15 agosto 2014
A volte l’immaginario collettivo e la mitologia popolare giocano brutti scherzi, a volte ti trovi a credere alla vulgata finchè non arriva lo studioso, lo storico, il giornalista capace che ti aiuta a comprendere meglio, a trovare un’altra verità ed una storia parallela.
E’ stato un regalo quello di Oliviero Beha che con il suo
libro “Un Cuore in fuga”, mi ha aiutato a commuovermi per la vicenda di Gino
Bartali. Da sempre nell’immaginario collettivo colui che ha duellato con Coppi.
Da sempre vissuto come “quello dell’azione cattolica”, mentre il suo rivale era
ben visto da una certa sinistra per le sue scelte di vita, per la scomunica che
gli procurò la sua storia con la Dama Bianca. Uno detto il baciapile, l’altro
considerato un rivoluzionario, anche se, diciamolo, comunista Fausto Coppi non
lo è stato mai, per inciso diremo che Pajetta era fan sfegatato di Bartali, e
che Togliatti, svegliandosi dopo l’attento che subì, si informò su Gino al
Tour. Eppure erano due campioni assoluti, il campionissimo, Coppi, e Bartali,
quello che divorava le salite. Quello che, in ritardo su Bobet di oltre 20
minuti al Tour de France, ricevette una telefonata da De Gasperi. Un tizio
aveva sparato a Togliatti, le piazze erano in rivolta una vittoria di Bartali avrebbe
contribuito a rappacificare gli animi. Gino obbedì, divorò l’Isoard e il Tour
di France. Anche se ai francesi ancora bruciava il tradimento dell’Italia
dovettero inchinarsi a quel re.
E De Gasperi aveva visto bene, le piazze si placarono anche
grazie a Gino, a quel baciapile. Lo stesso Gino che si terrà dentro senza mai
farne vanto le sue collaborazioni con i partigiani, il suo aver salvato almeno
800 ebrei portando loro in bicicletta, nascosti nella canna o chissà dove,
documenti falsi e fotografie da Firenze ad Assisi. Mille Km ed altri mille. E
ancora ci racconta Beha del primo Tour vinto nel ’38, quando arrivò a Parigi e
invece di salutare romanamente come facevano gli atleti del calcio, si limitò
ad il segno della Croce, un gesto che, oggi sappiamo, era da vero antifascista.
E ancora quando Mussolini dovette riceverlo dopo il Tour e
lui si presentò senza camicia nera (come invece fecero i calciatori) e senza
gagliardetti, solo uno appuntato all’occhiello, quello dell’Azione Cattolica.
Un cuore in fuga rende finalmente onore a tutto tondo a
questa figura epica dello sport.
Oliviero Beha
Un cuore in fuga.
Ed. piemme voci
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