Ci si chiede, in questi tempi bizzarri, chi è di
destra e chi di sinistra. Proporrei di cambiare lessico, che so, chiamare:
quelli di qua e quelli di là i contendenti. Ci si chiede perché il calcio sia dominato
a livello internazionale da tangentisti che vendono capmpionati mondiali e li
pilotano, a livello nazionale da mafie che vendono partite per gestire
tranquillamente le scommesse “legali” che lo stato regala loro. I rapporti fra
Stato e Mafia partono dal calcio.
Però esistono anche sport epici, il calcio è roba
da ragazzini viziati, strapagati, che scommettono a volte sulla sconfitta della
loro squadra, il ciclismo oggi e domani celebra la fine del taficosissimo giro
d’Italia. E noi ricordiamo l’epica di questo sport: Coppi e Bartali.
Coppi non si sa se abbia mai votato a sinistra,
però ne divenne suo malgrado l’eroe. Però Bartali si dimostrò talmente cristiano
(senza demo davanti) da divenire portavoce del Vaticano e di tutti i credenti.
Adesso invece i democristiani (quelli col demo davanti che giocano a fare gli
eroi della sinistra) fanno la riforma elettorale.
Quando il ciclismo era la conquista di celebrita
da parte di uomini che venivano dal basso, dal lavoro inteso come fatica, un
riscatto che infervorava tutti. Erano rivalità a tutto campo, la sinistra per
Coppi, i democristiani per Bartali con il suo gagliardetto dell’Azione
cattolica, Fausto uno scomunicato, aveva osato innamorarsi della Dama Bianca.
Un solenne ceffone alla società puritana e papalina di allora. Erano tollerati,
spesso invidiati gli amanti, a patto che il matrimonio non conoscesse rotture.
La Chiesa non accettava simili situazioni. Il divorzio era roba da libertini
senza Dio. E poi solo la Sacra Rota poteva annullare un matrimonio. Ma lui
niente, non sentì ragione. Quel giorno sul traguardo ad aspettarlo c’era, fra
molte persone, anche quella signora con il montgomery bianco. Il giornalista
francese Pierre Chany, de L’Equipe, scrisse “Vorremmo sapere di più su quella
dama in bianco vicina a Coppi”, la dame en blanc, appunto, il soprannome che
perseguitò sempre Giulia Occhini. L’appellativo divenne sinonimo di libertinaggio
per qualcuno, di liberazione per altri. Ci sarebbero voluti moltissimi anni
perche si parlasse di divorzio come opportunita. Bartali invece, era il ‘48
quando ci fu l’attentato a Togliatti. L’Italia stava esplodendo, i comunisti
scesero in tutte le piazze, erano minacciosi, faceva paura un’insurrezione che
sarebbe sfociata nel sangue. Dall’ospedale lo stesso Togliatti fece un
intervento per radio per placare le persone, sapeva che sarebbe finita
malissimo se le piazze avessero perso il controllo. Bartali poteva vincere il
tour de France il giorno dopo. In albergo ricevette una telefonata di De
Gasperi che gli chiese di fare l’impossibile per vincere, avevano bisogno di
qualcosa di grande perche tornasse la calma. Ubbidì, Gino.
Vinse. Le piazze esplosero. Di gioia pero. Nello
stesso anno le sinistre subirono una clamorosa sconfitta alle elezioni, iniziò
un dominio ininterrotto della DC al governo dell’Italia.
Solo molti anni dopo venne fuori una verità
inedita e segreta. Gino Bartali durante il fascismo e dopo el leggi razziali
contribuì a salvare centinaia di ebrei portando documenti falsificati dalla
Toscana all’Umbria. Lui era il Gino nazionale, se lo vedevano pedalare non lo
fermavano, pensavano si stesse solo
allenando. Si allenava, è vero, però metteva in gioco la sua libertà e la sua stessa
vita. Ce l’ha raccontato Oliviero Beha nel suo libro “Un cuore in fuga”
(Piemme edizioni).
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