Un momento della commemorazione (ph: Lecceprima.it) |
Il 25 aprile a Lecce è stata, come ogni anno e sempre più, una giornata di partecipazione e commozione. Quest'anno l'ANPI locale ha chiesto alla sua iscritta, la giovanissima Naomi De Pascalis, di tenere la commemorazione ufficiale. Naomi si è laureata da pochissimi giorni con una tesi proprio sulla Resistenza in Puglia, ANPI è stata più che degnamente rappresentata in ogni sua istanza con questo passaggio di generazione avendo ben chiaro sempre che la Resistenza non si è chiusa il 25 aprile 1945, ma deve proseguire proprio per arginare un neofascismo sempre più sfacciato. In una lista per le comunali a Lecce che si chiama, prendendo spunto dal gruppo fondato da Pino Rauti, "Andare Oltre" sono presenti personaggi che sui social non fanno mistero della loro fede e postano immagini di Hitler e Mussolini. Casa Pound ha presentato un proprio candidato sindaco e via dicendo.
E deve proseguire in difesa della Costituzione "più bella del mondo" da sinistri tentativi di demolirla e sfasciare i principi fondanti della Repubblica nata dalla Resistenza.
Il discorso integrale di Naomi:
Buongiorno e buon 25 aprile a tutte e a tutti.
Non è facile per una giovane donna come me, che la
Resistenza l’ha studiata sui libri di scuola, trovare le parole giuste per
commemorare questa giornata così importante e riuscire a trasmettere a voi
presenti il ricordo di tutte e tutti quelli che decisero di sacrificarsi, di
sacrificare le loro vite per prendere parte alla Guerra di Liberazione. A 72
anni da quel 25 aprile molto è stato detto nelle commemorazioni ufficiali e
tanto altro è stato scritto nei libri di storia. Coloro i quali decisero di
prendere parte alla guerra di Liberazione, alla cacciata del nazifascismo dal
territorio italiano fecero una scelta. Una scelta legata al desiderio di
libertà, al desiderio di porre fine ai soprusi di cui il ventennio fascista si
era macchiato, desiderio di porre fine ad una guerra che già prima della
comunicazione dell’armistizio avvenuta l’8 settembre1943, avendo generato
malessere non era più ben vista dalla gente comune.
In una giornata come quella di oggi è importante e
doveroso ricordare il ruolo e l’apporto che il Salento e la Puglia, attraverso
le sue donne e i suoi uomini, hanno avuto nella Guerra di Liberazione. Ancora
oggi, quando si pensa alla Resistenza o quando se ne parla, nell’immaginario
collettivo si fa riferimento a quanto accaduto nel Centro e Nord Italia. Poco o
niente si sa di quanto accadde in Puglia durante la fase di occupazione e
ritirata tedesca che vide il nostro territorio essere vittima della cieca furia
e della becera violenza tedesca, per circa 20 giorni a partire da quel famoso 8
settembre 1943. Poco o niente si sa di coloro che, trovandosi al Nord decisero
di darsi alla macchia, di andare in montagna a combattere, o molto più
semplicemente decisero di aiutare i partigiani fornendo loro informazioni sulle
postazioni nazi-fasciste o sugli spostamenti delle truppe tedesche; poco si sa nonostante
il numero di studi sull’argomento sia cresciuto negli ultimi anni grazie al
lavoro di studiosi di storia locale.
Se mi fermassi a chiedere a voi presenti qui oggi:
chi sia Maria Teresa Sparascio, chi sia Umberto Leo, chi siano Enzo Sozzo, Gianni
Giannoccolo, Salvatore Sicuro, Andrea Sozzo o Salvatore Mazzotta, probabilmente
solo pochi di voi saprebbero rispondermi e ancor meno potrebbero essere quelli
che sono a conoscenza del fatto che in città ad Enzo Sozzo, Andrea sozzo e a
Salvatore Mazzotta sono state intitolate delle vie.
Quelli che ho appena citato sono solo alcuni dei
nomi di nostri conterranei che decisero di prendere parte alla guerra di
Liberazione, che furono parte attiva della Resistenza ognuno secondo il proprio
pensiero e le proprie modalità.
