Lecce Fuori Onda è un instant book di
Adolfo Maffei e Gabriele De Giorgi per IdeaDinamica editore. (€ 7,00)
Il libro è l’incontro fre due
giornalisti:
Maffei iscritto all’ordine dal 1971,
ha lavorato per ANSA, Il Giorno, nel 1979 fu tra i fondatori del Quotidiano di
Puglia, nel 1993 fondò il settimanale Il Corsivo il suo curriculum comprende
altre direzioni, libri, e soprattutto l' aver fatto da “guida” a molti
giovanissimi giornalisti che ancora sono in carriera.
Gabriele De Giorgi è uno di questi
giovanissimi (ora semplicemente giovane), laureato a Pisa in Scienze Politiche,
dopo aver conseguito un dottorato in Storia Contemporanea e sociologia della
modernità, ha voluto tornare a Lecce dove ha lavorato come giornalista per
alcune testate, attualmente per Lecceprima.it, testata on line.
In Lecce Fuori Onda il dialogo fra i
due colleghi (allievo e maestro) tocca aspetti di Lecce e della sua provincia
in modo agile, snello, comprensibile, in pochi, essenziali capitoli : Una città di periferia, L’autoreferenzialità (Della città), L’università e il turismo, Le emergenze ambientali – TAP e
Strada 275, Sotto il Tacco dell’illegalità, Lecce e la politica, Giornali e giornalisti, critica ed
autocritica.
Non mi dilungherò in analisi, non sono un critico, sono
solo un lettore. Per chi vorrà, il libro si acquista, lo si legge in un attimo, è
reperibile in librerie ed edicole e costa pure poco.
Dirò dei suggestioni che mi arrivavano leggendo e che
riguardano la “mia” Lecce, città che mi ha adottato quando arrivai dal nebbioso
nord una dozzina di anni fa.
Non la conoscevo affatto perché, come scrissi all’epoca per
una piccola testata di Alessandria e come leggo nelle parole di Maffei, a Lecce
non ci si passa, devi volerci venire. Puoi
passare da Firenze, da Pisa, da Brindisi, poi ti fermi, Lecce devi sceglierla!
Questo aspetto mi ha affascinato da subito, la città è un’isola, e forse
questo è uno dei motivi per cui la leccesità è diversa, l’appartenenza al
territorio, alle radici, alla cucina, al caffè Quarta che, pur essendo ottimo, pare essere insostituibile con qualunque altro
caffè “continentale”.
Anni fa ero in Sardegna per un lavoro, aspettavo il
traghetto per tornare in Piemonte, un conoscente mi si avvicinò, scambiammo
poche parole e poi mi chiese “stai andando in Italia?”.
A volte sento questo
strana sensazione anche a Lecce dove tutto pare lontano, perché l’aeroporto è a
Brindisi, perché non ci sono trasporti efficienti, perché la pacata calma delle
domeniche ha eliminato anche i treni della sudest ed il turista che arriva s’arrangi
come può.
Però Lecce è Italia e bene lo sanno gli elettori ed i
politici. Perché in questa città (di destra?) si votano sempre le stesse
persone trasformando un’amministrazione ed un territorio in un feudo d’altri
tempi? Perché (come dicono i bene informati) i voti si comprano e si vendono?
Forse, chissà, la risposta sta anche nella politica nazionale, in quale altro
paese un politico condannato in via definitiva ed escluso dal Senato è in tutte
le TV a fare lo statista dal quale dipendono le sorti dell’Italia e
dell’Europa? Questa mancanza di etica si proietta dal livello nazionale a
quello locale forse. La sensazione di impunità ed il comprare o vendere un voto
è trattato alla stregua di un divieto di sosta, basta mettere le quattro frecce
e l’autista si sente immortale.
E tornando ai miei primi tempi qui a Lecce ricordo che
camminai per qualche tempo con il naso all’insù, la città, nel centro storico e
non solo, è talmente bella, importante, ricca che toglie il fiato. Il conoscere
in quei tempi alcuni storici degli eventi e dell’arte mi ha aiutato non poco.
Il volo delle rondini all’imbrunire, il caffè in ghiaccio, le persone che ho
conosciuto e che mi hanno accolto con il sorriso, tutto sembra abbracciare chi
arriva.
