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martedì 27 gennaio 2015

Deportati Salentini Leccesi nei lager nazifascisti il nuovo libro di Pati Luceri

Dopo l’otto settembre 1943, l’armistizio di Cassibile l’esercito italiano si ritrovò sbandato, senza più ordini. Il Re e Badoglio fuggirono vilmente a Brindisi lasciando l'Italia intera senza guida. I militari avevano due possibilità: aderire alla Repubblica di Salò e rimanere alleati dei nazisti, oppure prendere altre strade, ribellarsi, sbandarsi, salire in montagna con i partigiani. La stragrande maggioranza decise di abbandonare la sciagura della guerra e l’infamia del nazifascismo, solo il 10% accettò l’arruolamento nella bande di Mussolini e Hitler, molti si aggregarono ai partigiani, chi riuscì tornò a casa, moltissimi vennero disarmati e considerati dai nazisti “prigionieri di guerra”.  Per loro era valida la Convenzione di Ginevra, i nazisti, nella loro viltà, decisero di non rispettarla chiamando i prigionieri IMI (Internati Militari Italiani) e deportandoli nel lager, la Germania di Hitler aveva bisogno forza lavoro a costo zero. Infami nell'infamia.



Quanti furono gli IMI italiani ce lo dice uno studio di  Pamieri e Avagliano:

«In pochi giorni i tedeschi disarmarono e catturarono 1.007.000 militari italiani, su un totale approssimativo di circa 2.000.000 effettivamente sotto le armi. Di questi, 196.000 scamparono alla deportazione dandosi alla fuga o grazie agli accordi presi al momento della capitolazione di Roma. Dei rimanenti 810.000 circa (di cui 58.000 catturati in Francia, 321.000 in Italia e 430.000 nei Balcani), oltre 13.000 persero la vita durante il brutale trasporto dalle isole greche alla terraferma. Altri 94.000, tra cui la quasi totalità delle Camicie Nere della MVSN, decisero immediatamente di accettare l’offerta di passare con i tedeschi.
Al netto delle vittime, dei fuggiaschi e degli aderenti della prima ora, nei campi di concentramento del Terzo Reich vennero dunque deportati circa 710.000 militari italiani con lo status di IMI e 20.000 con quello di prigionieri di guerra. Entro la primavera del 1944, altri 103.000 si dichiararono disponibili a prestare servizio per la Germania o la RSI, come combattenti o come ausiliari lavoratori. In totale, quindi, tra i 600.000 e i 650.000 militari rifiutarono di continuare la guerra al fianco dei tedeschi » 

E il Salento leccese come è stato interessato dai deportati IMI? Finalmente c'è materiale di studio, Ippazio Antonio Luceri con una colossale opera di 600 pagine ha elencato nomi, schede e numeri della sciagura. "Deportati Salentini Leccesi nei lager nazifascisti"  restituisce memoria e dignità a questi patrioti, i numeri impressionanti.

La dettagliata presentazione di Maurizio Nocera inquadra storicamente gli eventi, mette in fila le date della sciagura del ”secolo più violento” il ‘900. In particolare ci ricorda come la storia dei campi di concentramento non fosse stata solo nazista, ma riguardò l’Italia. Estrapolo il passaggio di Nocera in proposito:

“…5 settembre 1938, R.d.l. n. 1390, Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista;

23 settembre 1938, Rdl. n. 1630, Istituzione di scuole elementari per fanciulli di razza ebraica;

17 novembre 1938, Rdl. n. 1728, Provvedimenti per la difesa della razza italiana;

15 novembre 1938, Rdl. n. 1779, Integrazione e coordinamento in un unico testo delle norme già emanate per la difesa della razza nella scuola italiana;

9 febbraio 1939, Rdl. n. 126, Norme di attuazione relative ai limiti di proprietà immobiliare e di attività industriale e commerciale per i cittadini di razza ebraica.

4 settembre 1940, Mussolini emana il decreto definitivo che istituiva i primi 43 campi di internamento per gli ebrei, gli antifascisti, i rom e i sinti, gli omosessuali e i minorati. Furono immediatamente recuperati differenti luoghi di detenzione, spesso dei reclusori isolati dalle città e dai luoghi di vita civile. È superfluo descrivere com’erano fatti questi luoghi di confinamento, perché la letteratura in merito è molto ricca e basta fare un semplice clic su internet per leggere l’abnorme livello di miseria e di abbandono. In Italia furono alcune decine di migliaia gli internati nei 400 campi di concentramento prima di venire spediti nei lager nazisti tedeschi.

