va il merito di aver
provato, senza esito positivo, mettere i
cittadini tutti sullo stesso piano di fronte alla legge, presentò invano un disegno
di legge che voleva abolire l’immunità parlamentare, quella che tanto è servita
a parare le terga di collusi con le mafie.
Ci provarono già altri statisti illuminati a far passare il
principio dello scioglimento del matrimonio. Ricordiamo Salvatore Morelli nel
1878 e nel 1880. Altri progetti vennero presentati nel 1882 e 1883. Ci riprovò
l’Onorevole Villa nel 1892. Nel 1902 il governo Zanardelli tentò di far passare
il divorzio in caso di maltrattamenti e sevizie, votarono si 13 deputati, no
400. Ancora tentarono i Socialisti nel 1920, poi arrivarono i patti lateranensi
fra Mussolini e il papa e ogni tentativo di civilizzazione venne cassato del
tutto. Occorrerà aspettare il 1965 per vedere presentata dall’onorevole Loris
Fortuna un’altra ipotesi di legge. Nel ’69 l’Italia e il mondo stavano
cambiando e nel 1970, il primo dicembre, il divorzio diventò legge con i voti
favorevoli del Partito Socialista Italiano, Partito Comunista Italiano, Partito
Radicale, Partito Liberale e quelli contrari di Democrazia Cristiana, Movimento
Sociale e Sudtiroler Volkspartei (fecero campagna contro il divorzio i
divorziati Casini e Fini, per citarne due).
Nel gennaio del 1971 gli antidivorzisti (DC, MSI con l’appoggio
della CEI) depositarono la richiesta di refrendum abrogativo. A curare i loro
interessi fu tal Gabrio Lombardi, onorevole DC che ebbe questo come unico “merito”
nella sua carriera. Un milione e trecentomila firme vennero raccolte anche
nelle chiese. Il 12 maggio 1974, dopo una campagna elettorale epica in cui la
DC affiggeva manifesti citando Togliatti, l’MSI (il partito neofascista di Fini
e La Russa) andava vociando di cosacchi distruttori della famiglia, la chiesa e
i vescovi e cardinali tutti che istigavano i parroci a parlare del demonio
divorzista, in cui un Amintore Fanfani tentò il tutto per tutto perdendo la faccia e forse la possibilità di salire al Quirinale, l’Italia civile partecipò al voto nella misura dell’87% degli aventi
diritto, il 59,3% decise che il divorzio era un diritto (non certo un dovere)
per tutti, anche per Fini e Casini. Per l’oscurantismo e contro il divorzio votò
il 44,9%.
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