La ricchezza delle 4
persone più ricche del mondo, è superiore al prodotto interno lordo dei 47 paesi più poveri del mondo. La ricchezza
delle 80 persone più ricche del mondo, è superiore al PIL della Cina cioè la
ricchezza di 1 miliardo e 300 milioni di persone. Il 4% della ricchezza delle
200 persone più ricche del mondo sarebbe sufficiente per i primi interventi dal
punto di vista sanitario, scolastico, alimentare, idrico dell'intera umanità.
Questo vuol dire che il mondo è gestito da 2-300 persone o poco più. (Gino Strada)
Questo vuol dire che il mondo è gestito da 2-300 persone o poco più. (Gino Strada)
Leggevo questo prima di andare verso Piazza Sant’Oronzo, e
ci stavo pensando mentre passavo fra vetrine belle belle belle. Eh, lo so che
non è politicamente corretto. So anche che qualcuno mi dice: “non capisci i
problemi dell’economia reale” Quelli che lo dicono lavorano in banca forse,
mangiano spread con rape infucate e Pil con una lacrima di biancosarti.
Poi sono arrivato sotto la colonna e l’ho chiesto anche a Lui,
ma forse era troppo preso dal primo caldo primaverile e non mi ha dato neppure
un cenno di saluto.
Nel corso ci sono librerie, ho cercato il politicamente corretto nei titoli dei libri, neppure un cenno. Però c’era l’ultimo Camilleri, quasi quasi lo compro per aumentare il PIL e la ricchezza di uno di quei due/trecento che governano le cose dell’universo mondo. E giusto per rinfrescare la memoria mi sono fermato a bere un caffè. “Macchiato per favore”. Mentre scendeva liquidamente molle e riempiva la tazza riflettevo che ognuno di quei chicchi è stato coltivato, raccolto da campesinos probabilmente mal pagati, stivato in navi che trasportano merci, portato in Italia, trasportato su TIR fino alla torrefazione, tostato, impacchettato, rimesso su TIR, portato ai grossisti, inviato al bar. Tutto ciò per il mio caffè, sono quasi commosso. In tutti questi passaggi aumentava di prezzo, il coltivatore lo vende per un’inezia alla multinazionali, e paga pochissimo il raccoglitore, le multinazionali pagano poco i trasportatori, vendono a grandi gruppi di mediatori che neppure sanno cosa trattano, ci sono tot tonnellate di caffè, lo acquistano sulla carta e lo rivendono, sempre sulla carta, aumentando il prezzo. Molto spesso il passaggio di mano avviene in tempo reale, incassano prima di aver pagato la merce. La nave lo stiva e trasporta aumentandone il valore, in Italia viene scaricato e ricaricato sui TIR passando di mano verso il grossista che aumenterà il prezzo per venderlo al barista che dovrà guadagnare qualcosa per sopravvivere. Dentro la mia tazzina ci sono migliaia di Km. e di aumenti di prezzo. Non mi sembra normale tutto ciò, ha un che di perverso, eppure ci siamo abituati, assuefatti. Senza caffè che Italia sarebbe? E che senso ha avere l’eccellenza per un prodotto coltivato in un altro continente? “Il caffè come il nostro dove lo bevi?”. Ci limitassimo agli spaghetti? Lo so, non ci capisco un’emerita mazza di economia. E poi gli spaghetti, te li raccomando. Il grano coltivato in Italia viene acquistato da una delle cinque multinazionali che governano il prodotto mondiale. Viene poi rivenduto a particolari aste al miglior offerente e smistato. Quando l’Italia ha necessità di prodotto per fare gli spaghetti deve, gioco forza, rivolgersi a loro ed acquistare quello che arriva. Il grano italiano è chissà dove, quello per i nostri spaghetti chissà da dove arriva. I capi in testa delle multinazionali del grano fanno sicuramente parte dei 2/trecento riccastri. Vedi un po’ dove vai a finire prendendo un caffè e pensando agli spaghetti con le cozze. Poi dicono che il mondo gira al contrario. Cammino per il corso e penso che oggi il sole è piacevolmente caldo.
