“Cronopios e famas”. Chi sono questi personaggi inquietanti
e bizzarri di Cortazar? Quelli che stanno nel libro giudicato da molti il suo
capolavoro assoluto?
Italo Calvino era uno che quando scriveva lo sapeva fare
veramente. Allora lo faccio dire a lui. Sono tesi e antitesi, volo e cammino
faticoso, sorriso e triste consapevolezza dell’oggi. E mentre scrivo invidio
Calvino per come sa scrivere. E’ uno di quelli che quando l’hai letto ti tocca
dire “ma perché non l’ho scritto io?” Però… a ciascuno il suo. Accontentiamoci
del nostro orticello.
«I cronopios e i famas, due geníe d'esseri che incarnano con
movenze di balletto due opposte e complementari possibilità dell'essere, sono
la creazione piú felice e assoluta di Cortázar. Dire che i cronopios sono l'intuizione,
la poesia, il capovolgimento delle norme, e che i famas sono l'ordine, la
razionalità, l'efficienza, sarebbe impoverire di molto, imprigionandole in
definizioni teoriche, la ricchezza psicologica e l'autonomia morale del loro
universo. Cronopios e famas possono essere definiti solo dall'insieme dei loro
comportamenti. I famas sono quelli che imbalsamano ed etichettano i ricordi,
che bevono la virtú a cucchiaiate col risultato di riconoscersi l'un l'altro
carichi di vizi, che se hanno la tosse abbattono un eucalipto invece di
comprare le pasticche Valda. I cronopios sono coloro che, se si lavano i denti
alla finestra, spremono tutto il tubetto per veder volare al vento festoni di
dentifricio rosa; se sono dirigenti della radio fanno tradurre tutte le
trasmissioni in rumeno; se incontrano una tartaruga le disegnano una rondine
sul guscio per darle l'illusione della velocità. Del resto, osservando bene, si
vedrà che è una determinazione degna dei famas che i cronopios mettono
nell'essere cronopios, e che nell'agire da famas i famas sono pervasi da una
follia non meno stralunata di quella cronopiesca».
Quando i cronopios cantano le loro canzoni preferite, il
loro rapimento è tale che più d’una volta sono finiti sotto un camion o una
bicicletta; cadono dalla finestra, perdono quel che avevano in tasca e persino il conto dei giorni.
Meditazione del
cronopio:
«È tardi, ma meno
Tardi per me che per i famas,
per i
famas è cinque minuti più tardi,
andranno a letto più tardi.
Io ho un orologio con meno vita, meno casa
E meno andarmene a letto
Io sono un cronopio disgraziato e umido».
“…Mentre beve il caffè al Richmond di Florida, bagna il cronopio il suo
biscotto con le sue lacrime naturali...”
Sentirsi cronopios o fama? Essere qui ed ora o vivere oggi
svolazzando fra ieri e dopodomani? Vedere
il mondo con gli occhi di uno di quelli che si dicono “pragmatici”, (quando
sente quella parolaccia, un cronopio qualunque pensa ad una brutta malattia che
cancella le emozioni) oppure vedere le cose chiudendo gli occhi, con la forza
dei ricordi che addolciscono i colori e le emozioni? E’ vero, poi cammini ad
occhi chiusi. E’ vero, sbatti contro
l’albero che sta corteggiando spudoratamente il cespuglio lì vicino. E’ vero, è
tutto vero. Però vuoi mettere la visione della realtà distorta? Forse solo contorta. Forse meno irreale di
quell’altra, quella fatta di numeri e caselle incasellate?
E poi, alla fine,
quando anche i famas scoprono che spesso, troppo spesso “il vero è
inverosimile” quando scoprono, giusto per fare un esempio banale, che un paese
esporta armi nei territori in cui manda guerrieri con armature e archibugi e
dire che vanno a “fare la pace”? Ah il
realismo dei famas…..
Salento… i salentini per grazia ricevuta o per casta non ne
sono esenti, ovviamente. Anche qui cronopios e famas. Il maestrale può essere
un fastidioso vento, oppure un’opportunità per vedere il cielo terso
standosene, nelle notti d’inverno, in campagna a farsi congelare senza sentire
freddo e guardare le stelle allungando la mano per toccarle una ad una. E
riuscirci, e poi appenderle sui rami di un fico e aspettare che arrivi Natale,
accarezzare i capelli di lei che sogna il sogno di colorati palloncini volanti
con attaccati bimbi che ridono…. Ah
Cronopios.
Oppure camminare in riva al mare vedendo sbarcare pirati e
guardando nocchieri maestosi sulle loro navi. Forse vanno a scoprire continenti
colmi d’oro e felicità. I famas invece… Loro stanno seduti sulla sdraio davanti
allo stesso mare pensando che, in fondo, la felicità sta solo nelle canzoni
ascoltate a San Remo. E sicuramente hanno la testa appesantita dal vino dopo
averne bevuto mezzo bicchiere.
Van Gogh che vendette un solo dipinto in vita era un
cronopio o un fama? Non abbiamo dubbi. E i “pazzi” sciagurati che invece di
pensare al guadagno scrivevano odi che nessuno leggeva? “Tempo perso…” diceva
il fama più vicino a loro. Ma il tempo
non si perde mai così, invano. Una coda all’ufficio postale può essere eterna e
crudele, ma può diventare leggera come l’aria mentre aspetti l’impiegata che ti
chiami. E l’impiegata è spesso triste, raramente con un pacato sorriso, però
ben vestita perché “sono a contatto con il pubblico”. E quando lo chiamano “il
pubblico” il fama rivendica la sua intimità, il cronopio invece offre due
petali di viola alla signora dietro il bancone, anche se lei non sorride. Ed è ancora più leggera l’attesa se
immagini che i bollettini che ti trascini in mano siano aquiloni. Lo so, poi
devi tornare con i piedi a terra. Ti tocca pagare. Però intanto hai scippato il tempo. Gli hai
rubato la noia. Vuoi mettere la differenza?
E cosa erano i briganti che facevano boccacce ai piemontesi
tristi e cupi?
Non ne ho idea…. Forse non voglio, semplicemente,
parlarne.
Cortazar: Storie di Cronopios e Fama – Einaudi tascabili,
2005. (Prima edizione, 1962)
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