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C’era mareggiata, eravamo soli davanti a un mare arrabbiato,
le onde si rompevano sugli scogli facendo altissime schiume e mandando nell’aria
pulviscolo d’acqua. Seduti davanti al mare, come succede quando la natura è
impetuosa, ognuno con i suoi pensieri, forse dolci, forse impetuosi anche loro,
chissà. Il cane annusava ogni roccia e ogni anfratto in cerca di chissà cosa, solo
lui sapeva.
Nella testa navigavano passati remoti e presenti, distanze
immense fra qui e quell’altrove in cui (chissà dove) qualcuno riposa. Le mani
accarezzavano una roccia mentre immaginavo un barcone di immigrati terrorizzati
da quel mare, impauriti, frustrati dal sentirsi oggetti nelle mani di qualche
scafista che aveva tolto loro tutti i risparmi di una vita. E so, sappiamo
quanti morti là in fondo, morti a causa di opulente società malate che misurano
la dignità con il PIL anziché con la pietas.
Più sopra, sulla strada, passavano auto con spettatori del
mare della domenica pomeriggio, bimbi venstiti come si fa a carnevale.
Ma lo sguardo era rivolto alle onde immense, al pulviscolo d’acqua, si sentiva penetrare sotto la pelle, il profumo intenso.
E gli scogli erano schiaffeggiati, violentati, scavati. “il
mare si riprende i suoi luoghi” mi disse una volta qualcuno, quelle rocce
incavate ne sono dimostrazione.
Il pensiero correva ancora, impetuoso come il mare. Lo
sguardo, i ricordi, i rimorsi. “Oggi mi mancano i ragazzi” pensavo, poi passa,
poi passa. Il mare non sta fermo mai, neppure quando è quieto. Cerca sempre un
approdo, l’infinito e il finito. Oltre quell’oltre c’è altra terra.
“Hanno scoperto sette pianeti dove ci potrebbero essere condizioni di vita”, era scritto su un
giornale, su tutti i giornali. Ma sono distanti, chissà se speculari al nostro
pianeta così maltrattato, chissà se siamo gli unici nell’universo capaci di
divorare aria e terra e acqua in una piccola parte del mondo lasciando senz’aria,
senza terra e senz’acqua una grande parte altra.
Eravamo soli là davanti, lei, io e il cane. Ognuno con i suoi
pensieri, ogni tanto un sorriso, ogni tanto una parola che si perdeva portata
via dallo scirocco e dalla polvere d’acqua. Ogni tanto un altro pensiero che
arrivava.
Lei era una signora bionda, scendeva verso di noi. Ci passò
accanto e andò a sedersi ancora più vicina al mare dandoci le spalle. Aveva un
ricco mazzo di fiori in mano che appoggiò accanto. Fumava e guardava le onde e
le schiume. Non si voltava mai. Il fumo della sigaretta volava via veloce, come
i pensieri che si accavallavano con la schiuma delle onde. I fiori, forse era un
regalo, chissà.
Siamo stati un tempo lungo seduti lì, poi ci siamo alzati ed
abbiamo camminato su un sentiero fra gli scogli lasciando la signora con il suo
mare, con i suoi pensieri che chissà dove la stavano portando. Solo dopo un pò di tempo, voltandomi a vedere l'insenatura di Castro nella sua interezza l'ho vista in piedi. Ancora più vicina agli scogli. Aveva in mano quel mazzo di fiori. L'ha gettato in mare. Forse pregava, chissà. Sicuramente ricordava, forse una lacrima scendeva. Era sola in quel momento, lei, il mare, i fiori e i ricordi.
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