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giovedì 9 agosto 2012

Il baro barbaro al bar


Un baro al bar fa il barbaro? Forse ha problemi irrisolti ma nei risvolti rivolti sotto la manica ha un asso nascosto. Un passo… cade l’asso, lui s’affaccia per vedere in basso, la sua faccia fa dire a qualcuno: “lo rifaccia!” Lui non ascolta e parte senza meta verso la metà della sua vita da baro in altro bar. Casualmente mente di tanto in tanto. Al porto qualcuno beve porto perché hanno tolto l’embargo, è arrivata farina di soia mentre lei, sola, aspettava con aspetto teneramente mesto. 
Lui pensava: senza embargo l’imbarco è cosa fatta. Il varo non è stato vano, abbandonato il suo monovano dicendo “non sarà invano” ora vuol navigare per fare, con navi, le gare. Ricordava quando era al bar a bere  diverse barbere, “assaggio e faccio un saggio perché son saggio” pensava già brillo nel paesaggio brullo di fosche foschie. Era con amici fidati un’assolata estate, quando disse “E’ estate, e state, allora, io vado”, loro non lo ascoltarono persero la via che presero e si trovarono su tavoli di legno a intavolar discussioni e quando guardarono il treno passare: “in tre no” disse il più vecchio prima di voltarsi e andare. Il convoglio sferragliava mentre un asino ragliava più sotto e qualcuno tagliava pane per accompagnar le pere. Il barbaro al bar non c’è più, ora viaggia verso mari lontani senza l’onta del disprezzo, non ne ha mai pagato il prezzo, ora barerà in altro bar in Colombia fra colombi neri e blu.  E un bel giorno verrà trovato a dormire su un canapè di canapa verde. Lei attende, senza aprir le tende, intanto, dice “intende che intender vuole”. Non si è neppure più sporta dalla porta, era esperta di passaggi e per la via guardava la gente andar via. Passanti passano nella notte buia, hanno baveri per nasconder bave di desiderio, hanno cappelli sui capelli, hanno occhiali sugli occhi, manifestano con mani festose la loro allegria. Poi si fermerà la nave nel porto e lui guarderà, sporto dalla murata, scaricar casse di cardi, piene da far venire in cardiopalma, bottiglie di vino  “divino vedere tutto sto vino” sussurrerà. Il vento intanto non fa muover foglia e gli alberi non sfoglia, mentre lei, chiusa in casa, fa sempre pasta sfoglia e sta a sfogliar album di fotografie e scrive lettere con incerte grafie, parole che srotolano pensieri come stelle filanti. E di notte le note del violino, lei che veste di lino, ascolta pensando al ritorno del baro che bara al bar dello sport.   

Scherzi del caldo fanno scrivere giochi di parole. Altrettanto caldo faceva ieri, ne hanno risentito i commentatori TV della partita di pallavolo Italia USA (vinta dagli azzurri) che sentivo da una TV che non stavo vedendo. Facendo altro annotavo alcune frasi colte al volo:

Torsione imperiale e imperiosa…
Il tiro transita dal suo braccio destro…
Murato senza diritto di replica…
Il suo colpo mancino disintegra l’avambraccio di (avversario)…
Azzurro, alto, biondo, lo sguardo è quello di un assassino quando vede il pallone… Fategli sentire che è entrato nella fossa dei leoni azzurri…
Servizio con il ferro da stiro caldo in mano…
Non scrivete sui cavalcavia delle autostrade italiane “la squadra c’è” perché c’è….
Li stiamo prendendo a sportellate…
Ha spinto la palla fuori dai tentacoli a tutto braccio…


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