L’amica che incontro fuori, dietro la coltre di fumo di
sigarette, non la vedevo da almeno un paio d’anni. Ci salutiamo e le chiedo: “Anche
tu qui?” “E’ l’ultima speranza che rimane prima del baratro”. Lei era una speranzosa
persona che fece parte del primo comitatone nazionale del PD, quello di Veltroni
che contava, se ricordo bene, 1200 persone contro le 250 del PC cinese.
Sappiamo la fine che hanno fatto quel PD, quel Veltroni, le speranze di milioni
di persone e noi tutti che ci siamo sorbiti Berlusconi ter quater e via
dicendo. La mia amica uscì dagli organismi dirigenti ed ora è
qui ad ascoltare Pippo Civati, al President. La sua ultima speranza!
La sala non è piccola, anzi, però è stipata all'inverosimile, ci sono centinaia di speranze lì dentro, neppure posti in
piedi ci sono più. “Mi aspettavo che ci fosse gente, però questo è superiore
alle mie previsioni” mi dice soddisfatto e quasi commosso Diego Dantes che del
comitato Civati è una delle anime. Qualcuno in realtà manca, il segretario
Marra, per esempio, fa sapere che lui è a casa e non ha nessuna intenzione di
frequentare postacci come quello. Ma il segretario non è il rappresentante di
tutto il partito? Capisco la dialettica, in fondo ci sono quattro mozioni,
quello che non comprendo è come mai un segretario non si senta in dovere di
venire a salutare due parlamentari del suo partito, è avvilente, dà
più di ogni altra cosa il senso di cosa sta diventando quest’ameba informe di
partito se non vincerà uno che ci crede veramente e che smazza le carte in modo
diverso. Forse Marra era alla ricerca di pullman che porteranno i cingalesi a
votare alle primarie? Chissà. O forse erano tutti impegnati a contare le tessere
invendute?
Si inizia, come Salento insegna, con un’ora di ritardo a
causa di precedenti ritardi. Poveracci i magliesi, Civati partirà da Lecce alle
23 per andare là.
Intervengono nell’ordine l’assessore regionale Elena Gentile,
Corradino Mineo e Pippo Civati a chiudere. La Gentile sostiene Civati perchè “la
politica deve uscire dal perimetro stretto di una sinistra non radicata fra le
persone”, deve diventare la sinistra dei diritti: sanità, istruzione, welfare. E deve guardare al meridione come opportunità, anzichè come
problema. “Perchè oggi, nella crisi economica, esiste un problema settentrionale,
altro che meridionale” rintuzza Mineo. Per lui la scelta di sostenere Civati è
quella di uscire da una “soppressione della democrazia”. Perchè questa è stata
messa da parte dentro e fuori dal partito, fuori con il ventennio del peggior
premier, dentro con scelte come il voto sulla Cancellieri, estorto dai
dirigenti per non far cadere Letta, “perchè significava mettere da parte il
problema decadenza di Berlusconi”. e ancora sulla Cancellieri: “non è tollerabile la
collusione di un ministro con i corruttori...” lo stesso successe con Alfano e il caso
della mamma cacciata nelle galere di un dittatore con la sua figlioletta. E la
democrazia è bloccata fuori dal partito, perchè il parlamento vota solo
decreti. Ed è bloccata perchè si sono disattese le promesse elettorali, “in
campagna elettorale avevamo promesso Mai con Silvio. Eccoci qui con Alfano. Poi
ancora debbono spiegare il perchè del no a Rodotà, soprattutto debbono uscire
fuori i 101 che hanno voluto ad ogni costo spingere verso il governo con Berlusconi”
.
Poi Civati è intervenuto brillantemente, molta ironia nelle
sue parole “questa campagna per le primarie costa pochissimo, sicuramente meno
di quanto spendono alcune federazioni per comprare tessere” e ancora “il Papa
telefona a casa alle persone, il PD qualcuno lo sente? Dobbiamo tornare nelle
federazioni, nelle sedi, fra le persone. Sono stato in una provincia un pò
defilata, un anziano mi ha detto che l’ultimo dirigente nazionale che andò a
parlare con loro fu Pajetta...” il PD che sogna Civati è quello che deve fare
la riforma elettorale, che deve allearsi con SEL e con le sinistre, che deve
occuparsi di infrastrutture utili, anzichè della TAV, fare la banda larga,
potenziare il trasporto locale e via dicendo. Ma tutto questo è solo un libro
dei sogni se i dirigenti non si muovono, se vanno in piazza solo in campagna
elettorale e poi fanno camarille in Parlamento.
Un libro dei sogni, forse, conoscendo i meccanismi perversi
che guidano il partito a livello locale. Chissà se la mia amica è rimasta folgorata. Io questi sogni forse li voterei, se non regnasse una rassegnata disillusione. E poi veramente mi sentirei a disagio a votare il segretario di un partito che non è mio. Questa scelta è molto veltroniana e renziana. E' molto populista.
Nessun commento:
Posta un commento