Maria Teresa Sparascio, tricasina di origine ma
trapiantata a Langhirano in provincia di Parma, decise di dare il proprio
contributo diventando una staffetta partigiana; Enzo Sozzo combatté nelle SAP
le Squadre di Azione Patriottica; Gianni Giannoccolo: il Presidente del nostro
Comitato Provinciale dell’Associazione Nazionale partigiani d’Italia, martanese
di origine, partì volontario nella compagnia
Gramsci nel 3° Battaglione nella terza Brigata Oltremare insieme con il
compaesano Salvatore Sicuro; Umbero Leo combatté in Piemonte e così Salvatore
Mazzotta. Figura emblematica è quella di Umberto Leo poiché attraverso la sua
storia, si può capire cosa sia stato il fascismo con la sua propaganda agli
occhi di molti giovani italiani, ma al tempo stesso cosa significava compiere
la scelta di essere un partigiano. E voglio ricordarlo attraverso quella breve
testimonianza che il partigiano Leos, questo il suo nome di battaglia, ha
lasciato ad Enzo Bianco uno storico locale, proprio rispetto alla sua scelta di
diventare partigiano, nonostante in un primo momento avesse deciso di
combattere al fianco dei repubblichini.
Racconta Umberto Leo ad Enzo Bianco, rispetto ai
mesi di servizio di leva svolto nella Repubblica Sociale Italiana e rispetto
alla scelta successiva di diventare partigiano «Mancava tutto, non c’era organizzazione, l’alleanza con i tedeschi era
difficile da sopportare», ricorda. «E poi mi colpì molto un episodio al quale
mi capitò di assistere ad Ivrea: un uomo non si tolse il cappello al passaggio
del labaro fascista e fu ucciso all’istante! Mi resi conto, sia pur lentamente,
che ci avevano fatto vivere nell’ignoranza, nell’oppressione e nella violenza.
E così non c’è da meravigliarsi se dopo l’8 settembre tutta la mia squadra
passò con i partigiani. Ormai c’era una voglia enorme di liberarsi dai tedeschi
e dai fascisti.»
Questi sono solo alcuni dei nomi e solo dei piccoli
accenni alle loro vite e al loro ruolo nella Resistenza; se si volessero
approfondire le storie di tutte le donne e di tutti gli uomini salentini che
presero parte alla Resistenza non basterebbe una commemorazione della
liberazione al mese. Le istituzioni, la scuola, la società civile dovrebbero
farsi carico così come fa l’Anpi dal giorno della sua istituzione, e in
sinergia con l’Anpi stessa, di approfondire le storie di quelle donne e di
quegli uomini, di farle proprie e di ricordarle non solo in concomitanza o in
prossimità delle celebrazioni ufficiali. La storia della Resistenza, le storie
di coloro che alla Resistenza presero parte dovrebbero essere argomento
quotidiano, affinché il sacrificio di quelle donne e di quegli uomini non sia
stato vano. Conoscere la Resistenza significa conoscere una delle pagine più
belle della storia d’Italia, conoscere la Resistenza potrebbe essere la risposta
migliore a coloro i quali, nel 2017, continuano ad inneggiare al Fascismo
attraverso i suoi simboli e l’esaltazione di alcune sue figure, quasi che il
fascismo non appartenga a quella pagina più oscura, più violenta e
antidemocratica della storia d’Italia. Conoscere la Resistenza significherebbe
arginare queste persone, significherebbe attuare, grazie al valore che viene
trasmesso dalla memoria storica, la XII disposizione costituzionale. XII
disposizione che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del
disciolto partito fascista. La storia della Resistenza non come semplice e
banale narrazione, quindi, ma la storia come strumento per la formazione di una
coscienza critica che possa, negli anni a venire: portare alla cancellazione di
tutti quei richiami al regime fascista, di tutte quelle associazioni o
movimenti politici che non solo inneggiano al fascismo ma ne sono per ideologia
una discendenza diretta; coscienza critica che attraverso la comunicazione
della propria indignazione rispetto a queste nuove forme di fascismo, possa
portare le istituzioni tutte ad arginare coloro i quali si macchiano di
“apologia del fascismo” poiché non è più ammissibile che nel 2017 certi
atteggiamenti, certi richiami nettamente espliciti, vengano liquidati come “
bravate” o come ragazzate. Non è più possibile che siano proprio alcuni membri
che siedono all’interno delle istituzioni, quelle istituzioni che sono tornate
ad essere democratiche proprio grazie alla caduta del regime fascista, a
richiamare l’ideologia fascista attraverso l’esaltazione dei suoi simboli
diffondendoli e vantandosene sui social network, restando totalmente impuniti e
continuando a svolgere la loro attività politica all’interno dei vari consessi.
