fonte: giornalettismo.com |
...Quella è una fabbrica
che produce il pronto-moda a prezzi imbattibili, che sta mettendo in ginocchio
l'economia italiana del settore due volte: una, perchè stampa il marchio
"made in Italy" potendolo fare con prodotti di bassa qualità e quindi
sottrae all'immagine dell'Italia il suo insostituibile valore aggiunto; l'altra,
perchè veicola le proprie merci e sta dando un enorme contributo alla
diffusione della illegalità facendo affari con la criminalità organizzata
italiana. Un metro di tessuto per realizzare questi capi costa, all'origine, in
Italia, 5 euro dal miglior offerente. In Francia costa 4,75 euro. In Germania
ne costa 5,22. In Olanda 4,80 euro. I cinesi lo pagano 54 centesimi di euro. Tonnellate di questi
tessuti arrivano via nave nei porti di Napoli, Genova, Ancona. (Sergio Di Cori
Modigliani)
No, siamo europei, parliamo di spread, quei cinesi sono
crepati producendo PIL, magica parola che tutto racchiude, benessere, gioia di
acquistare, vacanze al mare sfrecciando in autostrada su auto con marchi ariani
ma costruite in magari in Cina o in Albania. Una contraddizione in termini la
nostra, fabbriche che vanno a costruire made in italy in Albania, cinesi che
vengono a farsi torturare ed ammazzare da altri cinesi in Italia, nel regno del
tessile, fabbricando italici capi d’abbigliamento. Già, loro si che sono
autarchici, fanno tutto in casa, arrivano chissà come da immigrati, comprano tutto
il comprabile con quattrini contanti, chiamano loro operai a lavorare in Italia
con salari cinesi, dormono, mangiano, fanno l’amore, accudiscono figli dentro i
capannoni stessi, accanto ai telai, altro che privacy, altro che umanità nel
bel paese. Ma noi siamo in Italia, non in una provincia sprofondata di qualche
landa desolata dove i controlli non esistono, siamo nella civile Toscana,
vicinissimi alla stupenda Firenze. Qui ci sono le ASL che funzionano, la
Guardia di Finanza che controlla. Qui ci sono amministrazioni sedicenti
illuminate. Qui c’è la culla della lingua italiana e della civiltà. Qui ci fu
il Magnifico Lorenzo e il Rinascimento. Quanto è corta la memoria di un popolo?
Abbiamo cassato tutto con una spugna, cancellato le vittorie dell’intelligenza,
ridotto l’arte ad inutile orpello. Abbiamo svenduto principi ed ideali in nome
del PIL. E, perchè no? Della corruzione
che pervade ed invade.
Perchè, soprattutto chi ha consentito questa deriva italiana?
Siamo complici di queste morti. Quali
amministratori, quali controllori non hanno fatto il loro lavoro? Quali banche
concedono prestiti a cittadini senza porsi il problema etico di come vengono
utilizzati? Siamo già terzo mondo, quello dell’economia incontrollabile e
padrona di ogni cosa, siamo a pieno diritto nell'Europa che tanto piace ai
banchieri, quella dei poveri cristi che possono crepare sotto un capannone e
dei grandi capitali che viaggiano indisturbati. Siamo nell'Italia che tassa le pensioni
minime e gli appartamentini ed esenta le ville di Arcore. L’Italia di Equitalia
che sequestra la Panda di chi non paga il bollo auto e consente a criminali,
siano essi schiavisti cinesi o di Nardò poco importa, di fare i loro porci
comodi. Nei TG quei vigili che facevano banalmente un
lavoro di controllo sui capannoni abitati da cinesi aprivano sconsolati le
braccia: “è così ovunque”. Chiunque sia passato da Prato ed abbia parlato con
abitanti della città avrebbe potuto sapere dove, come e quando. Ogni cittadino
di quella città conosce, solo chi deve controllare non sa? I cinesi, è vero,
non concedono spazi alla conoscenza delle loro cose, dei numeri, quelli deve
controllarli chi di dovere, sono chiusi nelle loro tribù, però come possono
acquistare capannoni, come possono far
uscire la notte TIR carichi di merce Vedi: conversazione con Adriano Sofri senza che nessuno se ne accorga? Non esistono dati ufficiali,
non controlli sui camion che girovagano per Prato? Nessuno si chiede come mai una
parete di cartongesso celi dei veri e propri loculi per dormire?
O
forse è vero quanto sostiene Cremaschi su Micromega:
Si è messo l’accento sulla particolare chiusura in sé della comunità cinese, fatto assolutamente vero, quasi per derubricare quanto avvenuto. E soprattutto per non affrontare la questione vera, che in Italia la produzione industriale e il lavoro nei servizi stanno affondando nelle condizioni di quello che una volta si chiamava terzo mondo.
Si è messo l’accento sulla particolare chiusura in sé della comunità cinese, fatto assolutamente vero, quasi per derubricare quanto avvenuto. E soprattutto per non affrontare la questione vera, che in Italia la produzione industriale e il lavoro nei servizi stanno affondando nelle condizioni di quello che una volta si chiamava terzo mondo.
