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giovedì 13 ottobre 2011

luna piena a san cataldo


Luna piena sul mare di San Cataldo. Onde neppure troppo rabbiose e sabbia nera, forse catrame, chissà. Il cagnolino bianco cammina sul lungomare seguito da uno color champagne, già lo champagne, festa festa festa… Che diavolo ci sarà mai da festeggiare? Mistero, forse l’economia che non gira, forse i ragazzi italiani in giro per il mondo. 70.000 se ne sono andati in un anno, contro i 20.000 immigrati che arrivano su barche, camion, pullman per cercare di sopravvivere. Qualcuno si lamenta per questi ultimi e dice che sono loro il vero problema. “Che mondo di merda” mi dice una signora tralasciando il bon ton e parlando, alla buon’ora, come si parla fra amici.
La luna ammicca, guarda, osserva, illumina il mare e il vento che soffia quasi benefico. “Tramontana?” “Libeccio” rispondo io senza sapere assolutamente nulla di venti, però mi piace il nome. Tramontana e scirocco sono abusati. Le previsioni dicono di poche nuvolette che nascondono solo un po’ il sole giallo, perché il sole è giallo per antonomasia, anche se io lo vedo sempre bianco, a volte arancio, una palla che si tuffa in mare, forse l’ha persa un bimbo, chissà.  Intanto i pescatori con la lampada sulla testa come minatori e canne con la lucina in cima pescano, almeno, ci provano. Poi vado a casa e guardo il TG così mi informo delle cose del mondo, poi, solo poi. Sono mesi che le cose del mondo vanno come dice la signora che ha perso il bon ton. Un peana tristanzuolo di dolori, miserie, escort ed eserciti che combattono e perdono una guerra che dura da 10 anni, voluta dai peggiori della terra. Qualcuno dopo pochi mesi si spinse a dire “missione compiuta, abbiamo sconfitto i talebani” l’ha detto 10 anni fa e ancora stanno li a crepare i ragazzi di belle speranze e di grandi armamenti. Ah il Vietnam e la storia che non insegna nulla ai signori della guerra. A volte i politici si somigliano in modo impressionante, qualcuno qui da noi dice “noi l’abbiamo duro”, qualcuno negli USA disse “abbiamo vinto”, stessa filosofia, stessa potenza verbale, stesse parole gettate lì come al bar sport si fa fra ubriaconi. E prima di mandare ragazzi a crepare in Afghanistan disse “Vinceremo”, o parbleu, qualcuno già lo disse e sappiamo com’è finita.  Solo che a pagare sono i ragazzi in divisa.
Ah la luna di San Cataldo, così uguale a quella di Alessandria dove “fa freddo, è arrivato l’inverno” mi dicono per telefono. Lei se ne strafrega se fa freddo o caldo, lei sta lassù e guarda qui sotto. Camminavo per il centro storico di Lecce, si avvicina la zingara col bicchierino di plastica per le elemosine, sempre lei, sempre la stessa, ormai è come andare al bar alla stessa ora. Poi l’altra si avvicina “ho già visto tua cugina” le dico. Mi guarda e sa che non avrà nulla, anche perché il mio percorso prevede almeno 5 incontri ravvicinati con : rom, quello che dice “una monetina”, l’altro che dice “ho due figli”, quello quasi elegante che chiede “hai mica una monetina”, un ragazzo mi si avvicinò una volta con la richiesta più bizzarra che abbia mai avuto “Scusi, mi farebbe fare una telefonata?”   Sono rimasto senza parole, quasi quasi la facevo fare. Ho desistito. Intanto la luna stava lassù a chiedersi some mai il mondo gira alla rovescia qua sotto. E il mare se ne fregava proprio. Una coppia camminava sul lungomare senza parlare, chissà a cosa pensavano. I due cagnolini proseguivano il loro girovagare, un po’ ci hanno seguiti, neppure un pezzo di pane raffermo. Uno non va a vedere la luna accompagnato da una persona stupenda con del pane duro in tasca, perbacco.
Il cartellone mostra quello che il Comune di Lecce chiama pomposamente “water front di San Cataldo”   lungomare è meno raffinato,  e come doveva essere dopo la ristrutturazione. A prescindere dalla rotonda sbagliata e rifatta in tutta fretta, i cartelloni che sono costati una cifra considerevole mentono spudoratamente, non è come disegnato là sopra, è un’altra cosa. Comunque si va avanti, forse erano i sogni del progettista mai realizzati. E chi non ha un sogno nel cassetto?  La luna lo sa che non tutto è possibile qua sotto. A volte neppure spazzare le strade lo è.
Leggo nel blog degli spigolatori* (ma che diamine spigoleranno mai?)  dell’importanza dei ridere e di cocomeri che sputano. E mi chiedo se dopo aver sputato muoiono dal ridere, i cocomeri. E il ridere, come recita Pierpaolo Tarsi, è importante. E’ vero che Benigni sarebbe meglio del professor tal dei tali ad insegnare Dante? Penso di si, anche se, per antonomasia, i filosofi ridono poco. Pensano molto però.   E qui interviene il computer, detesto la correzione automatica che si innesca senza un mio ordine, il mio computer si fa gli affaracci suoi, malefica macchina. Lui ha tradotto un mio errore di battuta, invece di mettere “pensano” ha scritto “pesano”. Tutt’altra cosa in realtà, non conosco il peso di Pierpaolo. E parlo di quello banalmente fisico, quello intellettuale è importante. Lo nutre di viaggi in Piemonte per imparare il regno sabaudo e, se mai accadrà, per insegnare quello borbonico, però sa anche ridere e guardare la bellezza che passa accanto, in ogni sua forma, e qui mi fermo. In realtà una correzione automatica ti può cambiare il senso delle cose e dei pensieri.
Filosofi e professori, mi hanno telefonato dal profondissimo nord, dove si ride poco, “Alberto se ne è andato”. Un pensiero per Alberto che per una vita intera ha insegnato filosofia allo scientifico. Aveva i baffi e da sempre il papillon. Era elegante, lo conobbi qualche decennio fa, era il tempo del referendum sul divorzio, si impegnò anche per quello, con il papillon e con i baffi. Lo incontrai ultimamente in uno dei miei spostamenti ad Alessandria, un caffè, qualche sigaretta perché “non ho figli, chi se ne frega se mi accorcia la vita” diceva. Lui con il suo papillon e la sua eleganza compita e i baffi sempre ben curati, in pensione da qualche anno, si volta e mi dice “gran donna quella che sta passando…” Filosofia e senso estetico. La sera della notizia della sua partenza ho bevuto vino rosso, un amico si saluta con un brindisi, perbacco… Per Bacco, appunto.
Ora potrei scivolare nei pensieri sulla vita e sulla non vita (chiamarla morte è così triste), ma non ci casco, preferisco pensare alla luna sul mare e a Benigni, magari agli occhi allegri del bimbo che non si fermava e correva mentre il padre lo chiamava. Lui stava giocando, il padre correndo e stancandosi. Beh, finisco qui, a nessuno venga in mente di chiedermi cosa ho scritto, e nessuno si chieda il senso delle parole scritte per favore, sono pensieri in libertà, quelli che frullano nella testa mentre cammini sotto la luna. Mica sono un filosofo io con pensieri che filano legandosi uno con l’altro….

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