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martedì 11 ottobre 2011

Rosario Argentina

“Egregio Sig. Sindaco,Voglio esporre la mia profonda indignazione per l’esistenza nella città di Rosario di un luogo di dubbia moralità, che porta il nome del Primo Ministro del mio paese, Silvio Berlusconi, chiamato “ Palazzo Berlusconi”, un bordello destinato a un pubblico di alto livello economico. É molto offensivo che si sia permesso in questo comune l’utilizzo del nome di una delle massime cariche dello stato italiano. Non é la mia intenzione giudicare la moralitá di Berlusconi, tanto meno farne la difesa, perchè il tema trascende la persona e ridicolizza il paese che rappresenta, al di lá della sua gestione di governo. Mi auguro da sua parte la comprensione di un tema cosi delicato e una rapida risoluzione, in difesa dell’italianitá e le relazioni tra i nostri paesi”.
Questo il testo della lettera inviata da Antonio Bruzzese, italiano di origine, presidente della confederazione degli artigiani e dell’associazione Insieme Argentina al sindaco della città di Rosario (Argentina) a seguito dell’apertura di un bordello chiamato appunto “palacio Berlusconi”. Questo il clima che si respira in giro per il mondo parlando del nostro primo ministro. Lo stesso premier che, in concomitanza dei funerali di cinque donne massacrate a Barletta a causa dello sfascio del territorio, proclamava di voler chiamare il suo partito “Forza gnocca”. Lo stesso che, mentre la crisi sconvolge famiglie, se ne va a festeggiare l’unico capo di stato straniero che ancora lo invita, il suo amico di lettone  Putin, non a caso uno dei dittatori peggiori del nostro emisfero.  Inutile ogni ulteriore commento. Una riflessione occorre invece farla per capire come mai l’opinione pubblica sia sedata,  non si scandalizzi, ma troppo spesso prenda tutto quanto in sberleffo e con ironiche battutine. Ero alla presentazione di un libro, la giovane che conduceva il dibattito parlava degli anni 70 come “anni di piombo”, un signore accanto a me mi disse “sono questi ultimi venti i veri anni di piombo”. Ha ragione, stiamo passando il periodo più cupo per la democrazia. Dove fallì il craxismo è riuscito il berlusconismo: annientare la protesta civile e civica, annullare le opposizione e il dibattito, occupare ogni organo di informazione, espellere le voci dissonanti, si chiamino Biagi, o Santoro o Dandini, imporre un pensiero unico devastante, approfittando della tanto decantata “caduta delle ideologie”. Oggi proclamarsi comunisti piuttosto che socialisti o altro è giudicato vecchio, stanco, stantio. Chi osa dire che gli ideali e le idealità sono indispensabili per crescere è guardato con sospetto.
Gli eredi del latitante Craxi,  avevano dei competitori che la politica e la società civile la conoscevano bene, si chiamavano Berlinguer, Pertini, Moro. Oggi i vari Cicchitto, Demichelis e compagnia cantando sono al servizio del nuovo padrone e pretendono di prendersi il banco con il cucuzzaro intero.   E l’opposizione è il vuoto, le persone che ancora si indignano devono decidere da sole come comportarsi, come muoversi. La vittoria dei referendum è stata opera di chi ancora si incazza e supera addirittura l’indignazione, perché non è più sufficiente, la raccolta firme per eliminare la legge elettorale è stata vinta con le stesse motivazioni e dalle stesse persone. Non è tuttavia sufficiente, nonostante gli sforzi di Napolitano la strada è ancora lunga e il ritorno ad una buona politica pare un miraggio. Stanno spuntando come funghi imprenditori pronti a scendere in campo. Montezemolo, il signor Tods, la Marcegaglia stessa che nonostante neghi, pare pronta a tutto,  sono pronti a “sacrificarsi per l’Italia”. Destra, sinistra, centro, tutto via, tutto annientato. Che un buon imprenditore sia anche un buon governante è tutto da dimostrare, anzi, al momento stiamo pagando cara questa illusione. Un guappo dell’edilizia  può non essere necessariamente un buon padre famiglia.  Una nazione non è l’azienda, vale per la fabbrica di veline ed escort che è Fininvest quanto per la più blasonata Ferrari, lo Stato è un insieme di equilibri che vanno dal mantenimento dello stato sociale, alla sanità che deve  funzionare per tutti, a investimenti sul futuro dei ragazzi che, almeno loro, scendono in piazza, alla comprensione che l’Italia non è quella scempiaggine ideata da quattro ubriaconi in camicia verde, ma una nazione al confine con il sud del mondo, che gli immigrati sono ricchezza e che, a prescindere dalla ricchezza, sono prima di tutto persone con diritti.  Ma ci rendiamo conto che contro i 20.000 immigrati che entrano ogni anno,   70.000 ragazzi italiani, formati, intelligenti e bravi fuggono all’estero per l’assoluta mancanza di ogni  sponda da parte di chi dovrebbe trattenere le intelligenze, i ricercatori e gli scienziati?  Questo governo, guidato da un individuo che non conosce il concetto di democrazia, sostenuto da postfascisti e neo nazisti con camiciotti di vari colori, guidato da padri nobili che hanno come bibbia i dettami di Licio Gelli, ha prodotto guasti difficilmente riparabili. Un’opposizione che si trastulla fra primarie si o no, lontana dalle persone come non è mai   accaduto a partiti che si dichiarano di sinistra, non è in grado che di aprire le porte all’antipolitica più smaccata, quella del nuovo che incombe, degli industriali che si presenteranno come salvatori dell’umanità intera. Ci provò Veltroni con Calearo, e si spinse addirittura alla Binetti, con uno schiaffone non solo alle ideologie, ma anche ai diritti elementari e ai fondamenti della democrazia laica. Oggi assistiamo a balletti inquietanti. A Lecce, a fronte di un candidato alle primarie dignitoso, il PD ha traccheggiato per mesi senza indire consultazioni, è stato costretto a farlo dalla raccolta di oltre mille firme che hanno inchiodato al muro i dirigenti. La loro iniziativa era bloccata dalle correnti interne.  In queste condizioni non si uscirà da nessuna crisi. Forse riuscirà, l’Italia, a colmare i deficit, difficilissimo sarà invece rivitalizzare un tessuto sociale smembrato. Un governo non è un consiglio di amministrazione di un’azienda o di una banca. Senza partiti che tornino alla politica non tanto post ideologica, quanto ai fondamentali della democrazia, non si andrà da nessuna parte, proseguiranno le derive avventuriste e criminali di chi vuole dividere l’Italia o di ministri indagati per mafia (roba da fare rabbrividire) salvati dalla galera proprio dai Cicchitto, dai La Russa e dai loro sodali.   

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