Il dibattito è annoso, però ci ha pensato Roberto Saviano a
tornarci su dalle pagine de “L’Espresso”. La liberalizzazione delle droghe
leggere deve essere messa all’ordine del giorno. Ogni mattina si legge sui
giornali locali di ragazzi trattati come spacciatori, pericolosi socialmente, delinquenti,
solo perché hanno in casa un vasetto con una piantina di marijuana. Un titolo
di queste ore ha del paradossale: “scoperte tre piantine di marijuana”. Tre
piantine? Ed ha lo stesso spazio dei trenta chili di erba spiaggiati sul capo.
Certo, alcuni giornalisti mettono molta enfasi nell’informare, ma le
informative che arrivano dagli inquirenti hanno lo stesso tenore.
Mentre in
buona parte dell’Europa v la marijuana viene utilizzata anche per scopi
terapeutici, in Italia siamo all’assurdo di una legislazione integralista,
tipica dell’inquisizione. Se anche da noi è parzialmente accettata, rimane
impossibile trovarla, la si deve acquistare all’estero pagandola a peso d’oro.
E’ famoso il caso del malato di cancro che non poteva comprarsela in Svizzera a
causa dei costi troppo elevati e decise di coltivarne alcune piantine. Per
questo, grazie alla legge di due illuminati statisti (Fini e Giovanardi) venne
denunciato. Una sostanza che gli procurava benessere gli viene prescritta dai
medici ma la legge lo incrimina. Intanto annotiamo un ottimo motivo per
parlarne seriamente ed essere favorevoli alla proposta Saviano, sostenuta, fra
gli altri, da Ingroia e Veronesi: contro la legalizzazione si è espresso
Giovanardi. Ora, uno che vota in Parlamento che Ruby è la nipote di Mubarak, un
integralista che forse rimetterebbe il rogo e la pubblica gogna, una persona
per la quale esiste una sola etica: la sua, non può trovarci d’accordo con lui
in nessun caso, questione di democrazia.
Non riportiamo qui le sue farneticazioni, sarebbe tempo
sprecato.
Saviano affronta il problema da un punto di vista di
repressione e di costi per il nostro paese. Sottraendo il mercato della
cannabis alle mafie si darebbe un forte colpo alla loro proliferazione da un
lato, si riuscirebbe a controllare la qualità della merce dall’altro, le
carceri non si riempirebbero di ragazzi con uno spinello in tasca, si
eviterebbe la spirale mortale che permette alle mafie di gestire prezzi e
qualità della merce, costringendo ragazzi a delinquere. Si calcola che il 40%
dei carcerati sia dentro proprio per motivi legati al proibizionismo. Il
problema che Giovanardi, dall’alto della sua pelosa vis democratica, non si
sogna neppure di affrontare è la diffusione trasversale alle età e allo stato
sociale delle persone delle droghe leggere, ogni piantina coltivata sul balcone
di casa può essere un colpo alla malavita organizzata e alle sofisticazioni.
Quello della marijuana è inoltre il più grande mercato OGM che esiste in Italia,
nessuno pensi che le mafie si fermino di fronte a nulla, hanno laboratori che
producono erba di qualità sempre più devastante e redditizia, senza controllo
alcuno. Questo provoca quel fenomeno che è sconosciuto agli utilizzatori di
spinelli “normali”: l’assuefazione. Si conoscono fumatori abituali di erba
autoprodotta che possono smettere come e quando vogliono. Inoltre è
assolutamente falso che l’utilizzo delle droghe leggere sane spinga ad alzare
il tiro e ad utilizzarne altre più devastanti. Per questo motivo le mafie
intervengono con OGM e con la chimica, per crearsi una clientela fissa,
controllabile e affidabile, disposta a rubare, scippare e quant’altro per procurarsi
la dose. Questo con la liberalizzazione avrebbe un freno, ci sarebbe un mercato
diverso, esattamente come succede nell’Europa civile.
C’è poi un problema di ordine etico, lo Stato deve informare
con tutti gli strumenti che ha a disposizione sui danni delle droghe, del
tabacco e dell’alcool, non può sostituirsi alla libertà individuale di fumare,
bere o assumere droghe di sorta. Fare quello che l’Italia sta facendo è il
mondo che piace a Giovanardi, Fini e al Grande Fratello (di Orwelliana
memoria), controllare le coscienze e le libertà individuali. Nulla a che vedere
con la Democrazia.
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