“Elaborare il lutto”, se ne parla in ogni salsa, penso sia
solo l’abituarsi ad un’assenza. Pensare “ora vado e lassù e la vedo…” e tornare con i piedi in terra e sapere
che non si può rivedere, e accorgerti che ti manca quella presenza, anche se
stai lontano per mesi, anni, però sai che un pezzo di te era là, sai che ti
accoglieva ogni volta che arrivavi e ti chiedeva «hai fame? Ti faccio un caffè?». Sai che era routine,
ma che erano abitudini che non annoiavano mai.
E poi si parlava di ricordi lontani, magari di altri lutti
elaborati nel tempo, di un altro abituarsi alle assenze, di cose non dette perché
intanto la vita è lunghissima e, forse siamo immortali. Così ti accorgi di aver
tralasciato quella banali parole «ti voglio bene», che magari paiono inutili
mentre le dici, ma sono importanti proprio perché le stai dicendo, anche se sono, dovrebbero essere, sottintese.
E’ così che passa il tempo, finchè arriva la telefonata che
ti dice che il caffè dovrai prenderlo altrove. Da un anno Francesca se ne è
andata, non sono salito fin lassù per il funerale perché altre incombenze
indipendenti dalla mia volontà mi hanno bloccato. Ma sarebbe stato inutile, non mi avrebbe chiesto «come stai?», ed io ho una
stramba visione del dopo. Non un aldilà, ma un nulla che nessuna persona finita
e in piedi riuscirà mai a spiegare se non con una cieca fede senza riscontri
provati. Perché l’essere umano è finito. Il nulla, il mai più, il per sempre,
l’infinito, sono concetti astratti, pari solo alla fede, o ci credi o no, non
esiste una via intermedia. Ed io sono finito, vedo fin dove vedono i miei
occhi.
Non per questo non sento le emozioni, e forse per questo il
ricordo si ammanta di un sottile dolore che prende e accompagna sempre. Anche
quando si è sereni. Quei momenti con una sorella che, per i casi della vita, mi
è stata anche mamma in qualche modo, data la differenza di età di sedici anni. I
primi passi, la prima biciclettina, i primi giochi, la mia inopportuna e perenne
presenza anche quando voleva stare sola con il suo fidanzatino, i piccoli
segreti fra noi. Più avanti le discussioni su un libro o un articolo di
giornale, le musiche imparate e i cantautori poi insegnati, il primo giorno di
scuola mano nella mano con lei e quell’edificio che mi pareva immenso. E poi i
casi della vita, matrimoni, separazioni fatte e separazioni mancate, figli.
Turbina tutto disordinatamente. Si, mi
manca ora. In questo autunno quasi inverno con piogge infinite, in un
pomeriggio con uno scirocco fiero e forte.
Un’assenza che è sempre una presenza.
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