Commenti

Non pubblicheremo commenti anonimi.

mercoledì 4 dicembre 2013

Italia: dal Rinascimento allo schiavismo autorizzato

fonte:  giornalettismo.com
Prato, Italia. Succede che crepino sotto un capannone crollato per un incendio 6 cinesi. “Sono solo cinesi, i concorrenti feroci della nostra economia, meno ce ne sono meglio è” avrà pensato il più cinico di tutti. Quei cinesi producono, producevano pardon, un “impeccabile” made in Italy. E poco importa come e con cosa producono, quali materiali utilizzino, da dove arrivino. Poco importa come vivono, fantasmi nelle città d’arte.


...Quella è una fabbrica che produce il pronto-moda a prezzi imbattibili, che sta mettendo in ginocchio l'economia italiana del settore due volte: una, perchè stampa il marchio "made in Italy" potendolo fare con prodotti di bassa qualità e quindi sottrae all'immagine dell'Italia il suo insostituibile valore aggiunto; l'altra, perchè veicola le proprie merci e sta dando un enorme contributo alla diffusione della illegalità facendo affari con la criminalità organizzata italiana. Un metro di tessuto per realizzare questi capi costa, all'origine, in Italia, 5 euro dal miglior offerente. In Francia costa 4,75 euro. In Germania ne costa 5,22. In Olanda 4,80 euro. I cinesi lo pagano 54 centesimi di euro. Tonnellate di questi tessuti arrivano via nave nei porti di Napoli, Genova, Ancona. (Sergio Di Cori Modigliani)

No, siamo europei, parliamo di spread, quei cinesi sono crepati producendo PIL, magica parola che tutto racchiude, benessere, gioia di acquistare, vacanze al mare sfrecciando in autostrada su auto con marchi ariani ma costruite in magari in Cina o in Albania. Una contraddizione in termini la nostra, fabbriche che vanno a costruire made in italy in Albania, cinesi che vengono a farsi torturare ed ammazzare da altri cinesi in Italia, nel regno del tessile, fabbricando italici capi d’abbigliamento. Già, loro si che sono autarchici, fanno tutto in casa, arrivano chissà come da immigrati, comprano tutto il comprabile con quattrini contanti, chiamano loro operai a lavorare in Italia con salari cinesi, dormono, mangiano, fanno l’amore, accudiscono figli dentro i capannoni stessi, accanto ai telai, altro che privacy, altro che umanità nel bel paese. Ma noi siamo in Italia, non in una provincia sprofondata di qualche landa desolata dove i controlli non esistono, siamo nella civile Toscana, vicinissimi alla stupenda Firenze. Qui ci sono le ASL che funzionano, la Guardia di Finanza che controlla. Qui ci sono amministrazioni sedicenti illuminate. Qui c’è la culla della lingua italiana e della civiltà. Qui ci fu il Magnifico Lorenzo e il Rinascimento. Quanto è corta la memoria di un popolo? Abbiamo cassato tutto con una spugna, cancellato le vittorie dell’intelligenza, ridotto l’arte ad inutile orpello. Abbiamo svenduto principi ed ideali in nome del PIL.  E, perchè no? Della corruzione che pervade ed invade.  
Perchè, soprattutto chi ha consentito questa deriva italiana? Siamo complici di queste morti.  Quali amministratori, quali controllori non hanno fatto il loro lavoro? Quali banche concedono prestiti a cittadini senza  porsi il problema etico di come vengono utilizzati? Siamo già terzo mondo, quello dell’economia incontrollabile e padrona di ogni cosa, siamo a pieno diritto nell'Europa che tanto piace ai banchieri, quella dei poveri cristi che possono crepare sotto un capannone e dei grandi capitali che viaggiano indisturbati. Siamo nell'Italia che tassa le pensioni minime e gli appartamentini ed esenta le ville di Arcore. L’Italia di Equitalia che sequestra la Panda di chi non paga il bollo auto e consente a criminali, siano essi schiavisti cinesi o di Nardò poco importa, di fare i loro porci comodi.   Nei TG quei vigili che facevano banalmente un lavoro di controllo sui capannoni abitati da cinesi aprivano sconsolati le braccia: “è così ovunque”. Chiunque sia passato da Prato ed abbia parlato con abitanti della città avrebbe potuto sapere dove, come e quando. Ogni cittadino di quella città conosce, solo chi deve controllare non sa? I cinesi, è vero, non concedono spazi alla conoscenza delle loro cose, dei numeri, quelli deve controllarli chi di dovere, sono chiusi nelle loro tribù, però come possono acquistare capannoni,  come possono far uscire la notte TIR carichi di merce Vedi: conversazione con Adriano Sofri  senza che nessuno se ne accorga? Non esistono dati ufficiali, non controlli sui camion che girovagano per Prato? Nessuno si chiede come mai una parete di cartongesso celi dei veri e propri loculi per dormire?

O forse è vero quanto sostiene Cremaschi su Micromega: 

Si è messo l’accento sulla particolare chiusura in sé della comunità cinese, fatto assolutamente vero, quasi per derubricare quanto avvenuto. E soprattutto per non affrontare la questione vera, che in Italia la produzione  industriale e il lavoro nei servizi stanno affondando nelle condizioni di quello che una volta si chiamava terzo mondo.

