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sabato 13 giugno 2015

Piazze!

Piazze  (set. 2011)

Avete visto mai quella che da qualcuno è descritta come “la piazza più bella d’Italia”? Si trova a Vigevano (PV). La città delle scarpe e del maestro del noto romanzo. Vale la pena veramente di vederla. E sapete che è il centro pulsante della cittadina? Ci si trovano ragazze e ragazzi, ci si passeggia. Ed è bello sedersi ad un bar e prendersi un caffè, sembra di essere a Firenze. E di piazze è piena l’Italia. Ovunque ci si ritrova in piazza. Penso a quella della Signoria a Firenze o a Piazza San Marco, giusto per citare le più note. E penso alle mille dei paesi.
Vigevano: Piazza ducale

La piazza è l’agorà, il luogo dove è bello passeggiare, chiacchierare, ridere, arrabbiarsi per il governo o per il Milan e l’Inter, o commentare quel vino bevuto a cena che era un po’ aspro. In piazza, in ogni piazza, sono nati amori folli e sbocciate adolescenze irruenti, ci sono stati abbandoni. Magari sotto i portici delle piazze di Bologna un pomeriggio autunnale di pioggerella. Passavo per quella di Sant’Oronzo una mattina di quasi freddo, un sacco di studenti seduti sui gradini a parlare, ridere, scherzare. Erano stupendi, mi piace vedere tanta voglia di vivere.
Sono stato in piedi perché non ci si poteva sedere, un giorno a Muro Leccese. Proprio in mezzo alla piazza, eravamo lì per non ricordo quale ricorrenza.
Eravamo in quattro o cinque sotto il sole della piazza di Alliste un pomeriggio. Quasi per caso, ognuno con i suoi pensieri. Però con una non detta complicità da “colleghi di piazza”, come gatti che stavano stravaccati al sole. C’era una volta un tempo in cui sono stato bambino, giuro, veramente lo sono stato anch’io, e, nonostante l’età, lo ricordo ancora, la vita era in piazza. In un piccolo paese l’unico pericolo possibile era cadere e sbucciarsi le ginocchia. Stavamo tutta l’estate proprio lì. Si giocava a palla, e al giro d’Italia. Si facevano i percorsi con la ghiaia e i corridori erano tappi di gassosa o birra che il barista ci forniva copiosamente. “Io sono Adorni” “io Balmamion”. E via, interi pomeriggi, fino a quando l’urlo di una madre diceva che era ora di cena (al nord si cena presto). Una madre qualunque valeva per tutti, anche quella fra madri era solidarietà, che senso aveva che ognuno chiamasse il suo figliolo? Certamente aveva anche il mandato a rimproverare chi si attardava. «Se ti arriva uno schiaffo vuol dire che te lo sei meritato». A prescindere da tutto. Oggi invece ognuno ha il suo avvocato pronto nel cassetto. […]Poi i riti del lavaggio. Fiumane di fanghiglia scendevano con l’acqua. Giocando a terra e nella ghiaia che potevi pretendere? Si cenava molto in fretta, ingozzandosi, poi via in piazza. Un’altra volta. «Alle dieci a casa» accidenti agli orari. Rispettati però, mai preso un ceffone. Solo velate minacce. Poi sono cresciuto. Le piazze erano ancora il centro, l’anima, il cuore pulsante. C’erano manifestazioni e comizi. Però c’era anche lei con i capelli lunghi e lo sguardo che ammaliava, e una minigonna che provocava terremoti ormonali. E finivano in fretta le manifestazioni. Allora la piazza tornava ad essere il luogo dove stare sereni. Balmamion non correva più. Neppure noi giocavamo con i tappi della gassosa. Qualcuno aveva anche l’auto. In cinque sulla cinquecento e via. Da una piazza all’altra, per vedere chi c’era. E la piazza del mio paese era anche quella triste e mesta di alcuni funerali di “quelli importanti”. Allora anche il sindaco faceva il suo discorso commemorativo. Forse lo stesso sempre, cambiando i nomi il gioco era fatto. E nel paese la piazza dei comizi elettorali era vivace. Il sindaco è pur sempre un’autorità da scegliere con cura, anche se a volte era il medesimo per vent’anni almeno. Una volta capitò alle 21 il comizio. Ritardo rituale di mezz’ora. Solo che alle 22 giocava l’Italia. Come iniziò a parlare si levò una voce dal pubblico «vedi di fare in fretta che fra poco c’è la partita» E la piazza, alle 21,45 si svuotò implacabilmente. Il candidato spiegò poi al