Cino Bozzetti: Il bosco che guarda verso l'esterno. Incisione su rame 450x418 |
Ci sono neologismi che
sono veri e propri stupri della lingua italiana, alcuni sono, oltre che brutti,
anche assolutamente inutili in quanto si rifanno al passato, a consuetudini
antiche. Penso alla terrificante
parolaccia: “apericena”. In Piemonte a partire
dalla fine dell’800 in avanti si era instaurato, nelle campagne, l’uso della
Merenda senoira (letteralmente merenda/cena), aveva un senso all’epoca, la
giornata per i contadini iniziava con il sorgere del sole o anche prima, la prima colazione doveva essere robusta:
pane e quel che c’era in base alla stagione e magari un bicchiere di vino. Il
pranzo, soprattutto in stagione di campagna, era spesso consumato nei campi,
pane con aglio strofinato (soma d’aii), pomodori e magari polenta affettata e
il solito vino conservato in zucche lunghe, svuotate, che mantenevano una
temperatura piacevole. A metà pomeriggio era
l’ora della fame che attanaglia, quindi la merenda diventava “senoira”.
Chi poteva affettava salame e formaggio da mangiare con il pane bevendo vino, e
poi frutta di stagione. Era il momento del relax prima degli ultimi lavori nei
campi e poi a casa ad accudire la vacca (anche due per i più fortunati). Così
finchè calava il sole e ci si ritirava per una cena parca perché lo stomaco era
sazio e per andare a letto in prima serata. Domani ci si sveglia prima
dell’alba.
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