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mercoledì 11 giugno 2014

Cronopios, Fama, Cortazar...

“Cronopios e famas”. Chi sono questi personaggi inquietanti e bizzarri di Cortazar? Quelli che stanno nel libro giudicato da molti il suo capolavoro assoluto?
Italo Calvino era uno che quando scriveva lo sapeva fare veramente. Allora lo faccio dire a lui. Sono tesi e antitesi, volo e cammino faticoso, sorriso e triste consapevolezza dell’oggi. E mentre scrivo invidio Calvino per come sa scrivere. E’ uno di quelli che quando l’hai letto ti tocca dire “ma perché non l’ho scritto io?” Però… a ciascuno il suo. Accontentiamoci del nostro orticello.

«I cronopios e i famas, due geníe d'esseri che incarnano con movenze di balletto due opposte e complementari possibilità dell'essere, sono la creazione piú felice e assoluta di Cortázar. Dire che i cronopios sono l'intuizione, la poesia, il capovolgimento delle norme, e che i famas sono l'ordine, la razionalità, l'efficienza, sarebbe impoverire di molto, imprigionandole in definizioni teoriche, la ricchezza psicologica e l'autonomia morale del loro universo. Cronopios e famas possono essere definiti solo dall'insieme dei loro comportamenti. I famas sono quelli che imbalsamano ed etichettano i ricordi, che bevono la virtú a cucchiaiate col risultato di riconoscersi l'un l'altro carichi di vizi, che se hanno la tosse abbattono un eucalipto invece di comprare le pasticche Valda. I cronopios sono coloro che, se si lavano i denti alla finestra, spremono tutto il tubetto per veder volare al vento festoni di dentifricio rosa; se sono dirigenti della radio fanno tradurre tutte le trasmissioni in rumeno; se incontrano una tartaruga le disegnano una rondine sul guscio per darle l'illusione della velocità. Del resto, osservando bene, si vedrà che è una determinazione degna dei famas che i cronopios mettono nell'essere cronopios, e che nell'agire da famas i famas sono pervasi da una follia non meno stralunata di quella cronopiesca».
Quando i cronopios cantano le loro canzoni preferite, il loro rapimento è tale che più d’una volta sono finiti sotto un camion o una bicicletta; cadono dalla finestra, perdono quel che avevano in  tasca e persino il conto dei giorni.

Meditazione del  cronopio:

 «È tardi, ma meno
 Tardi per me che per i famas,
 per i  famas è cinque minuti più tardi,
 andranno a letto più tardi.
 Io ho un orologio con meno vita, meno casa
 E meno andarmene a letto
 Io sono un cronopio disgraziato e umido».
 “…Mentre beve il caffè al  Richmond di Florida, bagna il cronopio il suo biscotto con le sue  lacrime naturali...”

Sentirsi cronopios o fama? Essere qui ed ora o vivere oggi svolazzando fra ieri e dopodomani?  Vedere il mondo con gli occhi di uno di quelli che si dicono “pragmatici”, (quando sente quella parolaccia, un cronopio qualunque pensa ad una brutta malattia che cancella le emozioni) oppure vedere le cose chiudendo gli occhi, con la forza dei ricordi che addolciscono i colori e le emozioni? E’ vero, poi cammini ad occhi chiusi.  E’ vero, sbatti contro l’albero che sta corteggiando spudoratamente il cespuglio lì vicino. E’ vero, è tutto vero. Però vuoi mettere la visione della realtà distorta?  Forse solo contorta. Forse meno irreale di quell’altra, quella fatta di numeri e caselle incasellate?
 E poi, alla fine, quando anche i famas scoprono che spesso, troppo spesso “il vero è inverosimile” quando scoprono, giusto per fare un esempio banale, che un paese esporta armi nei territori in cui manda guerrieri con armature e archibugi e dire che vanno a “fare la pace”?  Ah il realismo dei famas…..
Salento… i salentini per grazia ricevuta o per casta non ne sono esenti, ovviamente. Anche qui cronopios e famas. Il maestrale può essere un fastidioso vento, oppure un’opportunità per vedere il cielo terso standosene, nelle notti d’inverno, in campagna a farsi congelare senza sentire freddo e guardare le stelle allungando la mano per toccarle una ad una. E riuscirci, e poi appenderle sui rami di un fico e aspettare che arrivi Natale, accarezzare i capelli di lei che sogna il sogno di colorati palloncini volanti con attaccati bimbi che   ridono…. Ah Cronopios.    
Oppure camminare in riva al mare vedendo sbarcare pirati e guardando nocchieri maestosi sulle loro navi. Forse vanno a scoprire continenti colmi d’oro e felicità. I famas invece… Loro stanno seduti sulla sdraio davanti allo stesso mare pensando che, in fondo, la felicità sta solo nelle canzoni ascoltate a San Remo. E sicuramente hanno la testa appesantita dal vino dopo averne bevuto mezzo bicchiere.
Van Gogh che vendette un solo dipinto in vita era un cronopio o un fama? Non abbiamo dubbi. E i “pazzi” sciagurati che invece di pensare al guadagno scrivevano odi che nessuno leggeva? “Tempo perso…” diceva il fama più vicino a loro.  Ma il tempo non si perde mai così, invano. Una coda all’ufficio postale può essere eterna e crudele, ma può diventare leggera come l’aria mentre aspetti l’impiegata che ti chiami. E l’impiegata è spesso triste, raramente con un pacato sorriso, però ben vestita perché “sono a contatto con il pubblico”. E quando lo chiamano “il pubblico” il fama rivendica la sua intimità, il cronopio invece offre due petali di viola alla signora dietro il bancone, anche se lei non sorride.    Ed è ancora più leggera l’attesa se immagini che i bollettini che ti trascini in mano siano aquiloni. Lo so, poi devi tornare con i piedi a terra. Ti tocca pagare.  Però intanto hai scippato il tempo. Gli hai rubato la noia. Vuoi mettere la differenza?
E cosa erano i briganti che facevano boccacce ai piemontesi tristi e cupi? 
Non ne ho idea…. Forse non voglio, semplicemente, parlarne. 
 

Cortazar: Storie di Cronopios e Fama – Einaudi tascabili, 2005. (Prima edizione, 1962)

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