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venerdì 12 giugno 2015

Ehi Sant'Oronzo, che fai lassù?

Pezzo datato 2011

Seduto nella sua piazza, un giorno qualunque con un sole un po’ pallido, con poco vento, con ragazzi che passano con i loro zainetti, l’ho guardato dal basso all’alto: «Ehi Sant’Oronzo, che si dice lassù?» non mi ha risposto, forse era pensosamente preso dai suoi problemi. Proteggere questo barocco dalle incursioni di chi ci passa sotto senza alzare lo sguardo non è mica facile. Perché il centro storico di Lecce lo devi guardare dal basso verso l’alto, proprio come quando parli con Lui che lo protegge. Ogni tanto devi anche guardare a terra però, non si sa mai cosa puoi pestare. Potrebbe essere una buccia di banana o peggio. La signora con il cane al guinzaglio chissà se ne sa qualcosa. «Il solito caffè macchiato?» mi chiede la barista bionda, «ma si, il solito va bene» . Poi, come si conviene fra persone che si conoscono di vista, si parla del tempo. Mai degli antenati però. Sarebbe bello poterlo fare, entrare in un bar e chiedere «buon giorno, mi fa un caffè e mi parla di suo bisnonno per favore?» Non importa, non si fa e basta. A meno che tu non abbia bevuto. «Desidera?» «Un po’ di affetto».
Ho camminato su un tappeto di coriandoli in questi giorni in piazza Mazzini. Gazebo che vomitano fuori costumi da fatine e simili. Bimbi che guardano estasiati. E si che di maschere ne indossiamo ogni giorno. Roba da confondere il varo e il finto.
«Ciao, come va?» la domanda però è: mi interessa proprio sapere come gli va? Lo conosco appena. E a lui che gli frega di come mi va? Se gli dico che va tutto malissimo che cambia? Quindi la risposta di prassi è «bene grazie». Così eviti di entrare nei vicoletti troppo stretti dove si passa da soli, uno alla volta.
«Ehi, Sant’Oronzo, tutto bene là sopra?» intanto so che non mi risponde. E se lo facesse sarebbe, questo si, un vero miracolo.
Ho riletto ultimamente i duellanti, di Conrad. Ne hanno fatto anche un film, se la memoria (causa senilità) non mi abbandona, mi pare di Ridley Scott. Stupenda metafora per molti, per i nemici giurati per la vita. I due, ufficiali napoleonici, si sfidano a duello per un motivo neppure importante. La tenzone viene interrotta. Per circa vent’anni si incontreranno fra una guerra e l’altra e ricominceranno il duello. Sempre vengono interrotti. Fino allo scontro finale. Uno dei due, il meno imbecille, dice che è ora di smetterla, il tempo è passato, la storia è mutata, ora sono entrambi generali in pensione. E, in fondo, non ricordano più il motivo della disputa. L’altro non retrocede. Questione d’onore perbacco. Così l’ultima sfida vede vincente il “buono” che risparmia l’altro dicendo «ora è finita, mi sei debitore della vita». Sembra una metafora delle sinistre italiane.
«Il solito, macchiato per favore».
Parlavo con amici, si diceva che un tempo la bandiera non ci emozionava neppure tanto. Perché pensavamo che l’unità d’Italia fosse consolidata. Che si poteva andare oltre. Perché il mondo non deve avere confini, perché è tempo, negli anni 2000, di parlare di “persone” anziché di italiani, pugliesi, piemontesi. Una cosa sono le radici culturali, però il vivere in una società che accoglie e integra deve essere il prezzo da pagare al futuro delle persone tutte. Poi è successo che sono tornati gli integralismi di ogni tipo. Qualcuno abbatte torri gemelle, altri dicono no agli immigrati, altri parlano di chiudere le supplenze nelle scuole ai non indigeni. Altro che frontiere aperte, stiamo parlando di città chiuse e fortificate. Come Acaya. Ah Giangiacomo, quanta storia, quante storie.
«Ehi Sant’Oronzo, da lassù come la vedi?»
Ministri che governano le italiche terre dicono roboanti «l’Europa accolga i barconi». Quasi a voler mandare gommoni pieni di immigrati in Austria. Intanto io penso che se loro, quei ministri, fossero tedeschi o danesi, che direbbero all’Italia che chiede di dividere gli oneri di immigrati? Immaginate Bossi che dice nel dialetto di Bonn «mandateli qui per favore, non vedo l’ora di accoglierli e dar loro una casa, vestiti puliti e un vitalizio». Ah gli ipocriti. «Ehi, San’Oronzo, siamo ancora il faro di civiltà?» E poi, diciamolo, c’è un premier sopra tutti che conosce i vizietti dei libici. Uno che ha frequentato tende e tendoni. Portando in dono 500 vergini da immolare al sultano. “Tutti a villa Certosa, Tutti a villa Certosa……”
Passano sotto la colonna del Santo quattro ragazze, giovanissime e bellissime, come i giovani sono molto spesso, belli da commuovere. Non guardo troppo insistentemente, con i tempi che corrono non vorrei mai essere scambiato per un ammiratore disposto a tutto. Succede agli anziani a volte di essere fraintesi. In verità a quelli molto più vecchi di me ultimamente. «Ehi Sant’Oronzo, ora che Mubarak è impegnato altrove, di chi sono nipoti?»
Sfoglio svogliatamente il giornale, al TAR di Lecce, proprio qui vicino, ancora non si è deciso, ahimè le procedure lente e cavillose, se Punta Palascia deve essere cementificata dalla Marina Militare o lasciata a patrimonio dell’umanità. «Sant’Oronzo, mettici una parola buona per favore, da lassù forse ti ascoltano». Eh no, se passa questa, va a finire che gli alpini fanno un condominio nell’anfiteatro romano, e l’aviazione un eliporto in Piazza Mazzini. E va a finire che trovi orde di bersaglieri correre per il Corso suonando la fanfara che se la ascolti una volta piace, la seconda sopporti. Alla terzo volta dici ad alta voce “che palle”. Vigiliamo perbacco.
Già, Piazza Mazzini, mi sembra uno sfregio al centro storico. Più la guardo più mi dico che è proprio bruttina. Una volta vidi la fontana illuminata da luci colorate. Scommetto che neppure a casa Borghezio… Però i bimbi ci giocano. Almeno quello. Ed è piena di ragazzi che non vanno a scuola per starsene seduti sulla panchine di pietra. E io che andavo al bar vicino alla scuola. Che poi se passava quello di filosofia a prendere il caffè ti chiedeva che diamine ci facevi lì, e il giorno dopo a leggere la giustificazione “indisposizione”, perché “motivi di famiglia” era meno credibile. Con tutte le nonne già morte almeno cinque volte negli ultimi tre anni, tanto che un professore attento e con la memoria lunga chiede «siete per la poligamia in famiglia?». Poi non succedeva nulla. 

E mentre scrivo la nave del TG continua a navigare alle mie spalle. Chissà che ne pensa Sant’Oronzo da sopra la colonna. 

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