Secondo Eurostat L’Italia è all’ultimo posto
in Europa per
percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura(1,1% a fronte del 2,2% dell’Ue a 27) e al penultimo
posto, seguita solo dalla Grecia, per percentuale di spesa in istruzione (l’8,5% a fronte
del 10,9% dell’Ue a 27).
Dai dati emersi sul
gioco d’azzardo l’Italia si pone invece al primo posto per spesa pro capite in
Europa e al terzo al mondo, ogni cittadino, neonati compresi, si gioca ogni
mese 1260 euro.
Questi risultati sono
incredibilmente eloquenti, come si dice: “parlano da soli”. Però leggendo
ognuno si pone il problema di ragionarci. L'intervista di Saviano a Che Tempo
che fa di domenica 8 aprile è stata a suo modo istruttiva ed altrettanto eloquente, il suo nuovo
libro parla di narcomafie e del viaggio della coca nel mondo. Mille euro
investiti in azioni di un’azienda sanissima ed in ascesa possono fruttare in un
anno 600 euro di utile. Dignitosissimo se comparato ai furti legalizzati della
banche che hanno interessi da miseria e dalle quali forse è bene che i piccoli
risparmiatori escano in fretta. Gli stessi mille euro investiti in coca dove la
si produce, in un anno diventano 182.000. E sono implicate le mafie mondiali in
questo vorticoso giro d’affari. Soldi che diventano banche, industrie fatte per
riciclare, gioco d’azzardo (appunto). Diventano business, quello che tanto
amano i governi “tennici” (per dirla alla Berlusconi). Sembra ci sia un filo
rosso che lega la colpevole incultura in cui ci vogliono cacciare governanti
d’accatto e le mafie, investire in cultura non rende nell’immediato, dobbiamo inseguire lo spread e acchiappare denaro dove c’è e da qualunque parte arrivi,
in fondo avevano ragione i latini “pecunia non olet”. Pare esserci una
contraddizione in termini nei dati ufficiali: l’Italia detiene il 90% circa del
patrimonio artistico, architettonico e culturale del mondo ed è all’ultimo
posto per quanto riguarda la cultura. Quella che dovrebbe essere l’industria
principe, il maggior produttore di PIL e di indotto, diventa tout court un
costoso orpello dal quale liberarci in fretta, magari dandolo in gestione a
qualche privato che faccia un casinò a Pompei o che trasformi la cittadella di Alessandria (la più grande al mondo) in un ipermercato. Emblematica la posizione di
Silvio il breve quando andò a consolare i Lampedusani dicendo “faremo qui un
casinò”. Poi ha tolto l’accento sulla o finale ed ha lasciato così quei
poveretti a confrontarsi con la sua
inutile, dannosa (collusa?) incapacità di governare. Il problema è la filosofia
che si cela dietro le parole di un capo del governo, i quattrini li porterà il
gioco d’azzardo, non già il paesaggio, non la natura, non il mare, non le
tradizioni marinare, non il fatto di essere ponte di culture, macchè, una
colata di cemento e fiches di plastica. E’ un po’ l’effetto L’Aquila che ha
guidato i governi degli ultimi vent’anni: lasciar cadere una città con un
centro storico distrutto e costruire improbabili casette di cartongesso fuori,
in campagna, lasciando alla natura fare il suo corso e divorare un patrimonio
unico. Ci fosse stata oggi alluvione a Firenze, questi criminali della cultura
avrebbero mandato gli angeli del fango a salvare le slot machines anziché la
biblioteca. Siamo in un paese in cui l’indotto del turismo viaggia da solo e
grazie ad operatori privati, le città d’arte vivono quasi per inerzia le loro
ricchezze, anche se spesso fanno ogni cosa per maltrattare il turista, ricchezze acquisite ed evidentemente non meritate. I turisti (stranieri)
sanno di poter venire e vedere cose che in nessun altro luogo del mondo possono
osservare. Emblematica è la città di
Lecce chiamata, a torto o ragione, la Firenze del meridione. Il turista che
vuole arrivare in treno si trova poi immerso in un viaggio nell’assurdo, alla
stazione i bus urbani non hanno un punto informazione, se vuoi sapere dove vanno
i mezzi pubblici devi chiedere, e attenzione, se il turista tedesco o inglese è
fortunato incontrerà qualcuno che conosce la lingua, altrimenti sono affaracci
suoi, s’arrangi. E non parliamo del poveretto che si pone l’obbiettivo di
andare sul capo di Leuca usando mezzi pubblici, un’odissea vera e propria. Un
tempo qualche sognatore parlò di fare delle ferrovie del sudest una
metropolitana di superficie con corse regolari, oggi il tutto si è trasfomato
in un gioco a chi abbatte più ulivi secolari per favorire il traffico delle
auto e congestionare il resto del Salento. E’ vero, sembra proprio che i conti
tornino, la filosofia di voler spingere oltre ogni limite della decenza il
gioco d’azzardo e il tenere volutamente, pervicacemente, ostentatamente il patrimonio
culturale ed etico sotto le scarpe è un tutt’uno. Trasformare i disvalori
(giocare a soldi) in quotidianità, accettare supinamente che le malavite
inondino le banche e le aziende di denaro fresco, si approprino della
politica piano piano e nel contempo abolire tutto ciò che è cultura nel senso
più ampio di crescita etica è un comportamento un tempo ascrivibile alle
peggiori dittature sud americane, oggi è diventata prassi comune. Una volta si
diceva “il padrone conosce mille parole, l’operaio cento, per questo lui è il
padrone”, un tempo si diceva di dare alla plebe “panem et circenses”, quando
leggevamo queste cose sorridevamo, oggi è diventata prassi comune anche delle
democrazie "illuminate" offrire cricenses e ridurre a 70 le parole utilizzate. In questo quadro molto del disastro etico è ascrivibile
anche ai non berlusconcini, a quelle sinistre che hanno accettato (quando non
esaltato con la creazione delle sale bingo di dalemiana memoria in avanti) questo
stato delle cose, perché sempre più si è fatta largo l’idea e la prassi che a
governare debbono essere i finanzieri d’assalto, gli speculatori e, per
conseguenza, la corruzione. E sempre più un'Europa pervicacemente appiattita sul pareggio di bilancio ad ogni costo è convinta che pecunia non olet.
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