Perrotta legge Bodini. C’è arte
e mestiere, c’è lo sguardo che corre nella
platea del Paisiello. L’attore di teatro deve studiare, deve essere artista per
saper dire, deve essere artigiano ed avere una sua “manualità” nell’avvicinare
gli spettatori al suo messaggio. Perrotta riesce magnificamente in tutto ciò.
Così l’Arneide passa da lui alle persone sedute in teatro. Bodini il poeta, il
traduttore del Don Chisciotte (per dirlo in spagnolo: El ingenioso hidalgo don
Quijote de la Mancha), il giornalista che in quell’inverno del 1951 sfidò i blocchi
dei carabinieri per arrivare in bicicletta, a narrare le biciclette bruciate ai
rivoltosi dell’Arneo, descrisse come un poeta e uno scrittore sanno fare, i suoi reportages sono storia e rimangono
pezzi indispensabili per capire.
Non è un caso che Mario Perrotta li abbia
scelti, perché lui da sempre parla del Salento e dialoga con la sua terra, dice
di emigrati e minatori. Non poteva limitarsi a leggere il Bodini poeta, Mario quel
Salento che si ribella, che emigra con
le sue contraddizioni e la sua forza, se lo porta nel cuore.
Ricordo una serata organizzata la
scorsa estate dai ragazzi (ragazzi… passiamola) del Fondo Verri, “Le biciclette
di Bodini” si intitolava. Si sarebbero divertiti anche Bodini e Perrotta quella
sera, perché la lettura non potè proseguire; nello stupendo giardino che ci
ospitava qualcuno non aveva spento il timer per l’irrigazione dell’erba sulla
quale eravamo seduti. Dovemmo fuggire precipitosamente dall’acqua che arrivava
da sotto le seggiole.
Le parole di venerdi 20 aprile al
Paisiello trafiggono con una storia
pesante, importante. “Io, salentino, che non sapevo neppure dell’esistenza
dell’Arneo, l’ho imparata da Bodini” diceva Mario in una brevissima premessa.
Una storia che qualcuno voleva “altra” diventa grande. Il mestiere del
giornalista che racconta quel che vede ,anche se vedere è spesso rischioso, ben
lo sappiamo in questi tempi scuri per i territori in guerra.
Poi le letture si sono snodate su
temi più leggeri, su altre parole di Bodini, quelle fra il serio e l’ironico.
L’ultimo pezzo è stato la rilettura di una lunga lettera di Bodini stesso ad un
giornale, si inseriva in una dotta disquisizione pubblicata su quelle pagine da
intellettuali, il tema era “Il significato della parola Poppetu” e della
poppetudine.
Io, piemontese, incontrai Mario
Perrotta per caso, mentre guidavo, lui parlava dentro la radio. “Ma chi diavolo
è questo?” mi chiedevo rimanendo calamitato da “Migranti express”, il viaggio
da Lecce a Milano, in treno, di lui bambino affidato ad altri migranti che l’accompagnavano.
Fu amore a primo ascolto. Fluivano le parole in quella radio e quando finiva la
puntata programmavo gli impegni del giorno successivo per farmi accompagnare in
un altro pezzo di viaggio. Una volta arrivai con un ritardo di mezz’ora ad un
appuntamento importante “il traffico, accidenti…” dissi. Invece era una
spudorata menzogna per non perdere Mario.
Emigrazione, Salento, però anche
altro teatro, quello che gli ha aperto le porte del mondo intero. Perrotta porta
in giro Aristofane, Moliere e Flaubert, e
i suoi monologhi parlano di storia e della contemporaneità. Affabulatore con un
ottimo mestiere, ironicamente incazzato,
guarda dritto negli occhi e racconta, e ascoltandolo si impara e si ha la
sensazione che lui, anche dal palco, cerchi e voglia imparare.
Mi disse in una lunga intervista
che si sarebbe preso qualche tempo di riposo, per dedicarsi alla diffusione del
suo lavoro in giro per i teatri. Ascoltandolo, leggendolo, mi perdoni Mario, ma
fatico a credergli. Non riuscirà a non farsi ammaliare da storie incontrate per
caso, ammesso che esista il caso e la sua non sia una ricerca continua. Mi
sento, tutto sommato, privilegiato per averlo ascoltato al Paisiello, piccola
bomboniera nel cuore della Lecce antica e delle sue contraddizioni, nel bel
mezzo di una campagna elettorale che nella sua stanchezza mi ha fatto dire
“meno male che c’è Mario”. E con l’auspicio che Lecce ed il Salento proseguano
nella riscoperta di questo salentino che non smette di dire che lui a Lecce
viene con piacere: “Chiamatemi, non mancherò”. E si che i suoi impegni, a leggere il sito (www.marioperrotta.com) sono tantissimi,
Da Rai tre a tarda notte per “Paradossi Italiani” alle sue tournèe che lo
vedono, solo nei prossimi giorni, impegnato ad Anghiari, Roma e Imperia.
La speranza è che veramente Lecce
non lo dimentichi, successe con Tito Schipa, poi con Carmelo Bene, la Lecce che
organizza, non certo quella del pubblico che applauede e cerca cultura. Perché perdere opportunità come queste? Il
teatro tutto, la cultura in generale, sono storia di Lecce, e parlo del
Koreja, dei finanziamenti che arrivano
male e sempre peggio. Ma parlo della gratitudine verso chi lavora in quei
settori, ci gloriamo di avere attori francesi o italiani che acquistano casa a
Lecce e vogliamo continuare a scordarci di chi da Lecce deve andarsene e viene
messo in un angolo della memoria anche se lo chiamano RAI o teatri di mezzo
mondo?
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