Nel mese della liberazione propongo un intervento di Maurizio Nocera
25 Aprile 2011
IL
CONTRIBUTO DEI SALENTINI ALLA LIBERAZIONE DELL'ITALIA DAL NAZIFASCISMO
Maurizio Nocera*
Ricorre quest'anno il 63° anniversario della
promulgazione della Carta Costituzionale, entrata in vigore l’1 gennaio 1948.
Si tratta di una data storica per il popolo italiano, che ancora una volta si
vede costretto a dover lottare per difenderla da chi la vorrebbe stravolger e deturpare. Per avere un'idea del periodo
incredibile che stiamo vivendo, si pensi, ad esempio, all'ultima assurda
proposta di un disegno di legge da parte di cinque dissennati parlamentai del
partito di Berlusconi, che vorrebbero depennare la XII norma finale della
Costituzione, che vieta la ricostituzione del disciolto partito fascista.
C’è chi crede che basti rivedere e cambiare
qualche titolo ad un libro di storia oppure raccontare una favola in più nel
tanto chiassoso, fastidioso, retorico e continuo apparire in pubblico, per
stravolgere il significato di eventi storici così grandi e così alti nella
coscienza civile degli italiani. Coloro che intendono stravolgere i significati
profondi della nostra storia e i principi sacrosanti della Carta fondamentale
dello Stato si sbagliano, perché la lotta di Liberazione e la Resistenza
partigiana, condotte con spirito di
abnegazione da centinaia di migliaia di uomini e donne in ogni parte d’Italia,
a volte fino all’olocausto della propria vita, sono tuttora valide, perché
validi sono ancora i presupposti su cui nacquero.
Quest’anno si celebra il 25 Aprile a Lecce, in
Piazza dei Partigiani, davanti alla Scheggia marmorea, sulla quale c’è incisa
nel bronzo l’epigrafe: «Con Amore perenne / da questa pietra / duri come essa
irriducibili / ancora Resistenti / all’odio all’arbitrio alla dissoluzione /
diciamo con umili nomi / con fede calda e infinita / l’invito ad opporsi ancora
/ e sempre / al pensiero superbo alla violenza / amando vivendo testimoniando /
invitta ed eterna / La Libertà». Sopra alla stessa targa bronzea c’è poi la
scritta incisa sulla pietra, che recita così: «Nel 40° della Costituzione
Repubblicana / Amministrazione Provinciale / Comune e Anpi di Lecce / dedicano
/ ai Martiri salentini / che offrirono energie / ideali e vita / alla lotta
contro il nazifascismo / per la Democrazia. / 27 marzo 1988».
Anche quella del 1988 è una data storica per la
città di Lecce, e per il Salento, una data che è lì a testimoniare l’olocausto
di tanti suoi figlie e figlie immolatisi sui campi di battaglia, sulle montagne
e nelle pianure d’Italia e d’Europa per porre fine ad un regime – quello fascista
e quello repubblichino – che con l’inganno e la violenza, per ben venti
lunghissimi anni, portò il nostro popolo al disastro più nero.
Chi conosce la provincia di Lecce, cioè gli oltre
cento e passa Comuni e Frazioni, sa che in nessuno di questi cari luoghi citati
c’è una lapide, un marmo, un cippo, una storia, un libro dedicato ad un
fascista o ad un repubblichino morto nella difesa e per l’onore della Patria,
morto nella difesa almeno dei suoi stessi ideali, morto per la libertà e la
democrazia del suo popolo. Qui è lì c’è erroneamente qualche strada intitolata
a qualche gerarca o qualche ambito similare, ma non c’è quella che sopra
indicavamo come storia, e se mai essa ci dovesse essere altro non è che una
storia negativa. Quindi non c’è, neanche andando a cercare una storia di questo
signor costui fascista o repubblichino. Tanto che se andassimo a leggere le
carte del nostro più recente passato presso gli archivi comunali ci accorgeremo
con evidenza che quel signor costui non c’è, non esiste, perché non esiste
nella logica fascista l’eroismo patriottico, il bene comune della Nazione, il
bene della collettività. Per il signor costui fascista o repubblichino esiste
solamente la retorica del suo “io”, il suo essere unico al mondo, il suo essere
tutto al di sopra di tutto. Altro che «ama il prossimo tuo come te stesso». Per
il signor costui fascista vige solo la legge del più forte, esattamente come ai
tempi dell’inizio della storia.