Stiamo veramente scivolando verso il terzo mondo o ci siamo dentro fino al collo? Quando due statisti europei possono ridere dell’Italia, vuol dire che l’Italia è scivolata in basso, troppo.
Quei cinesi morti meritano, come tutti gli immigrati crepati in mare e i loro colleghi e amici sopravvissuti e rinchiusi in centri di accoglienza indecenti, tutta la solidarietà possibile. Offriamo loro, quanto meno, funerali di Stato. La pietà, in fondo, non basta e non serve a nulla. Si abbia pena per le cose maltrattate, per gli animali magari, non per le persone. Non fanno pena, meritano rispetto. Fanno incazzare questi episodi. Riprendere l’indignazione fra le mani sarebbe buona cosa. Questo PIL creato in Itali fa veramente schifo, quasi quanto gli amministratori che sapevano e non hanno controllato, quasi come le banche che prestano soldi alle mafie e agli schiavisti e negano il mutuo ad un impiegato. Ma dai, domenica ci sono le primarie e ci sarà anche il comizio di un fuorilegge condannato per aver truffato lo stato. Abbiamo altri problemi noi, altro che parlare di sei miseri cinesi. Quei cadaveri puzzano, non meritano neppure la visita di un sottosegretario, altro che del Presidente del Consiglio! Puzzano di ipocrisia italiana!
Quello che segue è l’articolo della giornalista Silvia Pieraccini:

ORRORI A CHINATOWN NEL SILENZIO DI PRATO
Un altro cittadino cinese è morto nel silenzio della comunità di cui faceva parte. Ma anche nel silenzio della città in cui viveva , lavorava, soffriva. Nel silenzio di quella Prato tradizionalmente operosa e attenta che è capace di indignarsi per i (presunti) valori troppo alti della diossina dell'inceneritore di Baciacavallo, per gli scarsi controlli dell'Europa sulle merci in arrivo dalla Cina, per le linee soppresse degli autobus e per le buche nelle strade, ma non dice nulla o quasi sui morti cinesi, sugli schiavi cinesi, sugli sfruttatori cinesi, sugli evasori cinesi, tutti «prodotti» di un medesimo sistema organizzato di illegalità che qui ha messo da tempo radici profonde, e che sta diventando sempre più pericoloso.
E dice poco, questa Prato distratta e superficiale, sul riciclaggio di denaro guadagnato illegalmente (due miliardi la sti- ma dei ricavi sottratti al fisco), sui centinaia di operai senza contratto che danno linfa ai laboratori in cui si cuciono abiti a 1 euro, sui mutui da 200mila, 300mila e addirittura 400mila euro concessi dalle banche (tutte le principali) a cittadini cinesi che presentano dichiarazioni dei redditi da fame.

Ê come se la città si fosse assuefatta a una malattia pestilenziale, seduta su un bubbone inoperabile, adattata a un desti no infausto. Tacciono le forze economiche, continuando ad agitare (da 10 anni) la bandiera della possibile integrazione tra tessile pratese e abbigliamento low cast cinese. Tacciono i sindacati, sempre poco interessati a una comunità che non porta tessere. Tacciono i magistrati, le forze di polizia, le istituzioni locali, i politici di nuova e vecchia elezione, gli enti religiosi e le associazioni noprofit di destra e di sinistra. Tutti muti, senza voglia di ribellarsi, di fare appelli, di lanciare allarmi, di fare domande e esigere risposte. Solo l'assessore-sceriffo Aldo Milone continua a urlare, quotidianamente, contro l'illegalità cinese di ogni ordine e grado, prendendosi le battute di chi lo liquida come colui che ha legato la sua stessa sopravvivenza alla lotta contro i cinesi. Ieri il gruppo interforze ha sequestrato un capannone di 500 metri quadrati che ospitava un'azienda cinese in cui lavoravano (anche) sei clandestini. Cucivano maglie per un committente italiano, un maglificio di Agliana che si è giustificato dicendo di aver ottenuto dalla ditta cinese il Durc, il documento unico di regolarità contributiva che attesta il pagamento dei contributi dei dipendenti. Di quelli in regola, naturalmente: gli altri non interessano, ed è meglio non vederli. E qui sta l'altro bandolo della matassa: la connivenza di quella parte (piccola, per fortuna) di città che sulle spalle dei cinesifa soldi e fortuna. Un intreccio ine- stricabile guidato dal profitto, che pochi sembrano interessati a disboscare. «Sporcarsi» le mani per combattere la ragnatela di illegalità cinese è faticoso e rischioso. In un'altra fase storica Prato ci avrebbe provato, e forse avrebbe vinto. Oggi, acciaccato dalla crisi economica e guidato dagli interessi di bottega, ha deci- so che la rassegnazione è meglio della pro- testa. E ha scelto il silenzio.


Silvia Pieraccini

Corriere Fiorentino 28 Marzo 2013

Nessun commento:

Posta un commento