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31 luglio 2014
Non è pizzica né taranta. Finalmente le note volano in altra direzione.
Non è pizzica né taranta. Finalmente le note volano in altra direzione.
Era jazz a Sogliano
Cavour il 29 luglio, serata di dolce estate, strana in realtà, caldo scirocco che appiccica, però
non caldo estivo che debilita. Ah le stagioni che non sono più quelle di una volta, dice chi sa.
Le note vanno, la
piazza ascolta (colta?), ottimo jazz, è quasi deserta. Spiace per i musicisti (i maestri) confesso però che
a me è piaciuto molto. Poca gente, pubblico attento e rilassato, riuscivo ad
ascoltare anche ad occhi chiusi e a volare via con i pensieri mentre le note
avvolgevano lo scirocco, le teste e i
corpi delle persone. Diventavano emozioni che si sperdevano nell'aria appiccicosa. QUando capita di tenere il ritmo e non perderlo neppure per un attimo con i pensieri che vanno e l’aria che prova a
rinfrescarti per brevi attimi.
Loro sono là dietro,
nelle loro nicchie. Hanno perso la testa, chissà, forse per amore, o forse solo
per l’ingiuria del tempo, ma è poi così ingiurioso il tempo? Certo che no, è
solo un percorso, anche la pietra leccese si riempie di rughe che la divorano
poco a poco. Loro sono San’Agostino e San Nicola da Tolentino (leggo da qualche parte), stanno a fare la
guardia al portale della Chiesa di Maria Annunciata, annessa all’ex convento
degli Agostiniani, ora municipio. Quanti conventi sparsi per il Salento che poi
sono diventati luoghi altri, di buona o pessima amministrazione. Grazie ai santi, spesso alla faccia
loro.
La musica, lo
scirocco, i santi, la chiesa e una giovane coppia che non perde una nota. E
cinquanta (forse) persone sedute attente, applaudono quando conviene farlo. Mi
svegliano dai miei sogni, applaudo.
Freedom jazz festival
si chiama la manifestazione. A volte divento autarchico, perché non chiamarla
Libertà invece di Freedom? E’ una parola dolcissima, bella, importante, da
scrivere con la maiuscola in questi tempi cupi per l’umanità, venti di guerra
ovunque, caparbiamente si combatte sempre e comunque il buon senso e l’intelligenza.
Ricordano Gaslini dal palco.
Acquistai un suo album (LP si chiamavano allora) che si intitolava
“Colloquio con Malcolm x”, erano gli anni ’70, i musicisti sul palco neppure
erano nati e io sono già vecchio. Giorgio Gaslini è morto in questi giorni,
aveva 84 anni.
Sul palco si alternano
GLAD TO BE UNHAPPY:
- Stefano Mangia: voce e melodica;
- Giorgio Distante: tromba;
- Adolfo Volpe: chitarra ed elettronica.
GIANNI LENOCI HOCUS POCUS 5:
- Gianni Lenoci, pianoforte, composizione e direzione;
- Vittorio Gallo, sax soprano e sopranino;
- Pietro Rosato, sax tenore e clarinetto;
- Pasquale Gadaleta, contrabbasso;
- Giacomo Mongelli, batteria e percussioni.
Confesso, come succede
spesso ultimamente sono arrivato in ritardo, forse mi sto crogiolando nelle
abitudini salentine. Del primo concerto ho sentito solo due brani. Il secondo
l’ho ascoltato tutto. Era jazz vero, suonatori eccellenti, serata stupenda.
A Sogliano che si
chiama anche Cavour non perché, ho scoperto, il Camillo Benso c’entrasse
qualcosa, solo che dopo l’unità d’Italia i comuni omonimi dovevano
differenziarsi, come volle Vittorio Emanuele II°, e di Sogliano ce n’era uno vicino a Forlì. Il Salento volle fare un omaggio allo
scomparso Camillo. E si che con i piemontesi qualcuno ha ancora il dente
avvelenato adesso, dopo tutti questi anni.
Sogliano dal nobile
passato, qualcuno dice che qui si adorava Giano (il bifronte) e il sole. Qualcuno
lo inserisce fra i decatria coria (τα Δεκατρία Χωρία) i tredici paesi della grecìa salentina.
Verso mezzanotte poi il
ritorno a Lecce, su strade quasi deserte, scivolando dolcemente con la musica
nella testa, i santi senza testa lasciati là. Le luminarie spente di Sogliano, il bar e la
birra. Tutto assieme e dentro la testa. Musica, birra, jazz, silenzi, poca
gente, la coppia silenziosa e attenta. Una serata senza pizzica e taranta.
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