…E allora, direte voi, perché il Parlamento sta dibattendo
su come modificare l’articolo 78 della Costituzione, quello
che dice: “Le Camere deliberano lo
stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”? Oddio,
dibattendo è parola grossa. È così flebile la discussione, che nessuno se ne è
accorto al di fuori delle stanze delle commissioni Difesa. Però è all’ordine
del giorno perché rientra nella riforma costituzionale della
ministra Boschi. Una riforma fatta con il bianchetto: cancellare la parola
“Senato”. E così dove sta scritto “Camere” si legge Camera dei deputati. Di
conseguenza i verbi coniugati alla terza persona plurale diventano alla terza
singolare. Casomai qualcuno pensasse che non si sa di grammatica.
È vero che ai tempi della guerra liquida le dichiarazioni di guerra sono
desuete come il rosolio, è pure vero che io non sono moderno come Renzi e sono
purtroppo affezionato alle cose antiche come i princìpi, ma per quanto depassé i princìpi sono come la
serva di Totò: servono.
Quale modernità possa dunque rappresentare l’affidare a una sola Camera
la dichiarazione di guerra non si capisce bene. Di certo si capisce
che, nel sistema autoritario-costituzionale che i renziani vorrebbero mettere
in piedi, una decisione così terrificante come la dichiarazione di guerra
verrebbe lasciata in mano al solo esecutivo, visto che con premi e premiolini,
mattarelli e consultelli, l’unico ramo del Parlamento deliberante sarebbe
totalmente controllato dal partito di Governo.
Ma tanto a che serve, dirà il solito benpensante di passaggio? Se non serve
perché la guerra dichiarata non sembra esistere più, allora tanto vale lasciare
tutto com’è. Alla Costituente dibatterono per giorni e giorni su questo articolo.
Certo, la guerra era finita da pochi mesi, ma anche le bombe atomiche erano
cadute da poco su Hiroshima e Nagasaki e i costituenti sapevano benissimo che
la guerra appena conclusa sarebbe stata l’ultima combattuta secondo le vecchie
“regole”. E proprio per questo alcuni avrebbero voluto allargare ancora di più
la platea dei decisori, coinvolgendo anche le assemblee
regionali come chiese ad esempio un democristiano catanese, Corrado
Terranova, “un sistema più ampio e più approfondito di accertamento della
volontà popolare di fronte a quella terribile cosa che è la guerra; di un
sistema, che renda la responsabilità della decisione relativa all’entrata in
guerra più larga e, di conseguenza, più determinante. La verità è che l’idea
della guerra ci rattrista e ci atterrisce”.
Eppure l’impianto legale della guerra esiste in Italia ed è lo stesso che
c’era nel 1940. Ancora perfettamente in vigore e valido, anche se
apparentemente in sonno. I militari, che della guerra sono i sacerdoti e i
custodi, lo sanno e si son ben guardati dal toccare la legge di guerra e quella di neutralità che
sono del 1938. Nel 2010, quando le leggi sulla Difesa vennero
consolidate nel Codice dell’ordinamento militare, queste due rimasero
stranamente fuori. Meglio non fare onde, dicono i gondolieri.
Come rimangono perfettamente valide e applicabili le norme sullo
stato d’assedio, oggi chiamato stato di pericolo pubblico. Sono gli
articoli dal 214 al 219 del Testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza del 1938. In caso di guerra dichiarata, prefetti e
comandanti della piazza potrebbero ripristinarle per decreto: arresti senza
motivi, sospensione delle libertà civili e dei diritti costituzionali,
tribunali militari che giudicano anche i reati commessi dai civili (si
risolverebbe così il problema delle loro attuale sottoutilizzazione).
Qualcuno, come i parlamentari Cinque Stelle in Commissione
al Senato e alla Camera ha cercato di opporsi ai ciechi yesman della maggioranza. Con
scarso esito. Un moderato come Giuseppe De Mita, centro democratico, nipote del
più famoso Ciriaco, ha proposto che almeno sia necessaria una maggioranza di
quattro quinti. Respinto con perdite per evidente passatismo.
Non c’è verso. Questi talebanucci del renzismo arrembante vogliono far
fuori tutto, a prescindere. Non ricordano certo il ciceronianoSilent enim leges inter arma, le
leggi tacciono in mezzo alle armi, forse perché pensano che le armi saranno
sempre in mano loro. Magari hanno letto troppo Marinetti “soltanto la guerra sa svecchiare,
accelerare, aguzzare l’intelligenza umana, alleggerire ed aerare i nervi”.
Di sicuro non mai hanno letto Mahmoud Darwish: “Siamo lontani dal nostro
destino come gli uccelli”.
Fonte: il
fatto quotidiano
Come dice l’articolo, la dichiarazione di
guerra forse è desueta, però non dobbiamo scordare che l’ipotesi di Salvini
prossimo competitor di Renzi non è neppure così remota. Immaginiamo lo
scenario? Salvini premier, La Russa ministro degli interni, un borgheziano alla
difesa. Passano due giorni e quelli dichiarano guerra alla Svizzera e alla Siria
contemporaneamente. Tutto ciò grazie al corposo premio di maggioranza e al partito unico voluto da Renzi e portato avanti dalla giovine Boschi.Non per dire ma quale nazione sedicente civile mette una
questione così delicata (pur se desueta) come la dichiarazione di guerra da votare a maggioranza semplice? Paradossalmente
sarà più facile dichiarare guerra alla Spagna che eleggere un membro della
Corte Costituzionale. Uè, Renzi, a tutto dovrebbe esserci un limite!
P.S. Il semplice fatto che a dirigere le danze sia la
ministressa Boschi la dice lunga sul fatto che non basta essere donna e giovane
per essere il nuovo. Ci vorrebbe anche una dote supplementare: l’intelligenza
legislativa che non significa fare da scendiletto per il premier, ma ragionare…
ragionare… ragionare… (Anche Renzino Bossi è giovane, anzi, era il più giovane
deputato regionale…)
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