tavolino, davanti ad una birra e dopo la partita, il suo programma. Era lo stesso. Perché parlo di piazze? Diamine, perché sono di Alessandria, mica una città qualunque. Una volta che è finita addirittura al TG nazionale volete che mi tiri indietro? Dovete sapere che ad Alessandria c’è un grazioso luogo che si chiama “Piazzetta della Lega Lombarda”. Niente maldicenze, aveva quel nome in tempi non sospetti, è sempre stata così. Un tempo era solo luogo di struscio, di amori, di amici incontrati per caso o per appuntamento. Si partiva da lì per andare al cinema o in altri luoghi. “Ci vediamo in Piazzetta della Lega” era la parola d’ordine. Ovviamente quando crescemmo e potevamo andare in città. Poi arrivò la crisi della politica e divenne anche luogo di comizi. Sempre in piazza, però in quella più piccola e accogliente. Quella “della Lega”. Sembrava piena anche con un centinaio di persone. Poi è in zona pedonale, i bimbi ci giocano, la mamme sono contente e possono guardare le vetrine con serenità. E c’è una gelateria, forse la migliore della città, si chiama Cercenà, dal nome dell’antico proprietario. Una famiglia di gelatai del Cadore che hanno invaso il mondo. Mi raccontava un amico che era di passaggio in Cile, in una cittadina defilata dai percorsi turistici. Vide l’insegna “Cercenà”. Entrò, ovviamente, e scoprì che erano cugini il proprietario e quello di Alessandria. Ma questa è altra storia. Piazzetta della Lega era pavimentata con il porfido. Il nuovo sindaco, di cui non cito l’appartenenza politica per non sembrare fazioso, dirò soltanto che non vede di buon occhio neppure la mano dove porta la sua vistosa fede. Bene, questo signore, da buon primo cittadino, ha deciso di fare un necessario intervento di ripavimentazione. Però, accidenti, ha sostituito il porfido con il marmo. Peccato.
Solo che è costato un po’ ed ora lo vuole tenere per benino, proprio come un buon padre di famiglia. Così, che pensa quel demone di vulcano di idee? Semplice. Alla CGIL che voleva fare un comizio proprio nel luogo dei comizi da almeno vent’anni, dice “guarda, il marmo costa, perciò vedi di fare un’assicurazione di 30.000 euro se vuoi portare lì le persone”. Qualche maligno dice che ha chiesto un riscatto, ma sono cattiverie, non fateci caso. Però qualche domanda sorge spontanea. Siccome la media delle manifestazioni sindacali è di circa 250/300 persone, il costo pro capite è di circa 100 euro. Se mio figlio dovrà trovarsi in piazzetta con la ragazza dovrò fare un’assicurazione di 100 euro? Oppure, come cavalleria vorrebbe, devo assicurare anche lei? E quanto un bambino che gioca a palla? Ai cento dello stanziamento si devono aggiungere quelli per il movimento. Soprattutto, il proprietario della gelateria, quando pagherà di plateatico visto che i gelati in mano ai bambini, si sa, spesso cadono a terra? Forse aumenterà di dieci centesimi il prezzo del cono? E quello sciagurato di edicolante che era il mio pusher abituale di quotidiani come la mette con le cartacce che espone chiamandole locandine? Cari amici salentini, se mai vi venisse in mente la sciagurata idea di passare da Alessandria, onde evitare di pagare un “pedaggio piazzetta” prossimo venturo, con tanto di biglietteria con graziose hostess vestite di verde che vidimeranno il tagliando, procuratevi le pattine. E’ allo studio un bonus per chi arriva con quelle. Potrà fin’anco calpestare il sacro suolo della Lega Lombarda (intesa come piazzetta ovviamente). E attenti, amici leccesi, non ditelo al vostro sindaco, non spargete la voce, altrimenti vuoi che non colgano la palla al balzo per pagare un po’ di debiti? Acquistare il via pass per passare da piazza Sant’Oronzo sarebbe fastidioso.

A proposito, ora si parla un po’ meno di piazze a pagamento ad Alessandria. Hanno problemini di poco conto da risolvere, devono andare a elezioni ed è venuto a mancare un uomo di punta della maggioranza, uno che contava parecchio. No, non è mica morto, è in galera perché i comunisti (i giudici intendo) dicono che era colluso con la ‘ndrangheta. 

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