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sabato 7 marzo 2015

leggère o lèggere?

"Sembra esserci nell'uomo, come negli uccelli, un bisogno di migrazione, una vitale necessità di sentirsi altrove..." Marguerite Yourcenar

Caro Mauro questa non lettera è fatta di pensieri a voce alta, così per parlare, così per pensarla. S/pagine e s/parole, a volte, parole  leggère. Lèggere, potrei dire, e vedi come basta spostare un accento perché tutto muti? Perché le parole siano altro da sé? 
Leggevo, queste si con l'accento al posto giusto, le parole della Yourcenar, il “bisogno di migrazione” che è “vitale necessità”. Poi ho cambiato l’accento, l’ho spostato, Mauro, colpa del TG che mi parla alle spalle. Quei venti morti in mare emigravano anche loro.
E mi dicevo, leggendo parole pesanti, che il poeta è il poeta, lui vede la realtà e la urla le s/parole da dentro verso il fuori, solo se sposti l’accento, accidenti,  il poeta è lì che soffre anche lui, ne sono certo. E io che non amavo i poeti (che pensavo di non amarli).
Leggevo pochi giorni fa, quasi per caso, le parole che dicevano:
 “Spedite fogli di poesia, poeti - Dateli in cambio di poche lire - Insultate il damerino, l’accademico borioso…”
 Conosci, Mauro, conosci. E qui non serve spostare accenti per comprendere. Che c’entra la migrazione, il bisogno del viaggio con i poeti che debbono “spedire fogli di poesia?”  Yourcenar aveva ragione, perché “Le radici sono importanti, nella vita di un uomo, ma noi uomini abbiamo le gambe, non le radici, e le gambe sono fatte per andare altrove”. Scrisse Pino Cacucci.

L’altrove a volte cambia accento e diventa il qui ed ora, l’altrove non è quel mare che inghiotte migranti che non volano verso la conoscenza ma via dalla depravazione. Leggevo leggere parole, e m’è tornato alla mente anche Pessoa che, lui si che conosceva le cose della sua terra,  voleva andarsene in un posto qualsiasi perché “Non voglio più vedere questi volti, queste abitudini e questi giorni.” E le parole, caro amico, sono già tutte scritte da altri, noi possiamo raccoglierle, metterle assieme, lèggere (con l’accento dalla giusta parte) e provare a riscriverle, meditarle, mediarle, avvolgerle, sconvolgerle, farci avvolgere, sconvolgere. I ragazzi che guardano il mare, il mare che s’ingrossa per il vento, le onde che arrivano rabbiose, il tempo che muta, il viaggio (un altro viaggio) verso calle mai più o verso, chissà, un abbraccio leggero. Noi siamo qui, proviamoci a capire la leggerezza e l’ambigua pesantezza, proviamo a farci un’idea dei politici (ah Verri, inizio a capirci qualcosa) damerini e degli accademici boriosi. Mettete assieme parole (poeti) e pensiamo che la migrazione è necessità solo se e solo quando…  

Fatevi disprezzare dissentite quanto potete
Fatevi un gazebo oblungo, amate
Gli sciocchi artisti beoni, i buffoni
Le loro rivolte senza senso
Le tenerezze di morte, i cieli di prugna
Le assolutezze, i desideri da violare, le risorse del corpo
I misteri di donna Catena
Fate fogli di poesia, poeti
Vendeteli per poche lire”

Vedi come si viaggia con un cambio d’accento? In parole che cascano a cascata, che sparano, dubitano. In pensieri che non hanno certezze, in fondo. 
Se hai letto fin qui chapeau!


  

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