“Lecce, stazione di Lecce”… Benvenuti nel far west. Mancano
i cavalli, il resto c’è: facce serie, persone appoggiate stancamente fuori
dall’atrio con litri di birra attorno, la sigaretta accesa che non penzola più
dalle labbra come un tempo, però sta mollemente fra le dita. All’interno della
stazione due clochard bivaccano sulle panche di metallo mangiando e dormendo.
Il bar tabacchi pare un posto di frontiera… sembra calle mai più… Chi ti vende
sigarette non sorride mai, per nessun motivo. Ogni tanto ti guardi attorno
aspettando un attacco degli cheyenne. Mentre aspetti un treno che ti cullerà
per tre ore, oltre il libro, pensi di comprarti la settimana enigmistica (che
vanta migliaia di tentativi di imitazione), cerchi l’edicola che se ne sta
nascosta alla vista, proprio come un sexy shop. Arrivi ed è tristemente chiusa.
Benvenuti turisti nella città barocca… città di frontiera. Il cartello recita
più o meno così: “Siamo chiusi perché il distributore non ci consegna i
giornali per mancati pagamenti. Tardiamo a pagare perché Trenitalia non ci dà
un luogo più visibile per vendere giornali”. Mentre girovago fra negozi delle
centostazioni italiche che sono desolatamente vuoti (dov’è finita la
parafarmacia?), un ragazzino guizza nell’atrio con la sua bicicletta, guarda i
tabelloni con gli orari senza fermarsi, in un surplass fra le persone con
trolley e borse. Unico negozio superstite in tanta desolazione è di un noto
marchio di telefonia mobile. D’altra parte siamo nel paese in crisi che fa la
coda per l’iphone 5.
Due biglietterie aperte, ognuna con un cliente, la coda
dietro (siamo città turistica, perbacco). La conversazione fra lo spacciatore
di informazioni e biglietti e il cliente pare piacevole, ridono anche a volte. “Lecce,
stazione di Lecce”, arriva il turista; che non gli venga in mente di cercare un
bancomat, col piffero che lo trova. E se deve prendere il bus urbano sia
cosciente dei percorsi, magari si
procuri una piantina della città, acquistata in edicola ovviamente. Le
informazioni alle fermate bus sono inquietanti: il 30 passa ogni tot minuti e
va in quel luogo. Se hai destinazione diversa da quella di arrivo e partenza
sono affaracci tuoi. A meno che confidi nella bontà d’animo degli autisti in
sosta che hanno i compiti di: guida, biglietteria, sorveglianza per verificare
se i passeggeri hanno il biglietto (è successo. Un autista ferma il mezzo e
richiama tre studenti per vedere i loro biglietti), informatore turistico. E
magari fare un po’ di assistenza sociale perché non si sa mai.
E mentre aspettavo il mio treno per fuggire via, calava la
sera dolcemente, settembrina, tiepida… i tipi fuori dal bar con le birre si
muovevano. Ed io andavo verso il binario 3 pensando al duello rusticano che si
stava preparando là fuori. “Fra viale Gallipoli e il west”. E così questa
volta non ce la prendiamo con i disservizi della città di Lecce, ma con
Trenitalia. A parte insignificanti dettagli: a chi spetta l’asistenza ai
clochard? A chi l’informazione ai turisti? E la mancanza di dettagli sulle
corse dei bus urbani? Mah, mistero. Aspettiamo con ansia l’esattore con la
sbarra a chiedere l’obolo chiamato tassa di soggiorno: “Quanti siete? Da dove
venite? Dove andate? Un fiorino….” Lecce, Stazione di Lecce, qui finisce il
mondo! Ultima nota: dalla stazione passa il filobus, se non è innovazione
questa….
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