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venerdì 25 gennaio 2013

Da: Lettere di condannati a morte nella resistenza europea

Miei cari genitori,


se il cielo fosse carta e tutti i mari del mondo inchiostro, non potrei descrivervi le mie sofferenze e tutto ciò che vedo intorno a me. Il campo si trova in una radura. Sin dal mattino ci cacciano al lavoro nella foresta. I miei piedi sanguinano perché ci hanno portato via le scarpe. Tutto il giorno lavoriamo quasi senza mangiare e la notte dormiamo sulla terra - ci hanno portato via anche i nostri mantelli.

Ogni notte soldati ubriachi vengono a picchiarci con bastoni di legno, e il mio corpo è nero di lividi come un pezzo di legno bruciacchiato. Alle volte ci gettano qualche carota cruda, una barbabietola, ed è una vergogna: ci si batte per averne un pezzetto e persino qualche foglia. L’altro giorno due ragazzi sono scappati, allora ci hanno messo in fila e ogni quinto della fila veniva fucilato. Io non ero il quinto, ma so che non uscirò vivo di qui.

Dico addio a tutti e piango.

Chaìm.

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