Alcuni di questi campi sono ormai noti e su di essi non mancano gli studi di approfondimento specifici. Eccone qui elencati alcuni: Agnone, Aosta, Alberobello, Ariano Irpino, Bagni di Lucca (Lucca), Bagno a Ripoli, Bioano, Calvari di Chiavari, Campagna (Salerno), Casacalenda (solo femminile), Casoli, Castel di Guido (Roma), Città Sant’Angelo (Pescara), Civitella della Chiana (Arezzo), Civitella del Tronto, Colfiorito di Foligno (Perugia), Corropoli, Fabriano, Farfa Sabina (Rieti), Ferramonti di Tarsia (Cosenza), Ferrara, Fertilia (Sassari), Forlì, Fraschette di Alatri (Frosinone), Gioia del Colle (Bari), Isernia (Campobasso), Isola del Gran Sasso, Istonio (Chieti), Lama dei Peligni, Lanciano (Chieti) (due campi, uno maschile e l’altro femminile), Lipari (Messina), Manfredonia (in un ex mattatoio), Montalbano (Firenze), Montechiarugolo (Parma), Monteforte Irpino, Nereto, Notaresco, Piani di Tonezza (Vicenza), Petriolo (Macerata) (solo femminile), Pisticci (Matera), Pollenza (solo femminile), Ponticelli Terme (Parma), Roccatederighi (Grosseto), Sassoferrato (Ancona), Scipione di Salsomaggiore, Solofra (Avellino) (solo femminile), Servigliano (Ascoli Piceno), Sforzacosta Sondrio, Tollo (Teramo), Tortoreto, Tossicia, Treia (solo femminile), Trieste, Tremiti (Foggia), Urbisaglia (Macerata), Ustica (Palermo), Vinchiaturo (Campobasso) (solo femminile), Verona, Vo’ Vecchio (Padova). Il più noto fra tutti questi campi fu la famigerata Risiera di San Sabba a Trieste, in un primo momento classificato come campo di polizia e di transito, dove si perpetrarono torture, esecuzioni capitali e lo sterminio di ebrei e comunisti (oltre 5000) infornati e cremati nel forno di cui era provvisto quell’impianto industriale. Altri campi di polizia e di transito verso la Germania furono quelli di Fossoli, Gries e Bolzano e provincia, attraverso i quali transitarono più di 11 mila deportati italiani”…


E così Ippazio Antonio (Pati per gli amici) elenca un rosario che pare infinito:
7158 nomi, cognomi, schede compilati da Pati.
581 deceduti fra questi 
421 in prigionia nei campi di concentramento nazisti, 
156 morti nei naufragi delle navi: Petrella, Donizetti, Oria, Sinfra partite dai porti di Rodi, Creta, Cefalonia, Leros, Scarpantos, Coo. 4 vennero fucilati mentre tentavano la fuga, 
6 morti al loro ritorno in patria per malattie contratte a causa della 
   detenzione.

Queste ricerche hanno impegnato Pati per lunghi anni, ha spulciato archivi storici, Istituti Storici della Resistenza, Archivi Vaticani ecc.  e questo è suo il terzo volume dedicato agli antifascisti, partigiani, combattenti e deportati salentini.

Come si evince dai numeri siamo di fronte ad una vera e propria sciagura, una strage perpetrata con metodo. Gli IMI vennero ignorati per molto tempo, anzi, in molti casi, al loro ritorno in Patria,  vennero definiti “imboscati” come dice  Luceri nella prefazione, invece, secondo l'autore, erano:

RESISTENTI, a tutto tondo, pur essendo stati etichettati come “imboscati”, per molto tempo, con affermazioni a dir poco umilianti, offensive, ancora una volta disumane, soprattutto quando ci si accorgeva che, per molti ma soprattutto per il potere costituito, il loro sacrificio era stato inutile, come ha ben documentato il Lazzero Ricciotti. Che non avevano collaborato con i nazifascisti ma non avevano nemmeno impugnato un’arma per combatterli e continuo, sempre con il Ricciotti, “I partigiani parlano nelle piazze di combattimenti e di nemici sterminati. Gli scampati, invece, parlano soltanto della fame che li ha sterminati”.

Un libro importante per la memoria, dedicato a quanti nel mondo stanno soffrendo la galera, le torture per una società equa. Fra questi Luceri cita nella presentazione : “…  i nomi di BIASCO Rocco di Alliste, COSTA Alberto di Alezio, COSTA Umberto di Matino ed ELIA Pantaleo di Vernole. Sono i nomi di quelli che non ce l’hanno fatta, essendo stati scoperti e pertanto fucilati, durante il tentativo d’evasione…”

Ippazio Antonio Luceri – Deportati Salentini Leccesi nei lager nazifascisti – Grafiche Giorgianni pagg. 600

Per quanto riguarda il prezzo il discorso è apertissimo, Pati Luceri vuole diffondere e divulgare, scrive nella prefazione:

“il libro si aggira intorno alle 600 pagine e il prezzo per un libro di tal formato e dimensioni, nelle librerie si aggira intorno alle 100 euro.
Ho ricevuto un contributo di 2800 euro e ciò mi permette di abbassare i costi di 28 euro. Ma la mia ricerca non è finalizzata a lucrare su chi ci HA DONATO la LIBERTÁ e pertanto lo diffonderò a prezzo politico. Mi si dia - come dico SEMPRE - quello che si può e si vuole dare e se qualcuno non può permetterselo e ci tiene a farlo divulgare, LO CHIEDA GRATUITAMENTE: (questo è il mio numero telefonico: 339.8277593).”

Gli altri volumi di Pati Luceri: 
Partigiani, antifascisti e Deportati di Lecce e Provincia
Partigiani e antifascisti in Terra D’Otranto









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