La Resistenza è stata antifascista e come tale deve
essere ricordata.
Scriveva Calamandrei, in quell’epigrafe di denuncia
contro la scarcerazione di Kesselring nel 1952:
“Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA
Ebbene, quel camerata
Kesselring a cui Calamandrei si riferiva all’inizio dell’epigrafe, sembra
essere tornato. Non in carne ed ossa, ovviamente, ma sembra essere tornato. Anzi,
forse sarebbe meglio dire che sembra non essersene mai andato via poiché il suo
spirito e la sua ideologia continuano ad essere presenti in coloro i quali
nascondendosi dietro una facciata di italianità, altro non fanno che soffiare
sul fuoco dell’odio ed alimentano il razzismo nei confronti di chi, mettendo
comunque a repentaglio la propria vita, decide di scappare dalla guerra in
cerca di un futuro migliore per sé o per i propri figli. E coloro i quali
assumono questi atteggiamenti, altro non sono che dei piccoli Kesselring contro
cui, prendendo proprio spunto da quanto detto da Calamandrei: “dovremmo farci
trovare ai nostri posti” a difesa di tutti coloro che attraversano il
mediterraneo sperando solo di riuscire a sfuggire alla guerra e alla fame.
In una giornata come quella di oggi in cui si
celebrano i valori della libertà e della democrazia, non bisogna dimenticare
che dalla Resistenza nacquero la nostra Repubblica e la nostra Costituzione, le
nostre basi per l’unità europea. La nostra Costituzione che veniva approvata
ormai 70 anni fa dall’Assemblea Costituente, e per la precisione il 22 dicembre
1947. Assemblea costituente che racchiudeva in sé tutte le anime della
Resistenza, i suoi valori, e i suoi principi. Principi che riportati
interamente nella carta costituzionale, a 70 anni dalla loro approvazione
sembrano ancora: disattesi, non attuati, distanti dall’essere realizzati. Principi
che dovrebbero essere attuati in toto affinché il sacrificio dei nostri
partigiani non sia stato vano. Principi che dovrebbero essere attuati già da
ora, considerando il clima torbido e violento in cui sembra essere calato lo
scenario politico internazionale, a partire da quanto contenuto e sancito
nell’articolo 11 della stessa Costituzione in cui i padri e le madri
costituenti espressero il loro secco rifiuto alla guerra attraverso quella stupenda
formula in cui si legge:“ L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa
alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali.” Ed è tenendo presente i dettami dell’art. 11 che l’Italia
dovrebbe agire rispetto allo scenario bellico che sembra prospettarsi
nell’immediato futuro.
Chiedo scusa se ai più il passaggio sulla
Costituzione possa essere sembrato inopportuno, ma non si può prescindere dalla
Costituzione in quanto figlia della Resistenza che oggi siamo qui a
commemorare.
E questa commemorazione, questa Festa della
Liberazione, dovrebbe essere vista non come un “punto di arrivo”, come una
semplice celebrazione, o come una festa che alla fine dei conti ci permette di
stare a casa da scuola o dal lavoro, ma dovrebbe essere considerata come un punto
di partenza per tutti noi. Un punto di partenza su cui riflettere per far sì che
la memoria e la storia della guerra di liberazione non si perda, per far sì che
eventi così funesti come quelli della seconda guerra mondiale non si ripetano
più, affinché la Resistenza funga da forza propulsiva e propositiva per le
generazioni future, perché il 25 aprile sia 25 aprile sempre
365 giorni l’anno.
Ora e sempre RESISTENZA.
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