Certo, oggi ci troviamo in una situazione in cui
con facilità revisionista quel signor qualcuno può cambiare le carte in tavola,
e dire cioè che non esiste il primo martire dell’intera Resistenza italiana, la
Medaglia d’Argento alla memoria, il militare salentino Patrizi Lodovico, di
Cursi, il quale, all’indomani dell’8 settembre 1943, cioè il 9 di quello stesso
mese, «durante un servizio di vigilanza lungo un’importante linea ferroviaria,
accortosi che alcuni militari [nazisti] avevano aggredito ed ucciso un soldato
italiano in servizio di sentinella, perché si era rifiutato di consegnare le
armi, apriva audacemente il fuoco contro di essi uccidendone due e ferendone
gravemente un terzo. Avvistato successivamente da pattuglia [nazista]
sopraggiunta per effettuare il rastrellamento della zona, attendeva impavido
l’avvicinarsi dell’avversario contro il quale sparava numerosi colpi del suo
moschetto finché, colpito mortalmente da una scheggia di bomba a mano, cadeva
eroicamente per la causa della libertà, Pontedecimo (Genova), 9 settembre
1943».
E ancora, per quel tale signor fascista o
repubblichino non esiste l’eroica lotta antinazifascista del leccese Piccinno
Aldo, classe 1925, che secondo la documentazione della commissione
regionale toscana per il riconoscimento della qualifica di partigiano, Piccinno
«si distinse in particolare il 14 giugno [1944] quando partecipa all’attacco
alla casa del fascio di Gabbro, uccidendo un famigerato squadrista e ferendone
un altro e il 20 dello stesso mese quando contribuisce al disarmo di alcuni
fascisti a Nibbiaia […] E il 17 luglio Aldo [Piccinno] volle far parte della
pattuglia partigiana che doveva accompagnare le avanguardie americane sulla via
di Castellaccio-Montenero, per procedere alla liberazione di Livorno, “Con lui
c’era anche l’amico polacco. Nel durissimo scontro a fuoco che vi fu con le
retroguardie tedesche e repubblichine, in località Pinarelli, Aldo
[Piccinno] e Feliks [il polacco] furono colpiti a morte”».
Come non si può dimenticare il martirio della
staffetta partigiana Maria Teresa Sparascio, di Tricase, che per difendere il
proprio marito e i suoi quattro figli venne trucidata nell'autunno 1944 dalla
raffica di mitraglia di una pattuglia nazista.
È possibile cancellare queste pagine di storia?
Certo, tutto può accadere. Certo, possono essere occultate, richiuse in qualche
armadio, questo sì, ma cancellarle no. Com’è possibile cancellare la fulgida
figura di Epaminonda Valentino, il risorgimentalista gallipolino-napoletano che
per l’unità d’Italia morì tra le braccia dell’altro risorgimentalista salentino
Sigismondo Castromediano?
Il Medagliere dell’Anpi di Lecce ha cucite sul
suo stendardo 2 Medaglie d’Oro, 19 Medaglie d’Argento, 17 Medaglie di Bronzo,
17 Croci al Merito di guerra, mentre l’Albo di Gloria della città di Lecce e
della provincia piange 108 Caduti e 749 patrioti e partigiani combattenti. A
questi si aggiungano le decine e decine di martiri caduti nei campi di
sterminio nazisti. Questi dati risalgono a molto tempo fa, la documentazione
oggi in nostro possesso ci dice che i Caduti salentini vanno oltre la soglia dei
200 e che i patrioti, i partigiani, le partigiane, gli anticollaborazionisti
superano di gran lunga il migliaio.
Come si vede si tratta di un contributo di sangue
e di eroismo dei salentini molto alto, consumato sull’altare della libertà e
della democrazia dell’Italia, che nessuno mai potrà cancellare né dalla nostra
coscienza né dalle pagine della storia di questa nostra terra.
L’epilogo conclusivo delle lotte contro la
dittatura nazifascista fu la liberazione dell'Italia e, nello stesso tempo, la
nascita della Repubblica e la promulgazione della Carta costituzionale, una tra
le più belle Costituzioni del pianeta.
Oggi, i vecchi e
i nuovi partigiani sono coscienti dei pericoli che attraversa la
Repubblica e la stessa Costituzione; per questo è necessario ancora una volta
affermare la difesa del 25 Aprile e la stessa Carta fondamentale dello Stato
uscito dalla Resistenza. Queste due date vanno difese fino in fondo, fino
all’estremo di tutte forze civili e democratiche, affinché non venga meno il
ricordo del sangue versato e l’olocausto dei partigiani, dei patrioti e di
tutti coloro che in modo o in un altro contribuirono all'abbattimento del
nazifascismo, a volte immolandosi fino alla perdita della vita .
*segretario provinciale ANPI Lecce
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