Il pezzo che speravo di non scrivere.
Sabato cinque maggio 2012, vigilia di elezioni
amministrative a Lecce. Se invierò questo pezzo lunedi vorrà dire che il centro
destra rimane saldamente al Comune nonostante il filobus, Via Brenta, i BOC,
nonostante gli scivoloni sulla
“signorina Vendola”. E vorrà dire che il centro sinistra ha perso un’occasione
epocale di svolta. Mentre scrivo sono
assolutamente pessimista che a Lecce torni un’amministrazione diversa da quella
delle destre. Lo sono perché la campagna elettorale è stata stanca, povera. Perché
annotavo errori di comunicazione quasi dilettanteschi di una parte importante
del centro sinistra. Dal famigerato “cumandamu nui” in un manifesto viola (il
colore del lutto) alla “vela”, quel camion con i sei per tre che hanno invaso e
pervaso le strade di Lecce, che aveva scritte talmente fitte da risultare
illeggibili su un mezzo in movimento. Dall’eccesso di demagogia ostentato nei
comizi che contrastava con i tentativi di altri candidati di dire cose diverse,
altre, di entrare nel cuore dei problemi e delle persone.
Soprattutto ho notato,nel lungo mese di volantini
spiaccicati sui parabrezza, stucchevoli mezzi di comunicazione utilizzati dalle
destre in spregio alle ordinanze comunali che li vietavano e nell’apparente
silenzio di chi doveva vigilare, il distacco delle persone dai candidati.
La caduta verticale di tensione arrivò la sera stessa delle
primarie del centro sinistra. Nel mese precedente si era accesa un’attesa e una
partecipazione pari a quelle della fabbrica di Nichi. Giovani e trasversalità caratterizzarono
quel periodo. Fino alla giustissima (quanto inattesa) scelta delle liste che
appoggiavano Salvemini a fondersi in una sola lista civica “Lecce Bene Comune”
rinunciando addirittura ai simboli. Un passo avanti epocale per sinistre squarciate,
divise, lacerate dai leaderismi. Salvemini era riuscito a tutto ciò ed aveva
coalizzato una speranza. La vittoria di Loredana Capone e della politica antica
del PD, la vittoria alle primarie ottenuta con stratagemmi, dicono voci
ricorrenti, strani, ha segnato l’inizio del “turiamoci il naso” di antica
memoria. Lo vedevo entrando nei comitati elettorali del centro sinistra dove
l’80% dei presenti mi diceva che non sarebbe stato possibile superare il primo
turno. Così è stato. Ho dovuto dire più volte “per favore, sorridete”, In un
comitato non è plausibile accogliere chi entra con il volto scuro e tetro. Non
si tratta di negare la difficoltà, comunicazione vuole però che si provi a dare
una speranza. Se si può fare, magari uno si sforza per farlo, se i candidati
sono cupi e tristanzuoli viene e spontaneo dire “andiamo al mare se è bel
tempo?” Mentre prima il PD non riusciva a trovare uno
straccio di candidato contro Salvemini, mentre rincorreva avvocati ai doppi
nomi, fino all’occhiolino alla Poli Bortone, e poi improbabili altri candidati,
intervistai il segretario cittadino Marra, mi disse che le primarie non erano
evitabili perché a Lecce non c’era un candidato unitario. Il candidato unitario
non c’era perché lo stato maggiore del PD non lo voleva. Passarono ancora molti
giorni perché il suo partito raccattasse
la candidatura Capone. Semplicemente si voleva portare avanti con ogni
forza il teorema D’Alema Boccia. Poco
importa quanto appeal avesse il candidato, a Lecce l’elettorato alle primarie è
controllabile e questo basta.
In quel periodo venne a mancare anche l’appoggio di Vendola
che non voleva (o non poteva?) appoggiare apertamente chi stava contro la sua
vice. Però SEL lo sosteneva apertamente, si è trattato di una scelta che
definire debole e inspiegabile è voler essere buoni. Il risultato di queste
capriole è oggi più che mai evidente. Certo, le destre hanno mostrato i muscoli
e i quattrini. Chi vedeva buste passare di mano in noti hotel, chi diceva di
cento euro promessi. E chissà se qualcuno andava nelle macellerie, come già un
noto esponente politico di una città definita “bella” dicendo “Il conto delle
signore lo pago io”.
Se lunedi sera il risultato sarà quello che temo, è
auspicabile che il centro sinistra, segnatamente nel suo partito più
importante, dovrà porsi il problema di uno svecchiamento non tanto e non solo
anagrafico, piuttosto di contenuti. Forse è tempo che chi sbaglia prenda in
considerazione un passo laterale.
Che Lecce sia una città di destra può essere una favola per
pulirsi le coscienze, ogni città ha la voglia e merita l’opportunità di avere
governanti onesti, puliti, capaci. Lecce è una delle città più
meravigliosamente belle d’Italia.
Mentre scrivo, ovviamente, non conosco il peso del non voto
e dell’antipolitica e del protoleghismo di Regione Salento e dei
grillini, temo però saranno pesanti eredità di una classe politica nazionale
incapace, inetta, fondamentalmente disonesta al punto da non voler ammettere i
privilegi di cui gode alla faccia di chi soffre una crisi economica senza fine.
Oltre che di un mancato riconoscimento dell’alternativa proposta. Piccoli,
insignificanti esempi sono proprio quei volantini sulle auto, loro sanno che
stanno violando le leggi e le ordinanze, ma lo fanno egualmente perché hanno la
garanzia dell’impunità . Loro si sentono
più forti, più furbi, più belli. Proprio come chi assumeva stallieri nella sua
villa lombarda. Tranquilli leccesi, se
avevate paura per il filobus potete mettervi tranquilli, tutto sarà come prima,
anzi, meglio.
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