Stiamo veramente scivolando verso il terzo mondo o ci siamo
dentro fino al collo? Quando due statisti europei possono ridere dell’Italia,
vuol dire che l’Italia è scivolata in basso, troppo.
Quei cinesi morti meritano, come tutti gli immigrati crepati
in mare e i loro colleghi e amici sopravvissuti e rinchiusi in centri di
accoglienza indecenti, tutta la solidarietà possibile. Offriamo loro, quanto
meno, funerali di Stato. La pietà, in fondo, non basta e non serve a nulla. Si
abbia pena per le cose maltrattate, per gli animali magari, non per le persone.
Non fanno pena, meritano rispetto. Fanno incazzare questi episodi. Riprendere
l’indignazione fra le mani sarebbe buona cosa. Questo PIL creato in Itali fa
veramente schifo, quasi quanto gli amministratori che sapevano e non hanno
controllato, quasi come le banche che prestano soldi alle mafie e agli
schiavisti e negano il mutuo ad un impiegato. Ma dai, domenica ci sono le
primarie e ci sarà anche il comizio di un fuorilegge condannato per aver
truffato lo stato. Abbiamo altri problemi noi, altro che parlare di sei miseri
cinesi. Quei cadaveri puzzano, non meritano neppure la visita di un
sottosegretario, altro che del Presidente del Consiglio! Puzzano di ipocrisia
italiana!
Quello che segue è l’articolo della giornalista Silvia
Pieraccini:
ORRORI A CHINATOWN NEL
SILENZIO DI PRATO
Un altro cittadino cinese
è morto nel silenzio della comunità di cui faceva parte. Ma anche nel silenzio
della città in cui viveva , lavorava, soffriva. Nel silenzio di quella Prato
tradizionalmente operosa e attenta che è capace di indignarsi per i (presunti)
valori troppo alti della diossina dell'inceneritore di Baciacavallo, per gli
scarsi controlli dell'Europa sulle merci in arrivo dalla Cina, per le linee
soppresse degli autobus e per le buche nelle strade, ma non dice nulla o quasi
sui morti cinesi, sugli schiavi cinesi, sugli sfruttatori cinesi, sugli evasori
cinesi, tutti «prodotti» di un medesimo sistema organizzato di illegalità che
qui ha messo da tempo radici profonde, e che sta diventando sempre più
pericoloso.
E dice poco, questa Prato distratta e
superficiale, sul riciclaggio di denaro guadagnato illegalmente (due miliardi
la sti- ma dei ricavi sottratti al fisco), sui centinaia di operai senza
contratto che danno linfa ai laboratori in cui si cuciono abiti a 1 euro, sui
mutui da 200mila, 300mila e addirittura 400mila euro concessi dalle banche
(tutte le principali) a cittadini cinesi che presentano dichiarazioni dei
redditi da fame.
Ê come se la città si fosse assuefatta a una
malattia pestilenziale, seduta su un bubbone inoperabile, adattata a un desti
no infausto. Tacciono le forze economiche, continuando ad agitare (da 10 anni)
la bandiera della possibile integrazione tra tessile pratese e abbigliamento
low cast cinese. Tacciono i sindacati, sempre poco interessati a una comunità
che non porta tessere. Tacciono i magistrati, le forze di polizia, le
istituzioni locali, i politici di nuova e vecchia elezione, gli enti religiosi
e le associazioni noprofit di destra e di sinistra. Tutti muti, senza voglia di
ribellarsi, di fare appelli, di lanciare allarmi, di fare domande e esigere
risposte. Solo l'assessore-sceriffo Aldo Milone continua a urlare,
quotidianamente, contro l'illegalità cinese di ogni ordine e grado, prendendosi
le battute di chi lo liquida come colui che ha legato la sua stessa
sopravvivenza alla lotta contro i cinesi. Ieri il gruppo interforze ha
sequestrato un capannone di 500 metri quadrati che ospitava un'azienda cinese
in cui lavoravano (anche) sei clandestini. Cucivano maglie per un committente
italiano, un maglificio di Agliana che si è giustificato dicendo di aver
ottenuto dalla ditta cinese il Durc, il documento unico di regolarità
contributiva che attesta il pagamento dei contributi dei dipendenti. Di quelli
in regola, naturalmente: gli altri non interessano, ed è meglio non vederli. E
qui sta l'altro bandolo della matassa: la connivenza di quella parte (piccola,
per fortuna) di città che sulle spalle dei cinesifa soldi e fortuna. Un
intreccio ine- stricabile guidato dal profitto, che pochi sembrano interessati
a disboscare. «Sporcarsi» le mani per combattere la ragnatela di illegalità
cinese è faticoso e rischioso. In un'altra fase storica Prato ci avrebbe
provato, e forse avrebbe vinto. Oggi, acciaccato dalla crisi economica e
guidato dagli interessi di bottega, ha deci- so che la rassegnazione è meglio
della pro- testa. E ha scelto il silenzio.
Silvia Pieraccini
Corriere Fiorentino 28
Marzo 2013
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