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sabato 19 gennaio 2013

Lecce, Ida Dominijanni e Pavlov


Era giovedi 17 gennaio, all’interno dell’Open Space in Piazza Sant’Oronzo c’era Ida Dominijanni già giornalista de Il Manifesto, ora candidata al Senato per SEL, che dialogava su: Rappresentanza/autorappresentazione nel femminismo di oggi. L’organizzazione era della Casa Delle Donne di Lecce.
Il dibattito è stato veramente alto, la sala era stracolma con molti ascoltatori costretti a stare in piedi, ma questo è un bene quando la disillusione pare essere il denominatore comune, significa voglia di comprendere, forse di cambiare.
Il dibattito si è snodato su differenza di genere, rappresentanza, è passato attraverso impietose analisi sul ventennio appena trascorso e sulle verticali ascese e cadute del machismo arcoriano, sulle speranze e sui “desideri” di rappresentanza.
E’ stata discussione molto sentita. Dopo l’introduzione di Irene Strazzeri e l’intervento della Dominijanni le domande dal pubblico sono arrivate assieme alle riflessioni. Insomma, che all’interno dell’Open Space si parlasse di politica pareva cosa ovvia e scontata anche per l’uditore più inesperto e distratto.
Esistono computer che sono programmati per prelevare dalle mail o dagli scritti in genere, della parole dette “sensibili”. Quando ne leggono una immediatamente segnalano a chi di dovere. Il computer, lo sappiamo, non è una macchina intelligente, è programmata. Se io scrivo, per fare un esempio, di una “rivoluzione intestinale che mi ha bloccato a casa”, c’è il rischio che il computer addetto alla sorveglianza estrapoli la sola parola “rivoluzione” prescindendo dal discorso che sicuramente è complesso per un automa programmato a tale scopo.
Sono altresì noti gli studi di Pavlov sugli animali che rispondono a stimoli esterni. Il campanello suonato quando si porta il cibo diventa esso stesso simbolo del pasto, al punto che il solo ascolto del campanello porta il topolino alla ciotola. Se allo stesso topino facciamo ascoltare Uto Ughi nella sua mirabile interpretazione di Sonata a Kreutzer sicuramente rimarrebbe immobile a farsi gli affari suoi. Ebbene, all’Open Space, giovedi, abbiamo potuto verificare che Pavlov aveva ragione. E’ successo che in un intervento dal pubblico si dicesse “da tempo io non voto perché…” a quel punto l’addetto alla sala, un signore con sciarpa e barba che è stato tutta la sera ad armeggiare con un computer, esplode letteralmente, esce da dietro il bancone ed urla “qui dentro non si fa politica”. Dopo due ore in cui si faceva politica. La parola magica è stata sicuramente “voto”. Probabilmente era programmato anche per “sinistra” “elezioni” e forse per “rosso”. Dovremo verificarlo.
La domanda è una sola: se si concede una sala ad una candidata al Senato e notissima giornalista politica, qualcuno pensa che venga a raccontare la ricetta delle sagne ‘ncannulate?   

1 commento:

  1. Questa è Lecce, Gianni. In una città dove storicamente politica è stato sinonimo di maneggio, di affarismo, anche il solo proferire la parola attiva dei sensori di uno strano pudore. Come se si dicesse cacca in chiesa :)

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