Praticare la sanità da comuni
cittadini a volte riserva sorprese piacevoli, più spesso, parlando di
burocrazia, imbarazzanti.
ASL di Lecce, banalissima pratica
di cambio medico.
Arrivo alle 12,15 la signora, gentilissima e sorridente, mi
dice “Lo sportello è aperto al pubblico dalle 8,30 alle 11,30 però venga per le
otto, altrimenti finiscono i numeri e deve ritornare, sa, con la riduzione del
personale allo sportello c’è un solo addetto” Per il resto della conversazione
mi ha fornito informazioni puntuali, precise e cortesissime, una che ne sa, ho
pensato.
L’indomani alle 8,15 sono lì a
cercare il mio numero. In ogni salumeria, supermercato al banco affettati, in
panetteria, in uffici diversi esiste una macchinetta dove prendi il tuo numero,
un self service. Alla ASL di Lecce non c’è. Dietro una scrivania ci sta la
signora sorridente e gentile del giorno prima, mi avvicino con un sorriso in risposta al suo, lei mi riconosce e mi porge il numerino,
identico a quelli delle macchinette. Si vede che le ristrettezze economiche
fanno si che l’ASL possa acquistare i numerini e non le macchinette. Poi mi
siedo sulle panche assieme alla folla di
chi già stava lì alle sette e mezza, ho il 77 e chiamano il 68. La chiamata
però non è un display come dal fruttivendolo, neppure come dal salumiere, no, è
una signora che esce dall’ufficio e chiama. Parlo con il signore che sta vicino
a me, si occupa di immigrati “sono qui per loro, lavoro in un ufficio
accoglienza e ci sono mille problemi”. Qualche considerazione sull’edificio, in
stile decisamente del ventennio, con un dipinto sopra gli ex sportelli per il
pubblico che ritrae lavori di campagna, tabacchine. Non c’è né pesca, né mare.
“Li avranno fatti per la bonifica” mi fa notare il vicino.
Finalmente il 77, entro e saluto
tutti… Beh, tutti, saluto lui, l’unico impiegato che riceve il pubblico. Fatti
i conti ci sono tre persone che lavorano, uno ascolta, consiglia e si occupa di
pratiche, una ha il compito di dare i numerini, la terza di chiamare i numerini.
In sostanza, due su tre svolgono un lavoro, per quanto dignitoso, assolutamente
inutile, la folla non è poca lì fuori. Esco alle 10,30 circa.
Poi debbo prenotare una radiografia.
Se uno fuma per quarant’anni non si deve meravigliare se poi respira quanto, come
e se capita. Vado in parafarmacia (i parafarmacisti mi stanno simpatici, i
farmacisti meno, sembrano nobili in fase di decadenza). La ragazza prende la
richiesta, digita sul computer e mi dice “A Lecce per metà ottobre, a Maglie e
Poggiardo in agosto. Il ticket è di 46,50 euro”.
Parliamo un po’ e mi fa, visto
che devi pagare vedi se te la fanno privatamente, al massimo torni e facciamo
la richiesta. Vado dal privato e mi dice “in convenzione sono 20 euro per metà
agosto, a pagamento 40 euro e la facciamo immediatamente”.
Ma non è la sanità pubblica che
costa meno al paziente? Mah… Mistero…
Ah, a proposito, sappiate che per l’esenzione del ticket siamo considerati
ricchi se guadagniamo una cifra pari o superiore a 8236,31 Euro (688,634
mensili). Non per dire, ma quei 31 centesimi fanno la differenza fra un povero
e un ricco. Poi dici che i politici non fanno una mazza, sapete quanto ci vuole
per arrivare a concepire 0,31 euro? Almeno tre intere sedute a camere riunite.
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