Il 14 ottobre 1980 si può definire come l'ultimo atto del lunghissimo '68 italiano. Finiti da tempo i movimenti e i gruppi non parlamentari, si respirava aria di riflusso. Le grandi industrie rialzavano la posta, FIAT in particolare mise in cassa integrazione 24.669 operai.
E. Berlinguer ai cancelli FIAT |
Nel luglio precedente Umberto Agnelli si ritirò e lasciò campo libero al co/amministratore Cesare Romiti il quale adottò la linea dura contro i sindacati. nel settembre FIAT annuncia cassa integrazione, quindi rilancia con 14000 licenziamenti. Arrivano i picchetti e lo sciopero, nessuno può entrare o uscire dalla FIAT. Il 26 settembre Enrico Berlinguer davanti alla Fabbrica annuncia il pieno appoggio del PCI alla lotta operaia e all'eventuale occupazione della FIAT. Il 27 settembre cado il governo Cossiga, le trattative si bloccano, FIAT annuncia la cassa integrazione per 24.000 operai. Seguono altri scioperi e picchetti. Un caporeparto muore per infarto tentando di forzare il blocco. Il 14 ottobre, capeggiati da Luigi Arisio, il Coordinamento Capi e Quadri FIAT convoca un'assemblea al Teatro Nuovo di Torino. A seguire un corteo silenzioso per le vi e del centro cittadino. Ai pochi quadri FIAT si aggiungono molte persone lungo il percorso, la marcia diventa, appunto dei quarantamila (12.000 secondo i sindacati).
Da allora non fu più come prima, il sindacato chiuse in fretta le trattative, riuscì a trasformare i licenziamenti in cassa integrazione, ma perse parte dell'appeal che aveva con gli operai.
Cesare Romiti rimase imperatore assoluto della FIAT. Forse anticipando il potere, altrettanto assoluto, di Marchionne. Ma questa è altra storia, ora di operai non ce ne sono più. Neppure la FIAT esiste più.
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