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giovedì 2 giugno 2016

22 anni, bruciata dal fidanzato

Sara aveva 22 anni. E’ stata bruciata viva dal suo ex, Vincenzo Paduano, che ha confessato l’omicidio.
Due (al momento) gli automobilisti che hanno ammesso di essere passati dal luogo, di avere visto “una ragazza che si sbracciava”, ma che pensavano fosse una lite fra innamorati, questo è quanto riportano le cronache, anche se pare molto probabile che le auto transitate siano molte di più. Però è luogo malfamato, c’è prostituzione e spaccio lì vicino, si scannino fra loro i malfattori, noi siamo persone per bene.  Eppure di fronte a una ragazza che corre sbracciandosi i fenomeni dello smartphone non hanno neppure pensato a fare il 113? Macchè, pare che in questo paese così bizzarro abbiamo smarrito anche la capacità di indignarci.  
In questi giorni si sprecheranno fiumi di inchiostro e di commenti sui social, giornali, riviste, in TV.
Le domande che mi assillano sono molte: perché siamo arrivati a tanto? Da quando? Perché un ragazzo di 29 anni per gelosia commette un omicidio di un’efferatezza e crudeltà così immensa? Non si tratta di un colpo, una coltellata, questo individuo si è procurato l'alcool, ne ha cosparso la ragazza  e le ha dato fuoco prima di andare a lavorare.
Perché siamo arrivati al punto di vedere una ragazza correre e sbracciarsi e non ci si ferma neppure un attimo, neppure si sente la necessità di chiamare i carabinieri? Meglio un falso allarme a volte. Il problema vero, temo, è che ci stiamo assuefacendo alla violenza, è normale tutto, non esiste spazio per lo stupore.  
I due automobilisti che passavano, gli unici al momento che hanno ammesso, hanno 20 e 18 anni, non hanno pensato che quella loro coetanea potesse aver bisogno di aiuto, o, peggio, non hanno voluto cacciare il naso in fatti che apparentemente non li riguardavano? magari hanno pensato che solo di una puttana si trattasse, chissà. 
Quanto di tutto ciò ha radici profonde nella deriva dei rapporti sociali ed umani degli ultimi venti, trent’anni? Ci sono deputati, europei o nazionali, che vantano la loro volontà ferma di cacciare lo straniero, qualcuno addirittura tentò di bruciarne i cartoni dove dormivano a Torino, lo stesso che andava nei treni pendolari con il disinfettante per pulire i sedili sui quali si era seduto “un negro”. Ci sono capi partito che hanno proposto carrozze separate per immigrati e padani. C’è un capo di governo diventato famoso più che per il Milan, perché pagava prostitute che riteneva al suo servizio. In tutti questi atti criminogeni c’è un denominatore comune: l’immigrato è negro, straniero, le ragazze pagate dal condannato sono oggetti di piacere. Nessuno di loro è una Persona. Una donna la si paga e diventa merce e solo merce. Un negro si utilizza per raccogliere pomodori e poi lo si caccia. Tutto questo, ma non solo questo, rende possibile anche che un individuo giustifichi con la gelosia la volontà di possesso dell’altro,  “se possiedo posso farne quel che voglio”.
E la paura, l’ansia da prestazione fanno il resto. Episodi di bullismo nelle scuole se ne contano troppo spesso, a fronte di questa sciagura il piccolo boss, il mafioso in erba è protetto da una rete omertosa, perché gli altri hanno paura e terrore. E chissà che non ci sia una mai confessata e timida ammirazione per il più forte. Così diventa normale che qualcuno sia vessato, che non venga considerato Persona, ma oggetto di dileggio e scherno. 
  
Forse è il caso di fermarsi e riflettere, forse è il caso che anche nelle scuole di ogni ordine e grado si inizi a parlare di rapporti umani, della loro gestione.  Soprattutto è tempo di riprendere a considerare Persone gli altri, quindi parlare di diritti e doveri. Un delinquente, tale rimane indipendentemente dalla sua etnia, per questo stupiscono i giornalisti che, nel caso della ragazza di Roma, non hanno titolato: “Fermato il suo ex, un italiano…”, macchè, solo se straniero se ne dichiara l'etnia, e solo per consentire al Salvini di turno di inveire contro l’universo mondo non padano.
Fermiamoci un attimo a pensare, forse è meglio.

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