Un baro al bar fa il barbaro? Forse ha problemi irrisolti ma
nei risvolti rivolti sotto la manica ha un asso nascosto. Un passo… cade l’asso,
lui s’affaccia per vedere in basso, la sua faccia fa dire a qualcuno: “lo
rifaccia!” Lui non ascolta e parte senza meta verso la metà della sua vita da
baro in altro bar. Casualmente mente di tanto in tanto. Al porto qualcuno beve
porto perché hanno tolto l’embargo, è arrivata farina di soia mentre lei, sola,
aspettava con aspetto teneramente mesto.
Lui pensava: senza embargo l’imbarco è
cosa fatta. Il varo non è stato vano, abbandonato il suo monovano dicendo “non
sarà invano” ora vuol navigare per fare, con navi, le gare. Ricordava quando
era al bar a bere diverse barbere,
“assaggio e faccio un saggio perché son saggio” pensava già brillo nel
paesaggio brullo di fosche foschie. Era con amici fidati un’assolata estate,
quando disse “E’ estate, e state, allora, io vado”, loro non lo ascoltarono
persero la via che presero e si trovarono su tavoli di legno a intavolar
discussioni e quando guardarono il treno passare: “in tre no” disse il più
vecchio prima di voltarsi e andare. Il convoglio sferragliava mentre un asino
ragliava più sotto e qualcuno tagliava pane per accompagnar le pere. Il barbaro
al bar non c’è più, ora viaggia verso mari lontani senza l’onta del disprezzo,
non ne ha mai pagato il prezzo, ora barerà in altro bar in Colombia fra colombi
neri e blu. E un bel giorno verrà
trovato a dormire su un canapè di canapa verde. Lei attende, senza aprir le
tende, intanto, dice “intende che intender vuole”. Non si è neppure più sporta
dalla porta, era esperta di passaggi e per la via guardava la gente andar via.
Passanti passano nella notte buia, hanno baveri per nasconder bave di
desiderio, hanno cappelli sui capelli, hanno occhiali sugli occhi, manifestano
con mani festose la loro allegria. Poi si fermerà la nave nel porto e lui
guarderà, sporto dalla murata, scaricar casse di cardi, piene da far venire in
cardiopalma, bottiglie di vino “divino
vedere tutto sto vino” sussurrerà. Il vento intanto non fa muover foglia e gli
alberi non sfoglia, mentre lei, chiusa in casa, fa sempre pasta sfoglia e sta a
sfogliar album di fotografie e scrive lettere con incerte grafie, parole che
srotolano pensieri come stelle filanti. E di notte le note del violino, lei che
veste di lino, ascolta pensando al ritorno del baro che bara al bar dello sport.
Scherzi del caldo fanno scrivere giochi di parole.
Altrettanto caldo faceva ieri, ne hanno risentito i commentatori TV della
partita di pallavolo Italia USA (vinta dagli azzurri) che sentivo da una TV che
non stavo vedendo. Facendo altro annotavo alcune frasi colte al volo:
Torsione imperiale e imperiosa…
Il tiro transita dal suo braccio destro…
Murato senza diritto di replica…
Il suo colpo mancino disintegra l’avambraccio di
(avversario)…
Azzurro, alto, biondo, lo sguardo è quello di un assassino
quando vede il pallone… Fategli sentire che è entrato nella fossa dei leoni
azzurri…
Servizio con il ferro da stiro caldo in mano…
Non scrivete sui cavalcavia delle autostrade italiane “la
squadra c’è” perché c’è….
Li stiamo prendendo a sportellate…
Ha spinto la palla fuori dai tentacoli a tutto braccio…
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