Dopo la prima ubriacatura tuttavia occorre abbassare lo
sguardo, allora ti accorgi di alcuni problemi che vanno dal paradossale al
disarmante. Un traffico autostradale nel centro storico, le marine di Lecce
abbandonate a sé stesse, un mare stupendo a fronte di un territorio devastato da
incuria, degrado, abusivismo. San Cataldo fra nuovo e rottami. Fecero un
lungomare che chiamarono pomposamente water front (come chiamarono
metropolitana i filobus), salvo lasciare tutto il resto come stava, desolato. L'impressione è che manchi un disegno complessivo, che si proceda a tentoni senza progettare. L'impressione, a volte, è che gli appalti siano merce preziosa qui ed ora.
Il mare è un valore aggiunto che forse l’amministrazione locale vede come un
problema anziché una risorsa.
E ancora leggo del comitato NOTAP che lotta in difesa del
territorio. Personalmente non penso si tratti solo di nimby (non nel mio
giardino) come dice Maffei, fra i tanti problemi segnalati esiste anche l’assoluta mancanza
di un ritorno di benefit per chi sopporta l'opera, per chi vive su quel territorio. Il disastro fatto dall’amminisrazione Vendola con le
rinnovabili non ha portato nessun beneficio al territorio ospitante, non posti
di lavoro, ricordiamo la triste vicenda TECNOVA che sfuttava lavoratori
immigrati fino ad essere indagata per “riduzione in schiavitù”, non una
riduzione del costo dell’energia per i residenti. Eppure potrebbe essere buona
norma. Conosco luoghi in cui il territorio che ospita una discarica non paga le
tasse per la raccolta rifiuti. Nulla di tutto ciò, nonostante ciò ora ci sono
esempi virtuosi, l’amministrazione di Melpignano crea una cooperativa fra i
cittadini, si offrono i tetti delle case per installare pannelli fotovoltaici e
i proprietari ospitanti hanno notevoli benefici economici nella fornitura di
energia. Il Salento è anche Melpignano, le amministrazioni illuminate esistono.
Il territorio si preserva anche così.
Ecco il Giano bifronte, Lecce isola stupenda ma infelice per
molti suoi aspetti, una massoneria radicata, una malavita ri/organizzata,
auto che bruciano nella notte, quasi ogni notte. La città è “isola” anche da
altri punti di vista. Quando arrivai rimasi stupito, da dove progengo non esiste
un quotidiano, solo un trisettimanale e le pagine locali de La Stampa, qui
trovai tre quotidiani in edicola. Lassù c’è un solo editore di
nicchia, testi universitari soprattutto, qui le case editrici sono come funghi.
Un fermento inimmaginabile altrove di giovani (e meno giovani) artisti, scrittori, pittori,
attori, cantanti, che non esiste altrove. Qui arrivano da fuori e comprano case
personaggi noti che rimangono abbagliati dalla luce, dalle rondini, dal mare,
dal barocco. Ma Lecce non può limitarsi a fare la vecchia signora che si trucca
davanti allo specchio per mostrarsi giovane e ancora piacente, né potrà in
eterno mostrare una ricchezza sempre più concentrata in poche mani, l’isola
dovrebbe aprirsi, respirare, far vivere quel fuoco che brucia dentro. Qui il ponte è indispensabile.
Le lacrime che ho visto nello spettacolo meraviglioso di
Mario Perrotta citato da Gabriele erano vere, autentiche. E possiamo dire che
proprio in quei giorni di levate all’alba e nottate davanti al mare ad ascoltare
Mario e la sue equipe sono finalmente un riconoscimento a lui, al suo lavoro.
Alla buon’ora non si aspetta che l’artista non ci sia più per farne vanto alla
città, come già con Carmelo Bene, con Tito Schipa e con altri. E forse anche questo
è un piccolo segnale di rinascita.
Fra poco si vota anche a Lecce, peccato che candidati amici
siano sparsi e sparpagliati pur avendo programmi speculari, un vero peccato. Al
momento vedo un sacco di tristissimi manifesti 6 x 3 che mi guardano. Da lontano
però, non sento il calore.
Nessun commento:
Posta un commento