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martedì 17 giugno 2014

Io, Maria e le zucchine in carpione

Aceto bianco, due bicchieri. 
Vino bianco, un bicchiere. 
Aglio, cipolla, alloro, bacche di ginepro, salvia, grani di pepe nero. Appassire le cipolle tagliate grossolanamente in olio evo e ovviamente, trattandosi di cucina piemontese, una ragionevole noce di burro. Quando la cipolla è appassita aggiungere l’aglio schiacciato, l’alloro, il ginepro il pepe, vino e aceto. Far cuocere per trenta minuti possibilmente senza far bollire.
Mentre cuoce affettare le zucchine longitudinlamnete, infarinarle, friggerle in olio e sgocciolarle. Lasciare intiepidire, metterle in una terrina e ricoprirle con il carpione. Lasciar raffreddare mangiarle il giorno dopo, saranno stupende. Le zucchine possono essere anche grigliate semplicemente oppure fritte senza essere infarinate. Vedete un pò voi. 


Questa è la ricetta già "ammorbidita", un tempo l’aceto era rosso, come il vino. Però io ho ricordi, le cucino con Maria che sta lì accanto e mi dice “attento con l’aceto, poi non ti piace”. Già, non utilizzo quasi mai aceto, a casa non si faceva, neppure il vino si utilizzava. Con un padre astemio, nonostante fosse piemontese doc, il vino era bandito da tavola, appariva solo in occasioni speciali, quando c’erano ospiti. Maria lo sa e in fondo mi vuole bene. Per questo le ho cucinate con lei accanto. Maria sapeva cucinare di tutto, la porta della cucina dava sul negozio, il paese è piccolo, in fondo, tutti si conoscono. Se lei stava con le mani in pasta (nel senso letterale) apriva con il gomito la porta a molle e invitava la cliente in cucina “aspetta che finisco di impastare”. Potevano essere gnocchi di patate o pasta fatta in casa, la signora comprendeva e ripassava, o entrava e si mettevano a parlare del più e del meno, dei mariti e dei figli. Se nessuno ascoltava dicevano sogghignando dell’amante della fruttivendola. Molte fruttivendole del paese hanno l'amante, forse. Ma questo non è dato sapere, solo immaginare. Negozio, due figli che arrivavano da scuola, un marito che non si sapeva cucinare un uovo sodo, e lei con naturalezza riusciva a infornare coniglio disossato, pasta al forno. A inondare la casa di profumi di minestroni che quando arrivavano i figli dicevano “di nuovo minestrone?” 
E si beveva acqua. Naturale. A volte birra Peroni, raramente però. Questa era concessa. Spesso si lamentava però "cucino tutta la mattina, voi arrivate a casa e mangiate in 10 minuti, non vale la pena". Invece valeva la pena... Ora lo so.
Poi m’insegnò, un po’ controvoglia perché ai maschi non si addice la cucina, a fare la maionese. E le zucchine in carpione solo quando “siamo via e stai a casa solo, si conservano”. 
Così le ho fatte usando la sua ricetta, quella annacquata. Metà aceto, metà acqua, il resto come sopra. E nel carpione ci potevi mettere uova in camicia, squisite, soprattutto fesa di tacchino o carne rossa impanata e fritta. Tempo prima, quando il Tanaro era pescoso e non inquinato, il pesce d’acqua dolce era naturalmente conservato in carpione, dalle nostre parti esiste una cucina di carpe, tinche e cavedani. Tutto Delizioso. Maria forse apprezza, chissà. Ricordarla mentre prepara pesche al forno ripiene… A volte viene nostalgia di parlare con lei, a volte la si può sentire accanto che dà consigli.  O che urla di chiuderlo il frigorifero, perché consuma. O quando le chiedevo “cos’hai votato?” e lei rispondeva “come papà”. Sono arrivato a trent’anni per sentirmi dire “ho sempre detto così a papà, ma ho sempre votato come mi pareva” e rideva. In fondo anche questa è ribellione.
   



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