La scomoda e lunghissima campagna elettorale leccese è iniziata e si
cominciano a vedere faccioni ammiccanti dai manifesti sei per tre sparsi per la
città, santini a terra calpestati, arrivano sms di richiesta di sostegno, si
rimodulano le mailing list per escludere o includere amici ed ex amici ora concorrenti,
i giornali ascoltano e segnalano appuntamenti, i social sono pian piano
inondati da stimabili persone che si candidano e così via. Tutto normale, si
potrebbe dire. No, tutto normale non è. Parlo per gli elettori e simpatizzanti
della parte politica che guarda a sinistra. Le destre sono autosufficienti, a
Lecce ingoiano rospi, si scannano ma si alleano comunque, a livello nazionale finirà
probabilmente con Salvini alla corte di re Silvio a fare da zerbino.
Altrove non è così, non è facile guardare amici e
persone che si stimano militare in liste diverse con candidati a sindaco
diversi, non è facile perché la stima personale per molti di loro è alta e si
spera in una revisione di posizioni per un eventuale secondo turno. Eppure la
convergenza da subito è, o meglio, sarebbe stata possibile. Lo dimostra la
posizione presa da Sinistra
Italiana di Alessandria che sostiene il candidato sindaco uscente, di area
PD che, addirittura, votò si per il
referendum di dicembre.
I livelli nazionale e locale, come dice l’amico Renzo Penna
di Alessandria, sono diversi. Se a livello alto una convergenza con il PD è
ostica o addirittura indigeribile, a livello locale potrebbe essere il caso di
trovare un accordo di legislatura su programmi condivisi.
A maggior ragione avrebbe dovuto essere naturale e
condivisibile trovare a Lecce un momento unificante, dato per assunto che il
candidato Salvemini non è iscritto né militante del PD, ma persona indipendente,
con tutti i difetti e i pregi che gli si possano riconoscere, rimane una
risorsa con la quale un dialogo è possibile ed auspicabile. Ad Alessandria non
so cosa potrà succedere, nulla è scritto, ma è una città che ha conosciuto
alternanze dalla lega al centro destra al centro sinistra e così via. Lecce è
invece un feudo nel quale una eventuale vittoria di formazioni non di destra,
non legate agli affari, ai voti di scambio, non governate da personaggi dalle
frequentazioni discutibili, sarebbe un fatto epocale ed immenso.
E non è facile capire diversi posizionamenti quando la
visione della città, tranne forse sfumature comprensibili solo dagli addetti ai lavori, è simile, come simile
è la percezione dei problemi e delle eventuali e mai facili soluzioni.
Veramente non è facile, l’unica consolazione, se così
vogliamo chiamarla, è che si possono dare solo due preferenze, per cui non si
potrebbero votare i candidati che si stimano in blocco. Scelta è scelta, però
sarebbe bello avere una possibilità in più, senza non detti, senza battutine e
sottintesi che alla lunga diventano disarmanti e stantii.
P.S. – A proposito delle preferenze è bene ricordare che se
ne possono assegnare al massimo due, nel caso di preferenza doppia è
indispensabile che i due scelti siano di genere diverso (donna/uomo) e della
stessa lista, indipendentemente dal candidato sindaco scelto, è infatti
possibile il voto disgiunto.
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