13 novembre 2014
L’operazione
antimafia del Procuratore Cataldo Motta e dei PM leccesi ha portato a 26
arresti all’alba del 11 novembre 2014.
Dentro ci sono affari di droga, calcio,
politica, appalti. Di tutto un po’. I clan sono il De Tomasi e il Pellegrino, i
luoghi sono Squinzano Copertino ed altre località. Nelle cronache dei giornali
del 12 novembre si trova la storia di questi arresti, i capi di
imputazione e lo stato delle indagini. Sotto inchiesta anche l’ex sindaco di
Squinzano Giovanni Marra e Fernanda Metrangolo, attuale presidente del
consiglio.
Il Procuratore Cataldo Motta |
Ed
esistono anche indagini su frequentazioni della moglie e della figlia del boss
De Tommasi, nel comitato elettorale di un assessore al comune di Lecce, Gaetano
Messuti, nella speranza di trovare un posto di lavoro (sic).
Uno
degli snodi principi della questione sta proprio nell’intreccio fra politica ad
ogni livello e malavita. Chi controlla i voti? Come li gestisce? Quanto costano
in appalti e corruzione? L’estrema disinvoltura con cui alcuni politici
nazionali trattano processi come quello di Dell’Utri condannato in via
definitiva per mafia, e del suo datore di lavoro che dai servizi sociali decide
come cambiare la Costituzione, la dicono lunga sulla deriva pericolosissima che
ha preso la Democrazia in Italia. Sembra palesarsi quello che Falcone e
Borsellino denunciarono tempo addietro, quando dicevano che la mafia si deve
sconfiggere a Roma prima di tutto.
Ma
restiamo in Salento, qui la sacra corona unita ha mutato strategia, dal terrore
è passata ora a crearsi consenso sociale dal basso. Prestiti concessi non
a usura, spesso a fondo perduto, veri e propri aiuti a chi ha necessità, creano
consenso. Il caso emblematico di Giovanni Mazzotta di Monteroni detto “Gianni
Conad” per la scelta di riciclare in supermercati i proventi di malaffare, insegna.
Quando venne finalmente arrestato i suoi sette supermercati vennero gestiti da
un commissaro di nomina prefetizia. Dovette chiuderli perché le attività erano
in perdita netta. Banalmente Gianni “Conad” riciclava denaro sporco e non
pagava i contributi assumendo solo in nero. Entrando nella legalità quell’economia
diventava insostenibile in spregio alle norme della corretta concorrenza e alle
leggi. Alla dichiarazione di fallimento più di un dipendente disse “la mafia ci
dà lavoro, lo Stato ce lo toglie”.
A
Squinzano, diventato centro caldissimo di malavita, venne arrestato un boss, la
gente scese in strada alle tre di mattino a portare solidarietà. Era un
“benefattore”.
Un
altro mafioso venne scarcerato per decorrenza di termini e venne accolto da una
batteria di fuochi d’artificio. Tutti segnali che dovrebbero essere
inquietanti, ma che sono, ahinoi, quotidianità.
Così
agisce la scu oggi, creandosi consenso. “Squinzano deve essere un paese pulito
e a posto, tutti devono essere felici” è stato detto in un’intercettazione fra
un boss squinzanese ed altra persona. Infatti anche la bisca clandestina venne
dirottata si Trepuzzi. E il consenso si ottiene anche (se non soprattutto) con
il calcio. Le mani della malavita sul calcio salentino sono ormai cosa nota, si
ricordano avanzi di galera fra gli steward delle squadre. Avere una squadra
come lo Squinzano, farle vincere il campionato non badando a spese, significa
ottenere ampio consenso sociale. Ma significa anche avere un ottimo strumento
per riciclare denaro sporco e avvicinarsi al calcio scommesse e gestire,
magari, vittorie e sconfitte attraverso le sale scommesse legalizzate da uno Stato
accattone ed incapace.
Da
quando l’etica si è scissa dalla politica tutto sembra sfarinarsi, quando un
sindaco è colluso, un assessore ottiene voti in modo strano, allora tutto è
possibile, e tutto diventa difficile per chi agisce nella legalità, il manto
nero delle mafie sta ricoprendo la società intera. Rilanciare legalità è più
che mai indispensabile. In periodi di crisi come quello attuale e nella
latitanza della politica tutto diventa facile per i malavitosi e invivibile per
gli onesti.
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