Il 21 gennaio 1921 a Livorno, nasce il Partito Comunista d’Italia
da una scissione guidata da Gramsci e Bordiga al 17° congresso del PSI. Guidato
in un primo tempo da Amadeo Bordiga, nel congresso di Lione (clandestino) del
1926, cambiò rotta votando le tesi di Gramsci. Bordiga e i suoi vennero accusati di
settarismo. Nel 1930 Bordiga venne espulso dal Partito con l’accusa di
Trotskismo. Darà poi vita in Francia alla rivista Prometeo e nel dopoguerra al
Partito Comunista Internazionalista.
Negli anni ’50 e ’60 ci fu discussione accesa sui rapporti
con l’URSS, poi per i fatti di Ungheria e ancora fino alla primavera di Praga,
tutti sconvolgimenti che vedevano l’imperialismo sovietico dilagare al pari e
parallelamente a quello USA nel centro sud America. Ci furono uscite dal partito (Italo
Calvino per citarne uno) ed espulsioni (Rossanda e il gruppo fondatore de Il
Manifesto).
Comunque il PCI rimase il secondo partito italiano, giungendo al suo apice nel 1976 con il 34,4% dei consensi. A chiuderlo definitivamente ci pensò Achille
Occhetto che svoltò e fondò il PDS (Partito Democratico di Sinistra) nel 1991.
Da allora la caduta è stata verticale, anche in considerazione del fatto che con
la svolta “modernizzatrice” si chiusero i rapporti con le persone, le sezioni e
tutto l’apparato che aveva tenuto in vita il Partito fino ad allora. Il resto è
storia contemporanea.
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