Masterchef, Prova del
cuoco, le ricette della Parodi e mille altri momenti culinari. Accendi la TV in
ogni ora del giorno e della notte, fai zapping e trovi almeno sei programmi in
contemporanea che parlano di cucina. Da quella raffinata che propone tartufi,
fois gras ecc, a quella più terra terra. E i programmi hanno successo
evidentemente, i cuochi, pardon, gli chef che li conducono sono
solitamente ricchi, con almeno tre ristoranti sparsi per il globo, con una
conoscenza universale dei prodotti, dal filetto delle vacche allevate da un
solo pastore altoatesino una alla volta per non saturare il mercato, ai pesci
che vengono pescati in un fazzoletto di otto metri quadri dell’Oceano
Indiano, all'erbetta cipollina procurata da un santone pakistano
che vive in montagna e ne raccoglie due soli steli ogni sei mesi, al formaggio
fatto maturare nel fieno di fine maggio proveniente da una specifica collina
monferrina, allo zafferano raschiato dal corpo nudo di giovani vergini che camminano fra i fiori dove il prezioso polline rimane attaccato alla loro epidermide. Per farne due grammi ci vogliono sei vergini.
E noi qui a dialogare sulle cime di rapa ci sentiamo
dei reietti, a volte ci si vergogna un po’ di aprire il frigorifero e non
sentire neppure il profumo di un tartufo d’Alba raccolto alle 6,48 di un
mattino di dicembre (unico momento giusto per farlo) dal cercatore Flaminio che
viaggia con la scorta perché lo venderà pesandolo con la bilancia degli orefici
(e degli spacciatori), sei tartufi l’anno sono sufficienti per mantenere un tenore
di vita più che dignitoso a lui, alla sua famiglia e a quelle dei suoi sette
figli.
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Negli ultimi anni,
chissà se per colpa della crisi, stanno aumentando a dismisura
gli appassionati di cucina. Dalle gare per giornalisti, a D’Alema
che cucina in diretta TV un risotto. A proposito di risotti, pare sia il
piatto preferito dagli uomini che vogliono fare colpo su una signora, è fine,
presenta bene, è buono. E poi, diciamolo, è facilissimo da preparare, basta
conoscere tre regole basilari e il gioco è fatto, attenti a non scuocerlo,
sarebbe un delitto. Eh si, il risotto è un piatto raffinato, non me lo vedo
proprio D’Alema ai tempi in cui voleva conquistare sua moglie, invitarla a cena
e offrirle lingua salmistrata in salsa verde o pasta alla puttanesca.
Col risotto si potrà
dire in rima: “galeotto fu il risotto”. Suona meglio di “che bella tresca con
la puttanesca”.
Quindi le cucine, in
un misto di Masterchef, la Parodi che gioca a fare la brava massaia (gioca solo
però, mia madre quando vedeva una vestita come lei alla TV, intenta a cucinare
o a lavare i piatti era solita dire “quella di piatti ne lava pochi, e non
pulisce certo i polli dalle interiora” lo diceva in dialetto ed era decisamente
più incisivo, faceva riferimento a pulire i polli partendo dalla parte
posteriore nella qualle occorreva penetrare con le dita), queste cucine,
dicevo, si arricchiscono di nuovi strumenti tipo “il coppa pasta” o
altre diavolerie, l’olio diventa EVO (altro che il prosaico
extra vergine di oliva), c’è il sac a poche (che noi villani
potremmo chiamare tasca da pasticceria, per esempio), e non tutti sanno che il
nome dell’ormai desueto Sartù di riso deriva da Sur tout (sopra tutto). Neppure
si sa che è esattamente quella cosa che mia madre faceva
con una certa regolarità e chiamava sformato di riso, noi siamo
peones, in fondo. E poi i neologismi come l’inquietante, orripilante,
terrificante: impiattare! Ogni tanto, a tavola con amici
che hanno appena “impiattato”, mi vien da dire “ti imbicchiero un po’ di vino?”
Bah, saranno anche
utili i programmi, o meglio, lo sarebbero se si limitassero a parlare di cose
di ogni giorno, invece alcuni sembrano proprio come il racconto del padre
poverissimo che diceva al suo figliolo “se fai il bravo ti porto a vedere
quelli che mangiano il gelato”. Intanto guardo in strada e vedo passare un
furgone, il faccione è il suo, uno chef di grido, che si occupa solo di
altissima cucina (alta come prezzi che pratica, soprattutto) si chiama Craco.
Pubblicizza una vera raffinatezza, un lusso, la patatina che fa crock.
Chiamatela come vi pare: haute cousine, provocazione gastronomica dell’artista
o sottile forma di (diciamolo in francese, alla maniera degli chef)
prostitution.
E va bene, oggi ciceri
e tria e non ne parliamo più.
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