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lunedì 9 novembre 2015

Apericena e merenda sinoira

Cino Bozzetti: Il bosco che guarda verso l'esterno. Incisione su rame 450x418
Ci sono neologismi che sono veri e propri stupri della lingua italiana, alcuni sono, oltre che brutti, anche assolutamente inutili in quanto si rifanno al passato, a consuetudini antiche. Penso alla  terrificante parolaccia:  “apericena”. In Piemonte a partire dalla fine dell’800 in avanti si era instaurato, nelle campagne, l’uso della Merenda senoira (letteralmente merenda/cena), aveva un senso all’epoca, la giornata per i contadini iniziava con il sorgere del sole o anche prima,  la prima colazione doveva essere robusta: pane e quel che c’era in base alla stagione e magari un bicchiere di vino. Il pranzo, soprattutto in stagione di campagna, era spesso consumato nei campi, pane con aglio strofinato (soma d’aii), pomodori e magari polenta affettata e il solito vino conservato in zucche lunghe, svuotate, che mantenevano una temperatura piacevole. A metà pomeriggio  era   l’ora della fame che attanaglia, quindi la merenda diventava “senoira”. Chi poteva affettava salame e formaggio da mangiare con il pane bevendo vino, e poi frutta di stagione. Era il momento del relax prima degli ultimi lavori nei campi e poi a casa ad accudire la vacca (anche due per i più fortunati). Così finchè calava il sole e ci si ritirava per una cena parca perché lo stomaco era sazio e per andare a letto in prima serata. Domani ci si sveglia prima dell’alba.

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