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giovedì 4 ottobre 2012

Stazione di Lecce, il Far West nostrano


“Lecce, stazione di Lecce”… Benvenuti nel far west. Mancano i cavalli, il resto c’è: facce serie, persone appoggiate stancamente fuori dall’atrio con litri di birra attorno, la sigaretta accesa che non penzola più dalle labbra come un tempo, però sta mollemente fra le dita. All’interno della stazione due clochard bivaccano sulle panche di metallo mangiando e dormendo. Il bar tabacchi pare un posto di frontiera… sembra calle mai più… Chi ti vende sigarette non sorride mai, per nessun motivo. Ogni tanto ti guardi attorno aspettando un attacco degli cheyenne. Mentre aspetti un treno che ti cullerà per tre ore, oltre il libro, pensi di comprarti la settimana enigmistica (che vanta migliaia di tentativi di imitazione), cerchi l’edicola che se ne sta nascosta alla vista, proprio come un sexy shop. Arrivi ed è tristemente chiusa. Benvenuti turisti nella città barocca… città di frontiera. Il cartello recita più o meno così: “Siamo chiusi perché il distributore non ci consegna i giornali per mancati pagamenti. Tardiamo a pagare perché Trenitalia non ci dà un luogo più visibile per vendere giornali”. Mentre girovago fra negozi delle centostazioni italiche che sono desolatamente vuoti (dov’è finita la parafarmacia?), un ragazzino guizza nell’atrio con la sua bicicletta, guarda i tabelloni con gli orari senza fermarsi, in un surplass fra le persone con trolley e borse. Unico negozio superstite in tanta desolazione è di un noto marchio di telefonia mobile. D’altra parte siamo nel paese in crisi che fa la coda per l’iphone 5.
Due biglietterie aperte, ognuna con un cliente, la coda dietro (siamo città turistica, perbacco). La conversazione fra lo spacciatore di informazioni e biglietti e il cliente pare piacevole, ridono anche a volte. “Lecce, stazione di Lecce”, arriva il turista; che non gli venga in mente di cercare un bancomat, col piffero che lo trova. E se deve prendere il bus urbano sia cosciente  dei percorsi, magari si procuri una piantina della città, acquistata in edicola ovviamente. Le informazioni alle fermate bus sono inquietanti: il 30 passa ogni tot minuti e va in quel luogo. Se hai destinazione diversa da quella di arrivo e partenza sono affaracci tuoi. A meno che confidi nella bontà d’animo degli autisti in sosta che hanno i compiti di: guida, biglietteria, sorveglianza per verificare se i passeggeri hanno il biglietto (è successo. Un autista ferma il mezzo e richiama tre studenti per vedere i loro biglietti), informatore turistico. E magari fare un po’ di assistenza sociale perché non si sa mai.
E mentre aspettavo il mio treno per fuggire via, calava la sera dolcemente, settembrina, tiepida… i tipi fuori dal bar con le birre si muovevano. Ed io andavo verso il binario 3 pensando al duello rusticano che si stava preparando là fuori. “Fra viale Gallipoli e il  west”. E così questa volta non ce la prendiamo con i disservizi della città di Lecce, ma con Trenitalia. A parte insignificanti dettagli: a chi spetta l’asistenza ai clochard? A chi l’informazione ai turisti? E la mancanza di dettagli sulle corse dei bus urbani? Mah, mistero. Aspettiamo con ansia l’esattore con la sbarra a chiedere l’obolo chiamato tassa di soggiorno: “Quanti siete? Da dove venite? Dove andate? Un fiorino….” Lecce, Stazione di Lecce, qui finisce il mondo! Ultima nota: dalla stazione passa il filobus, se non è innovazione questa….      

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