Nel corso ci sono librerie, ho cercato il politicamente corretto nei titoli dei libri, neppure un cenno. Però c’era l’ultimo Camilleri, quasi quasi lo compro per aumentare il PIL e la ricchezza di uno di quei due/trecento che governano le cose dell’universo mondo. E giusto per rinfrescare la memoria mi sono fermato a bere un caffè. “Macchiato per favore”. Mentre scendeva liquidamente molle e riempiva la tazza riflettevo che ognuno di quei chicchi è stato coltivato, raccolto da campesinos probabilmente mal pagati, stivato in navi che trasportano merci, portato in Italia, trasportato su TIR fino alla torrefazione, tostato, impacchettato, rimesso su TIR, portato ai grossisti, inviato al bar. Tutto ciò per il mio caffè, sono quasi commosso. In tutti questi passaggi aumentava di prezzo, il coltivatore lo vende per un’inezia alla multinazionali, e paga pochissimo il raccoglitore, le multinazionali pagano poco i trasportatori, vendono a grandi gruppi di mediatori che neppure sanno cosa trattano, ci sono tot tonnellate di caffè, lo acquistano sulla carta e lo rivendono, sempre sulla carta, aumentando il prezzo. Molto spesso il passaggio di mano avviene in tempo reale, incassano prima di aver pagato la merce. La nave lo stiva e trasporta aumentandone il valore, in Italia viene scaricato e ricaricato sui TIR passando di mano verso il grossista che aumenterà il prezzo per venderlo al barista che dovrà guadagnare qualcosa per sopravvivere. Dentro la mia tazzina ci sono migliaia di Km. e di aumenti di prezzo. Non mi sembra normale tutto ciò, ha un che di perverso, eppure ci siamo abituati, assuefatti. Senza caffè che Italia sarebbe? E che senso ha avere l’eccellenza per un prodotto coltivato in un altro continente? “Il caffè come il nostro dove lo bevi?”. Ci limitassimo agli spaghetti? Lo so, non ci capisco un’emerita mazza di economia. E poi gli spaghetti, te li raccomando. Il grano coltivato in Italia viene acquistato da una delle cinque multinazionali che governano il prodotto mondiale. Viene poi rivenduto a particolari aste al miglior offerente e smistato. Quando l’Italia ha necessità di prodotto per fare gli spaghetti deve, gioco forza, rivolgersi a loro ed acquistare quello che arriva. Il grano italiano è chissà dove, quello per i nostri spaghetti chissà da dove arriva. I capi in testa delle multinazionali del grano fanno sicuramente parte dei 2/trecento riccastri. Vedi un po’ dove vai a finire prendendo un caffè e pensando agli spaghetti con le cozze. Poi dicono che il mondo gira al contrario. Cammino per il corso e penso che oggi il sole è piacevolmente caldo.
Parlavo con il benzinaio sotto casa. Mi dice “rispetto
all’anno passato sono sotto del 30% nelle vendite, avevo 6 dipendenti, ora sono
solo 4 e l’AGIP vuole automatizzare tutto, vorrà dire che ne rimarrà uno”. Il
prezzo della benzina? “Su 10 euro il 60% circa sono imposte, tasse, accise
(parolaccia –n.d.r.). Poi io e Agip
qualcosa guadagnamo. Lei paga 10 euro e
io le do 4 euro di carburante”. Ecco, capito l’antifona? A proposito, non si
sente una parola su quell’ingegnere francese che da anni sta testando le sue
auto ad aria. Avete capito bene ARIA compressa che viene caricata in serbatoi
sotto il pianale. Particolare di poco
conto (?) dalla marmitta esce aria calda. Impatto zero. Perché allora stare a
scannare libici, fare guerre all’IRAQ e prossimamemente all’IRAN? Non capisco
bene, però neppure mi adeguo. Però chino umilmente il capo perché “di economia
non capisco nulla”.
Intanto arrivo a Porta Rudiae assieme a tonnellate di caffè,
grano e litri di benzina. Troppo
faticoso anche per me. Un altro caffè? Entro al bar, lei ha i capelli biondi e
mi chiede “desidera?”. “Un orzo grazie”. Sarà poco, ma vuoi mettere la
soddisfazione? Vabbè, nessuno rompa spiegandomi la filiera dell’orzo per
favore.
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